euro 24,00, ISBN 978-88-7624-771-2
Il volume, attraverso l’analisi di venticinque artisti, tende a rivelare uno sguardo estremamente originale sull’arte contemporanea. Una posizione teorica e critica, un punto di vista sfaccettato che prende in considerazione le contaminazioni e le interferenze tra linguaggi diversi: cinema, fotografia, filosofia, letteratura, moda, musica entrano prepotentemente nel sistema dell’arte per vivere una nuova dimensione, in cui l’immagine e la sua negazione si elevano a vita vera. Nell’introduzione l’autrice chiarisce il motivo per cui sono stati da lei scelti alcuni artisti piuttosto di altri: “Una delle caratteristiche in comune degli artisti qui raccolti è un legame stretto con la cultura della gioia, l’avversione all’interiorità, il ruolo dell’esteriorità delle forze e delle relazioni, la capacità che queste opere hanno dimostrato nel contagiare, nell’aprire spazi di pensiero, nel creare nuove configurazioni di problemi”.
Nello scenario del contemporaneo, attraverso l’abuso dell’immagine si è raggiunto un risultato destabilizzante tra realtà ed illusione in cui la società dello spettacolo ha ridisegnato un nuovo ordine, frutto della globalizzazione capitalistica. Secondo Francesca Alfano Miglietti, che cita Baudrillard quando parla di “materializzazione dell’estetica”, a differenza della spettacolarizzazione fin troppo visibile – in quanto artefice non di opere d’arte ma di prodotti tangibili – l’arte tende a nascondere mediante un processo di invisibilità. Se lo spettacolo rivela in maniera ostentata, l’arte al contrario tende a rendere visibile quello che lo stesso spettacolo occulta, proprio per il troppo potere che viene dato all’immagine.
Nell’avallare questa tesi l’autrice divide in maniera speculare il volume: nella prima parte del libro vengono esternate quelle che lei chiama le “ragioni dell’invisibile”, un’attitudine volta ad indagare una nuova dimensione non percepibile e quindi non tangibile; nella seconda parte del volume vengono invece analizzate le “ragioni del visibile”, artisti che si sono contrapposti alla tradizione che intende l’arte come somiglianza ed hanno scelto di rappresentare ciò che da sempre era stato pensato come irrappresentabile. A queste due sezioni segue una raccolta organica di saggi, stralci di articoli, testi, presentazioni su alcuni tra i più importanti artisti e tendenze artistiche che hanno fatto dell’invisibile e del visibile l’oggetto della propria ricerca, all’interno di un processo in cui l’opera d’arte ha cercato di rispondere al vuoto spazio-temporale. Quella analizzata da Francesca Alfano Miglietti è quindi un’arte che si sottrae allo spettacolo ed ai suoi linguaggi freddi, è una lotta contro la storia, il ricorso all’infinità dello spazio e del tempo. Un territorio impossibile da tracciare, luogo di memorie, sede di eventi transitori in continuo divenire.
FAM porta gli esempi di venticinque artisti e nel farlo non poteva che iniziare con Lucio Fontana e le sue possibilità dell’invisibile. I suoi ambienti (il primo risale al 1949, Ambiente spaziale a luce nera) hanno creato una sospensione del tempo aprendo una riflessione sullo spazio dell’arte che da quel momento avrebbe influenzato le ricerche di molti altri artisti. Uno spazio inteso come luce (Concetti spaziali, Attese), “un’arte basata nell’unità di tempo e dello spazio”, come scriverà lo stesso Fontana nel Manifesto tecnico dello spazialismo (1951). Yves Klein – spiega FAM – ha lavorato ossessivamente sul colore, sull’immateriale e sul vuoto. Tutta l’opera di Klein si struttura intorno ad un concetto di derivazione zen, che l’artista definiva “le Vide”, il Vuoto, non inteso come concetto ma come esperienza. Nella sintesi unitaria tra spazio e luce, il tempo è percepito da Klein attraverso la continuità immateriale del flusso dell’energia. E questo ci riconduce inevitabilmente ad Heidegger che nel breve testo Il concetto di tempo del 1924, apparso postumo nel 1989, parla di temporalità come essenza stessa della vita umana. Per Mario Schifano, invece, l’unità del tempo non esiste più; il ritmo e la velocità si traducono in forme imprevedibili che invadono lo spazio trasformandolo.
Nella Lettera sull’immortalità del corpo (1969) Gino De Dominicis scrive: “[…] L’uomo ha inventato dei mezzi che lo rendessero più veloce; intervenendo così sullo spazio, indirettamente è riuscito ad intervenire sul tempo […]”. Tutto il lavoro di De Dominicis è strutturato intorno ad un concetto di tempo non identificabile con un inizio né con una fine: il “suo” tempo non è lineare, è infinito, è il tempo dell’arte che trasforma e rende visibile l’invisibile. A questa soluzione, prima di lui, arriva Marcel Duchamp (basti pensare ad Aria di Parigi, 1919), l’artista che per primo ha preso coscienza del radicale mutamento di ruolo dell’opera d’arte. Lyotard – spiega FAM – sostiene che uno degli elementi che distinguono Duchamp sia l’intuizione di un linguaggio dell’opera come nucleo temporale autonomo. Quello di Fabio Mauri è invece un lavoro su un tempo e un luogo dimenticato o da dimenticare ma che l’artista pone sotto i nostri occhi, costringendoci alla visione diretta. Le opere di Mauri parlano di ideologia che diventa l’equivalente del prodotto di massa. Anche Mimmo Rotella, in tutt’altra maniera rispetto a Mauri, distorce l’idea dell’oggetto di consumo. Lo spazio per Rotella non si risolve più nella tela, è piuttosto un universo da scoprire che si verifica parallelamente ad una presa di coscienza delle trasformazioni dello scenario urbano. I soggetti prelevati da Rotella non sono quelli raccontati dalla società dello spettacolo, pur conservandone tutti i luoghi comuni. Come ultimo esempio vorrei citare Anish Kapoor per la sua analisi da sempre mossa in direzione di una spazialità volta all’infinito, non misurabile ciononostante visibile. Kapoor, attraverso le sue sculture, riesce a mettere in scena i pieni e i vuoti alla ricerca di un infinito che non vuole essere più solo un concetto astratto.
Gli artisti presentati in questo volume, oltre a quelli sopra citati, sono: Joseph Beuys, Alighiero Boetti, Jannis Kounellis, Vettor Pisani, Wolfgang Laib, Louise Bourgeois, Pino Pascali, Enzo Cucchi, Sophie Calle, Erwin Olaf, Janine Antoni, Cesare Fullone, Aziz + Cucher, Ron Mueck, Mona Hatoum, Félix González-Torres, Anselm Kiefer.