Esiste una linea di continuità che dal Cobra – passando per LettrismoInternazionale Lettrista, Bauhaus ImaginisteUltralettrismo e Internazionale Situazionista [vedi glossario a seguire] – conduce alle avanguardie propriamente dette “anti-artistiche”- peraltro ormai storiche come Fluxus e Neoism [1] – e oltre [2], sino a confondersi e dissolversi nell’arte vivente. 
Stewart Home a questo riguardo, individua come “costante”, tra le avanguardie menzionate, la comune istanza “utopica”: l'”utopismo novecentesco” viene a qualificarsi per Home, non solo come integrazione tra arte e vita, ma anche – in parallelo alle eresie religiose medievali, con la differenza di sovrapporre all’antico contenuto religioso, quello “artistico” della modernità – dal concorrere in questo vasto concetto di tutte le attività umane [3].
Pur convenendo con questa analisi, riaggomitolando il filo di Arianna, si deve anche riconoscere al Cobra quell’originario ruolo di “presenza critica” che sarà poi programmaticamente espletato dai movimenti a venire. 
Il Cobra infatti, applicando un costante processo di contestazione a molte delle avanguardie che lo avevano immediatamente preceduto, dal Dada al Surrealismo all’arte Astratta, si era appropriato di numerosi assunti di quegli stessi movimenti – ed esemplare è, a questo riguardo, la riedizione dell’automatismo [4] – che riproponeva in versione “modificata”. 
In questo processo di assimilazione, il movimento aveva accolto il ruolo ed i connotati di una “presenza critica” all’interno della veicolazione del sistema artistico del secondo dopoguerra. Come si evince dai numerosi testi in calce alla rivista “Cobra”, i suoi artisti – e pensiamo soprattutto a Jorn, a Constant ed a Dotremont, ma non solo [5] – si erano distinti per aver condotto una pungente attività teorico/critica di contestazione di quei movimenti da cui innegabilmente avevano derivato molteplici suggestioni; questa sorta di “detournement ante-litteram”, che attuava un costante cross-over incrociato, è uno dei tratti che maggiormente, dal Cobra in poi, condizionerà e qualificherà i percorsi dei movimenti cui precedentemente accennavamo. Inserendoci in questo fitto contesto di relazioni e cercando di incontrare assonanze con le sperimentazioni di Christian Dotremont, ci proponiamo di prendere qui in esame il movimento lettrista. 
Il Lettrismo, creazione di Isidore Isou nata a Parigi tra il 1945 ed il 1947, si inserisce in quel clima del secondo dopoguerra che anche Dotremont aveva profondamente condiviso. Esso, puntando sul compito di liberare la lettre dal corpo della parole, rappresenta quindi un concreto riferimento da indagare e collegare con le ricerche del nostro autore. Nel 1947 esce pubblicato dalle edizioni Gallimard, tramite l’intermezzo di Paulhan, il manifesto Introduction à une nouvelle poésie et à une nouvelle musique che costituisce a tutti gli effetti l’atto di nascita di questo movimento. Il Lettrismo si connota come progetto totale, volto alla liberazione dell’individuo, direttamente relazionato (in quanto risposta e superamento) al surrealismo storico di Breton. D’altronde, in percentuali più o meno rilevanti, il coevo Surréalisme-Rèvolutionnaire [6] prima, ed il Cobra poi, fondati da Dotremont, perseguivano le stesse finalità. 
Veniamo ad un breve riepilogo delle tappe essenziali del movimento lettrista che in questa sede indirizzeremo, per una questione di attinenza e relazione con l’attività artistica di Dotremont, al solo percorso che indaga la lettre
Isou nell’Introduction à une nouvelle poésie et à une nouvelle musique, fonda il suo sistema creativo: la Crèatique, una sorta di arte classificatoria volta a sovvertire il dominio del già acquisito ed a ridisporre l’intero campo del sapere, prima tappa per la realizzazione di quella finalità paradisiaca, che si incarna nella possibile liberazione dell’uomo alienato grazie ad una prepotente forma di creatività le cui leggi lo renderebbero simile a Dio. 
Il primo ambito eletto ed investito dalla necessità di classificazione è la letteratura, individuata come alternanza tra due precise ed antitetiche fasi: la amplique – ampiamento, investigazione e descrizione di ciò che è altro dalla poesia, – e la cisélante – distruzione, ripiegamento ed indagine della poesia su se stessa. 
In questa logica, mentre nella fase amplique la poesia si esplica sotto il profilo narrativo e pittorico della descrizione, in quella cisélante essa, divenendo sostanzialmente musicale, tende alla progressiva distruzione di qualsiasi elemento si frapponga alla sua pura essenza in un processo che si estingue progressivamente nell’autoreferenzialità. 
Nel comporre questo secondo stato della poesia, che si qualifica come una “evoluzione spirituale”, Isou individua in Baudelaire il punto iniziale del processo di “purificazione”; Baudelaire presenta infatti il testo poetico come unità a sé stante, scissa da elementi narrativi ed aneddotici, attuando la “destruction de l’anecdote pour la forme du POEME” [7]. 
Alla personalità di Verlaine viene dedicato il successivo sbocco “cesellante” che realizza l’unità formale del verso, la “annihilisation du poème pour la forme du VERSE” [8], mentre al maudit per eccellenza, Rimbaud, viene riservato il compito di attuare la definitiva dissoluzione del verso e di avverarne la sostituzione con la parola, la “destruction du vers pour le MOT” [9]. 
La fase cisélante sembra poi apparentemente bloccarsi con Mallarmè, che, riorganizzando la parola e conducendola verso un ideale di estrema perfezione, apre invece il varco verso un successivo sbocco, una successiva amplique. Sarà poi compito di Dada quello di distruggere la parola e di sostituirle il nulla. 
Sembrerebbe a questo punto che il processo di alternanza delle fasi sia destinato ad interrompersi, che non sia più possibile offrire uno spazio per una nuova amplique, ma è proprio in questo tratto che si interpone Isou: prendendo questo “nulla” che è la lettre – sorta di morfema, senza possibilità di significazione altra che l’evidenza di sé stessa – Isou ridefinisce la poesia come “poesia di lettere” e non più di parole, da cui il termine Lettrisme
È da qui che procede il tentativo isouiano di creare una nuova fase “amplica”, in cui le lettrie, o opere lettriste, dovrebbero portare sulla superficie del quadro, almeno nelle intenzioni, un susseguirsi di lettere private di significato: un “grado zero” [10] della scrittura. 
Questa programmatica destituzione del significato va a tutto vantaggio del significante che, nelle intenzioni di Isou, è l’immagine sonora della lettera: la nuova “bellezza sonora” che Isou vuole creare è infatti un susseguirsi di suoni privi di significato. 
Arriviamo al punto che ci interessa sottolineare: queste operazioni estetiche – lettere-oggetti che, stagliandosi sul supporto tradizionale della tela non sono solamente sonore, ma visibili – biforcano, pur non volendo, il significante, e lo ridispongono quindi su due versanti: quello della sonorità e quello della visibilità. Ed è questo passaggio che ci rimanda inesorabilmente all’ipotetico parallelo con le ricerche sul linguaggio di Christian Dotremont. 
Mario Costa ne il “lettrismo” di Isidore Isou [11], specifica inoltre come le prime sperimentazioni lettriste – nonostante la veemente battaglia isouiana sulla lettre fosse stata condotta a spostare il centro dell’attenzione dall’ambito della significazione a quello della sonorità e della visibilità – abbiano in realtà ceduto uno spazio al senso convenzionale della parola, e quindi al suo significato. Nel testo di Costa si legge infatti: 
“buona parte della prima produzione lettrista è falsamente lettrista: i componimenti sono preceduti da titoli discorsivi che introducono col mezzo abituale delle parole, al significato dei suoni; i suoni descrivono o evocano un aneddoto, un sentimento, un’azione… svolgendo ancora la normale funzione delle parole”[12]. 
Cosa con la quale conveniamo; se guardiamo con attenzione un’opera di Isou del 1947, Larmes de jeune filles -poème clos-, notiamo come, oltre alla funzione descrittiva del titolo, compaia in basso al componimento – consistente di un’agglomerazione di lettere derivanti da vari alfabeti, compreso il greco, assemblati a sviare la possibilità di essere letti – una legenda. 
Questo richiamo (anzi, più precisamente, questa notazione a piè di pagina con tanto di numerazione progressiva di riferimento!), spiega il significato, o letteralmente traduce il suono, delle lettere. Troveremo così che al simbolo (, t corrisponde in nota la parola soupir, ad M, m, ilgémissement, e via dicendo. 
Mario Costa sottolinea poi come Isou non avesse compreso “che la nuova positività della lettera e dei suoni” fosse “decisamente venuta meno” e che la “nuova positività della lettera andasse effettivamente ricercata aldilà del significato e del descrittivo e quindi al di là dell’amplique” [13]. Cosa che puntualmente si sarebbe avverata nel prosieguo del processo di frantumazione della parola e del linguaggio che Isou e i suoi declineranno nei gradi dell’ipergrafia, della metagrafologia, della meccanica estetica integrale, del poliautomatismo etc.; nella pratica cioè di quell’arte infinitesimale o “estetica del frammento”, su cui non è agevole inoltrarci in questa sede [14]. 
Torniamo alla nostra indagine e continuiamo a ravvicinare la poetica lettrista e le ricerche di Dotremont. 
Questa finalità viene perseguita partendo dal presupposto che il Lettrismo si avvaleva, almeno nei suoi esordi[15], della medesima disquisizione sul doppio valore del linguaggio – visibilità (pittorica) della lettera e contemporanea messa in scena della significazione della parole – che si svela essere il nodo centrale nella poetica di Christian Dotremont. 
Siamo ancora in ambito teorico. Proviamo a fare una comparazione di superficie, ponendo cioè attenzione a come alcune opere lettriste risultino formalizzate. Ai nostri occhi, è facile intravedervi strabilianti somiglianze. È il caso ad esempio, di un’opera di Maurice Lemaitre del 1950, il cui unico soggetto, che campeggia in bella grafia sulla superficie quadrata della tela, è il nome dell’autore. 
Un’operazione che rimanda, con il distinguo di essere stata condotta da un solo artista, alla sperimentazione delle peintures-mots, volte a dimostrare l’uguaglianza segnica tra forme scritte e forme pittoriche. 
E ancora, tornando alla didascalia – la notazione a piè di pagina – del Poème Clos di Isou, cui precedentemente accennavamo, dobbiamo sottolineare come essa ci riporti inequivocabilmente a intravedere un parallelo con le legende dei logogrammes del nostro autore. Anche queste infatti appaiono come traduzione – o significazione leggibile – del testo visibile ed incomprensibile. 
Isou aveva inoltre sottolineato “sin dal 1952 che in ogni arte bisognava partire dagli elementi materiali” [16]. Un orientamento similare assumeva il concetto di grafia nella poetica di Christian Dotremont: la scrittura rappresentava quella sponda materiale del linguaggio, che, trascurata, aveva condotto il nostro autore a rimproverare la linguistica di non essersene mai interessata [17].
Lo stesso afferma Costa nei riguardi di Isou: 
“l’attuale filosofia del linguaggio, finisce con l’annullare, a tutto vantaggio della parola, la spontaneità e la creatività del soggetto che parla. Isou ebbe prestissimo la consapevolezza di questo stato del soggetto e della parola” [18]. 
Isou aveva infatti impersonato nel linguaggio quell’impedimento all’espressione del soggetto che è anche alla base delle scritture “logogrammate” di Dotremont; esse rappresentano infatti il tentativo di un costante superamento del significato convenzionale della lingua francese giudicata insufficiente all’espressione completa del soggetto, alla creatività. 
Proprio riguardo alla nozione di “soggetto”, Costa constata come le varie concezioni della filosofia del linguaggio [19] e quelle del lettrismo siano arrivate al medesimo esito; ovvero alla “soggezione dell’uomo al linguaggio” [20], e al “riconoscimento che la parola è in sé una potenza estranea e superiore al soggetto” [21]. Applicando a questa riflessione il paradigma lacaniano di “alienazione del soggetto” [22], scaturito dall’interpretazione del linguaggio come espressione dell’inconscio, e non del soggetto – in questo senso alienato, cioè scisso dall’inconscio – egli può affermare che il titanico tentativo del lettrismo volto ad attuare una rivitalizzazione dei significati e dei significanti, e tutto focalizzato sulla centralità ed affermazione del soggetto creante, sia pervenuto nei fatti, al suo esatto contrario. 
In questo orizzonte, la nuova fase amplique teorizzata da Isou approda, e teniamo a sottolineare che Costa afferma “quando il lettrismo è veramente tale” [23], alla dispersione dell’io, e alla creazione “di un universo senza centro, costituito di frammenti di significanti” [24]. 
È difficile pronunciare la stessa analisi riguardo alle azioni creative del nostro autore Christian Dotremont. Il percorso della scrittura duale dei logogrammes, è forse il più inerente a riguardo. Essa ci sembra sostanzialmente visualizzare il concetto saussurriano di parola come segno – nel senso di un’unità logico-linguistica, una congiunzione tra significato e significante – come avevamo precedentemente ammesso [25]. Non possiamo dimenticare però che quello stesso concetto costituì il pilastro della ulteriore dissertazione di Jacques Lacan il quale, scoperchiando l’ellissi di de Saussure, poneva “l’accento non sulla funzione unificante del segno, ma sulla barra (tra significante e significato, n.d.a.) come fattore di disgiunzione, di separazione” [26]. 
Questione di punti di vista se Christian Dotremont avesse voluto dimostrarci che quella doppia scrittura, in bilico tra leggibilità e visibilità – tra senso e significante – fosse un’unione, o una divisione. 
Ciò che ci appare chiaro, è che la motivazione a priori del nostro autore era di creare con queste opere un unicum, realizzato attraverso il processo uno della creazione; ma che di fatto lo spettatore percepisce due differenti modalità espressive, e che Dotremont avvera anch’egli – nella costituzione della sua poetica, dall’utilizzo delle strutture rousselliane in poi – la continua implosione tra significanti e significati. 
Sotto questo punto di vista si può parafrasare l’analisi di Costa e ipotizzare che anche Dotremont rientri nel vasto orizzonte novecentesco di “fine dell’umanesimo” e nella tragica categoria di “alienazione del soggetto” teorizzata in ambito filosofico, strutturalista e psicanalitico. In tutto ciò, non si può però eludere il valore del significato – motivo per il quale Costa applica la sua analisi inoltrandola solo alle ulteriori progressioni del movimento lettrista, indifferenti alla significazione – cui Dotremont nel logogramme non rinuncia; la legenda serve infatti all’artista per ribadire che i segni grafici apparentemente solo visibili, possono essere compresi; appartengono anch’essi al vasto orizzonte del linguaggio. 
In quest’ambiguità di fondo si racchiude, ai nostri occhi, il potere e il valore dell’operazione dei logogrammes; ambiguità che ci preoccupiamo di esporre, ma non di svelare. 
Il Lettrismo prendeva piede nella Parigi del dopoguerra; il secondo conflitto aveva ritardato la comprensione dei dibattiti e della portata dei progetti interdisciplinari allora proposti dalle seconde avanguardie; una rivalutazione di questi fermenti può, tutto sommato, dirsi recente. 
Torniamo proprio in quegli anni, nella Parigi del 1947, e precisamente a quell’ultima seduta del Surréalisme Révolutionnaire, che aveva sancito l’atto di morte della sezione francese e la nascita del Cobra [27]. Dotremont, descrivendo l’atmosfera che si respirava durante l’incontro, ci racconta che: 
“La salle de Géographie (nella quale si teneva la seduta n.d.a.) era spesso colma di gente. Questo funzionava, Breton aveva delegato Hérold di insultarci, i lettristi suonavano il corno da caccia (cosa alla quale noi rispondevamo mettendo su un’orchestra di corni)” [28]. 
Certamente il virulento gruppo lettrista era allora noto per aver movimentato numerosi eventi. Nel 1946, alla rappresentazione de “La Fuite” di Tristan Tzara, mentre Michel Leiris si avviava a pronunciare un breve intervento sul Dadaismo, un gruppo di lettristi aveva reclamato la parola ed Isou in persona aveva improvvisato un discorso sui fondamenti del Lettrismo e letto alcuni poemi composti di consonanti e di vocali pure. 
Tentando di immaginare quello che doveva essere lo sfondo, nella Parigi del secondo dopoguerra, tra vari gruppi – surrealisti ortodossi, ex main-à-plume, surrealisti rivoluzionari e cani sciolti in cerca di novità – risulta piuttosto chiaro, oltre ad averne avuto conferma dal nostro Dotremont, che i “contatti” con i lettristi dovevano esser stati numerosi. E che sicuramente non si era trattato solo di scontri, ma anche di scambi e vicendevoli suggestioni. 

 

Glossario 

Automatismo Fisico

Le tesi organicamente illustrate dal cobra danese Asger Jorn nel famoso articolo Discours aux pingouins, apparso nel 1948 sul primo numero della rivista “Cobra”, chiariscono e riassumono definitivamente le distanze, ma anche la “consanguineità” che intercorre tra Cobra e Surrealismo. 
Il testo affronta una versione eterodossa dell'”automatismo psichico puro” esaminando, in una prospettiva materialista-dialettica, la definizione di Surrealismo di Breton apparsa nel primo manifesto del 1924. 
All’automatismo psichico Jorn affiancava l’automatismo “fisico” che, incentrato su una concezione materialista e “fisica” dell’atto espressivo, sottraeva il pensiero dalla dimensione astratta e “meta-fisica” in cui Breton lo aveva relegato. 
L’accento viene posto da Jorn sull’attività immaginativa del pensiero la cui realtà fondante viene a coincidere con “il corpo dell’uomo”. Una nuova modalità espressiva che, se da un lato affermava il debito con Breton, dall’altro ne sottolineava lo scarto come sottolinea Jorn: 
“La nostra sperimentazione cerca di lasciar esprimere il pensiero liberamente, fuori da ogni controllo esercitato dalla ragione. Attraverso questa spontaneità irrazionale, noi raggiungiamo il principio vitale dell’essere. Il nostro fine è di scappare al regno della ragione… per arrivare al regno della vita”. 
La continua sperimentazione artistica che il Cobra e i suoi artisti promuoveva, si qualificava intorno al concetto di automatismo fisico definito da Asger Jorn; un carattere automatico “geneticamente modificato”.

Bauhaus Imaginiste

Il Mouvement Internationale pour un Bauhaus Imaginiste (meglio conosciuto come M.I.B.I) fu fondato dall’ex cobra Asger Jorn, ad Alba, prendendo forma tra il 1953 ed il 1955. 
Il movimento attrasse a sé la partecipazione di alcuni esponenti del disciolto gruppo Cobra (Alechinsky, Appel, Götz, Österlin e Constant) convogliando, nel 1954, le adesioni degli artisti Nucleari Enrico Baj e Sergio Dangelo, e di artisti italiani quali Simondo, Olmo ed Elena Verrone; fu Asger Jorn a delinearne le linee teoriche nel testo Immagine e Forma del 1954. 
Il M.I.B.I. sorgeva in reazione al carattere profondamente razionale e funzionale con cui l’architetto Max Bill, allievo del Bauhaus di Gropius, aveva avviato, nel 1951, la Hochschule für gestaltung ad Ulm, una nuova Bauhaus. Esso riproponeva sostanzialmente la teoria della libera e spontanea creatività che il Cobra aveva prepotentemente reclamato, accentuando la polemica contro la rilanciata razionalità funzionalista del modernismo di cui Max Bill era un effettivo rappresentante. Il bauhausiano concetto di indissolubilità tra forma e funzione dell’oggetto fu il bersaglio delle costanti critiche di Jorn negli scritti – tra il 1953 e il 1956 -che attraversano, e precisano, la gestazione del movimento. Contro la logica capitalista, contro l’artista “funzionalista”, contro i processi di razionalizzazione produttiva e di mercificazione della pratica artistica, Jorn contrapponeva quel concetto di “libero artista sperimentale” che il Cobra aveva già ampiamente teorizzato. 
Risale poi al 1955 l’incontro e l’adesione al M.I.B.I. di Piero Simondo e Pinot Gallizio, ad Albisola; quest’ultimo intraprese con Jorn una collaborazione e uno scambio particolarmente fecondi. A Pinot Gallizio si deve la creazione della “Pittura Industriale” – un tentativo di superamento dell’arte consistente nella realizzazione di rulli unici di pitture vendute al metro come stoffe, ad un prezzo irrisorio – come volontà di creare l’inflazione dei valori artistici tradizionali al punto da comprometterne la sopravvivenza. Fu proprio dallo studio di Gallizio, divenuto Laboratorio Sperimentale del M.I.B.I., luogo deputato allo scambio internazionale tra artisti, che prese il via l’Internazionale Situazionista, fondata da Jorn, Debord, Gallizio e Simondo nel ’57 a Cosio d’Arroscia.

Cobra 
Fu Christian Dotremont a creare l’acronimo Cobra unendo virtualmente le città di Copenaghen, Bruxelles e Amsterdam – città di appartenenza dei sei artisti fondatori – attraverso le loro sillabe iniziali. 
L’8 novembre 1948, il manifesto “La Cause était entendue” chiudeva la porta in faccia al surrealismo-rivoluzionario per fare entrare il Cobra tra i movimenti avanguardisti a tendenza internazionale del secondo dopoguerra. 
Il volantino stilato da Christian Dotremont, definiva gli orientamenti del nuovo gruppo apponendo le firme di Jorn per il gruppo danese Host, di Appel, Constant e Corneille per il gruppo olandese Reflex e di Dotremont e Noiret per il gruppo belga Surréalisme-Rèvolutionnaire. Tutti i firmatari avevano appena abbandonato l’ultima seduta surrealista-rivoluzionaria stanchi delle continue dissertazioni teoriche. 
Alla teoria, il Cobra preferiva infatti la pratica; esso si prefiggeva di attuare una stretta connessione tra lo sperimentalismo e l’ipotesi di una comunicazione figurativa basata su quel concetto di spontaneità che è congenito all’arte popolare. 
Tra le tematiche, un territorio di indagine è il tormentato rapporto tra il Cobra e il Surrealismo storico; soprattutto il linguaggio artistico della cotè belga era stato profondamente contaminato dalla rivoluzione delle categorie del pensiero e dell’immaginario che Breton aveva catalizzato. Esemplare a questo riguardo è il caso dell’Automatismo Fisico (teorizzato dal danese Asger Jorn nel testo Discours aux pingouins, sul primo numero della rivista “Cobra” nel 1949) che il Cobra sovrapponeva all’automatismo “psichico” di Breton. Esso, incentrando l’atto espressivo verso una concezione materialista e “fisica” e concependo il pensiero come un’emanazione della materia (“réflexion de la matière”), sottraeva la creazione a quella dimensione astratta e “meta-fisica” in cui Breton la relegava. In secondo luogo l’accusa di idealismo al Surrealismo storico era concepita in contrapposizione a una nuova adesione alla vita e alla realtà più diretta attraverso un’esplorazione conoscitiva sperimentale connessa al marxismo. 
Jorn, Constant e Dotremont, teorici dei tre gruppi confluiti in Cobra, ribadirono sull’omonima rivista il concetto di “libero artista sperimentale”, il recupero della tradizione artistica popolare e artigianale e la critica alle correnti di matrice neo-costruttivista e all’architettura funzionalista. 
Il materialismo in ottica marxista di ascendenza surrealista-rivoluzionaria, la suggestione di Henry Lefebvre nel saggio Critique de la vie quotidienne (1947) e l’indiscussa importanza della filosofia bachelardiana degli Elementi concorsero a formare quella base teorica che, lungi dal presentarsi come un percorso lineare, è alla base dell’arte-cobra: movimento al quale la definizione come corrente stilistica o pittorica, va stretta. Un’attenzione particolare meritano inoltre quelle pratiche di inter-connessione tra artisti definiti “lavori collettivi” e peintures-mots su cui poggiava il concetto di “libero artista sperimentale cobra”. La collaborazione tra personalità artistiche differenziate, la necessità di rifuggire ai ristretti argini di ogni specifico linguaggio espressivo (scultura, pittura, musica, etc.) e di provarsi nella pratica di registri espressivi sconosciuti che queste pratiche collettive proponevano descrive una concezione e una consapevolezza della libertà creativa estremamente moderna. 
Il movimento Cobra si sciolse nel 1951; una parabola triennale le cui tracce non sono ancora scomparse. 

Détournement 
V. alle voci Internazionale Lettrista, Internazionale Situazionista. 

Fase Amplique – Fase Cisélante
V. alla voce Lettrismo

Fluxus 

Secondo Nam June Paik “Fluxus è un modo di vita non un concetto artistico”. 
Il movimento trae le sue origini negli ambienti di musica sperimentale newyorkese che si svilupparono verso la fine degli anni cinquanta; i corsi di Composizione Musicale (tenuti da John Cage) e il corso di Musica Elettronica di Richard Maxfield (frequentato da George Maciunas e La Monte Young) della New School Research di New York rappresentarono il luogo di incontro di buona parte degli artisti che avrebbero animato Fluxus. 
La parola “Fluxus” comparve stampata per la prima volta sugli inviti delle conferenze musicali “Musica Antiqua et Nova” organizzate, nel 1961 dal lituano George Maciunas al quale si deve la concreta fondazione del movimento e della rivista omonima. Fluxus tese ad assumere un carattere di partecipazione mondiale già dai suoi esordi: nel 1962 il primo ed ambizioso evento, il “Fluxus International Festival of Very New Music”, dal cuore dell’America spostò il tiro verso Germania, a Wiesbaden. Tra i “compositori” figurarono Alison Knowles, dick Iggins, Nam June Paik, Robert Filliou, Arthur Koepcke, Wolf Vostell, Emmett Williams, Tomas Schmit, Ben patterson, George Maciunas, Yoko Ono, John Cage e la Monte Young. 
Le performances che animavano le serate (ad esempio la famosa “In memoriam di Adriano Olivetti” (1962) di Maciunas che proponeva musicisti intenti a suonare macchine da scrivere secondo una precisa partitura) giocavano con l’eredità dadaista richiamandosi in particolare alla lezione di Duchamp ed utilizzavano come espediente una notevole carica devastatrice e un deciso senso del bizzarro e del non-sense che ottenne la grande attenzione mass-mediatica e il deciso interesse degli ambienti della performance-art. 
Il progetto mirava alla fusione di tutte le arti impegnandosi ad abolire ogni distinzione tra categorie espressive come arti visive, musica, teatro, letteratura, ma anche tra arte colta e popolare, arti maggiori e minori, e, in un senso più vasto tra “artista” e “non artista”. Come rammenta Stewart Home ogni azione rappresentava però un “singolo evento isolato da qualunque altra azione… come un iconoclastico scrutare nella stessa natura della realtà”. 
L’estetica Fluxus attaccava in maniera anticonvenzionale, avvalendosi quindi di mezzi semplici, poco pretenziosi, la “cultura seria”; va però segnalata la fase più politicamente indirizzata – le azioni di “sabotaggio e danneggiamento” contro la cultura imperialista americana – che Maciunas e altri (A-Yo, Takaio Saito, Ben Vautier etc.) sulla scia dell’operato attivista di Henry Flynt misero in atto durante il biennio 1963 – 1964, destinata ad estinguersi e a provocare una forte reazione. 
Il movimento Fluxus subì la stessa sorte che era toccata all’I.S. e alle avanguardie consanguinee; diviso tra quanti erano disposti e interessati a portare avanti la sola dimensione estetica e quanti lo consideravano in una reale prospettiva multidisciplinare, frantumò la sua coda in una scia di schegge ancor oggi rintracciabili nella vasta costellazione della cosiddetta arte, o “non -arte”, vivente. 
Per quanto concerne la disgregazione del movimento segnaliamo la svolta tendenzialmente “urbanistica” che Maciunas, Vostell, Dirk Higgings e altri vollero imprimere al movimento passata la soglia del 1965: il tentativo, orientato decisamente in un ottica “post-situazionista”, speculava riguardo la possibile miglioria dell’ambiente circostante (Maciunas progettò una comune Fluxus nel 1966, mentre Vostell e Higgings si accinsero a pubblicare Fantastic Architecture nel 1969). 
Verso la fine degli anni sessanta, le attività fluxus si fusero in una mutua osmosi con quelle degli hippies e dei freaks rinunciando quasi del tutto alle austere manifestazioni pubbliche musicali che avevano caratterizzato gli esordi. 
Riallacciandoci alla definizione di Nam June Paik, si può affermare che Fluxus, più che un movimento che ha elaborato modi espressivi ben definiti, risulti comprensibile come un reale atteggiamento nei confronti della vita, una rivoluzione dell’immaginario che tendeva ad eliminare ogni separazione tra esistenza e creazione artistica. 

Internazionale Lettrista

L’Internazionale Lettrista (I.L.) scaturisce dalla scissione dell’ala radicale del Lettrismo nei confronti del suo fondatore Isidore Isou. 
Il pretesto alla frattura fu l’incursione di una frangia lettrista – M. Bernstein, Guy Debord, G. J. Wolman, Mohamed Dahou, A. F. Conord e Jacques Fillon – alla presentazione parigina di Luci della ribalta di Chaplin; incursione che scatenò una feroce polemica con Isou. In seguito all’accaduto, il gruppo protestatario si scisse dal lettrismo fondando l’I.L. Era il 1952. 
Tra i personaggi chiave del nuovo raggruppamento, assunse un preciso ruolo-guida Guy Debord; la sua protesta estrema contro il capitalismo e le sue leggi, rivendicava la necessità di “vivere” in prima persona la rivoluzione culturale annunciata dal Lettrismo, superando o, per dirla con Debord, “distruggendo” l’arte. In questo contesto, la posizione dei giovani all’interno della società – per Isou soggetto economico-sociale – si precisava quale effettivo soggetto politico. 
L’I.L. scelse come privilegiato luogo d’espressione la rivista “Potlach”, gratuitamente distribuita per posta. La gratuità della rivista, configurata sul concetto di libero “scambio” senza necessità di baratto (il “potlach” è il “dono”, presso le popolazioni indigene australiane), ma anche l’approfondito studio del tempo libero – potenziale nicchia rivoluzionaria – sostanziavano il tentativo di immettere un effettivo cambiamento all’interno della società, e del pensiero, di quegli anni. 
Tre tematiche prenderanno l’avvio durante la vita (1952 – 1957) dell’I.L. per divenire poi pratiche privilegiate dall’Internazionale Situazionista: l’Urbanismo unitario, la dérive psicogeografica e il détournement. 
L’Internazionale Lettrista indagava precipuamente l’ambiente e la sua indiscussa influenza sul comportamento delle persone; l’architettura veniva così ad essere concepita quale espressione della volontà della classe dominante, e l’ambiente urbano come uno dei fattori di maggiore condizionamento sulla coercizione psichica e fisica dei cittadini. L’Urbanismo unitario, formulato in prima battuta dal diciannovenne Gilles Ivain, alias Ivan Chtcheglov, nel Formulario per una nuova urbanistica (scritto nel 1953 e pubblicato nel 1958, poi ripreso da Debord e Constant nel I.S. sotto il più vasto concetto di Psicogeografia), insistendo quindi sulla necessità di considerare la città come luogo di “nuove visioni del tempo e dello spazio” riservava all’architettura e all’urbanistica il compito di cambiare la vita. 
Il nesso tra ambiente geografico ed effetti psichici da esso indotti sul comportamento individuale furono anche alla base della dérive psicogeografica, “passaggio rapido attraverso vari ambienti” urbani, che sarebbe poi stata sapientemente ripresa ed elaborata dall’I.S. così come il détournement, plagio di elementi artistici preesistenti, ri-configurati in “costruzioni superiori dell’ambiente”. 
Il 28 luglio 1957 l’Internazionale Lettrista si fondeva con il Bauhaus Imaginiste (M.I.B.I) per dare vita all’Internazionale Situazionista. 

Internazionale Situazionista 

L’Internazionale Situazionista condensò la fusione delle istanze di vari gruppi avanguardisti: il Cobra (come origine teorica, e per la partecipazione di molti suoi ex adepti), il Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (M.I.B.I.), l’Internazionale Lettrista (I.L) e il Comitato Psicogeografico di Londra. 
Nel ricostruire brevemente la complessa storia del Situazionismo assume un’importanza rilevante l’incontro tra Jorn e Debord, avvenuto nel 1956, da cui scaturì l’adesione dell’Internazionale Lettrista al M.I.B.I. 
In Italia la febbrile attività del Bauhaus Imaginiste, che si esprimeva attraverso le attività sperimentali dello studio-laboratorio internazionale di Giuseppe Pinot Gallizio ad Alba, organizzò il “Primo congresso mondiale degli artisti liberi” (Alba, 2 – 8 settembre 1956). I partecipanti – Jorn e Gallizio, Simondo, Baj, Sottsass, J.Calonne (ex musicista Cobra), Constant e Gil J. Wolman – scivolarono direttamente nella fondazione dell’I.S. Nel 1957, a Cosio d’Arroscia (Cuneo), il M.I.B.I., L’Internazionale Lettrista e la London Psychogeographical Association (movimento creato dall’italo-inglese Ralph Rumney in occasione del convegno), si fusero infatti per dar vita all’Intérnationale Situationniste. Lo stesso anno Guy Debord si adoperò per definire le basi teoriche del situazionismo. Il tema dominante, la necessità di superamento dell’arte borghese e dell’industria culturale, sarebbe stato realizzato attraverso una rivoluzione culturale sostenuta accanto ai partiti operai e condotta attraverso una critica radicale della società capitalistica. 
Tra le tematiche dominanti del movimento ricordiamo: 
a) la psico-geografia, studio degli effetti che l’ambiente geografico esercita sull’individuo, è una nozione incentrata sul concetto di “dérive” che aveva avuto origine in seno all’Internazionale Lettrista grazie alle osservazioni di Gilles Ivain circa un nuovo approccio ai fenomeni urbani come esperienza vissuta dello spazio. 
b) l’Urbanismo unitario, progetto di rinnovamento che, in diretta correlazione alle tesi psico-geografiche, mirava a concepire lo spazio urbano come luogo che oltre alla struttura degli edifici assecondasse il comportamento degli esseri umani verso ambienti e modalità di vita complete. Il progetto New Babilon di Constant, esposto alla Biennale del 1966, tentava di concretizzare le speculazioni urbanistico-unitarie dell’I.S. attraverso un ambiente collettivo sospeso ricco di ambienti e stimoli. Differente era la posizione di Debord che concepiva l’urbanismo unitario come applicazione della “critica radicale dell’urbanistica” per non soccombere al capitalismo. 
c) il concetto di “situazione” – ritagliato sulle teorie del saggio Critique de la vie quotidienne (1947) di Henry Lefebvre – come strumento di intermediazione tra la vita alienata dell’uomo e l’utopia di costruire una società senza classi; un’attenta analisi della possibilità di realizzazione e di liberazione dell’uomo nella realtà quotidiana attraverso la soddisfazione di bisogni e desideri indirizzato all’affermazione dell’utopia sociale comunista. 
d) il détournement, utilizzazione o “integrazione delle produzioni attuali o passate delle arti in una costruzione superiore dell’ambiente” che, differentemente dalle sue origini lettriste, deviava definitivamente da qualsiasi finalità artistica per assumere, nell’accezione situazionista, il carattere di necessario superamento dell’arte quando riconfigurato in una prospettiva rivoluzionaria. 
L’I.S., movimento sbilanciato verso un forte settarismo, si precisò come “non-artistico” a partire dal 1962, mettendo ovvero in atto la radicale critica de “La società dello spettacolo” (dall’omonimo testo di Guy Debord, 1967) che rilevava lo stato di passività contemplativa – o alienazione – indotta nell’individuo dal sistema capitalistico. 
Nel 1962 si consumò infatti la rottura con la cosiddetta “ala artistica” del movimento, rappresentata da Pinot Gallizio, Constant, Jorn, Nash, i rappresentanti tedeschi e scandinavi. A partire da questa data l’I.S. concepì la propria attività come l’elaborazione di una teoria critica della società neocapitalistica. La svolta fu interpretata dagli ambienti artistici, ormai epurati dall’I.S., come una vera e propria dimissione del movimento dalle possibilità pratiche di realizzazione. In realtà, ed in questo si spiega la definizione dell’I.S. come movimento “non-artistico”, essa tentava di sublimare l’ambito della creazione artistica in una creatività sociale-rivoluzionaria, esplicando il “bisogno di saldare nel modo più chiaro possibile l’avventura delle avanguardie al processo di auto-emancipazione del proletariato”. Un tragitto profondamente articolato, impossibile da delineare brevemente in questa sede, giunse sino al maggio ’68, e oltre. 

Lettrismo

Il Lettrismo, creazione di Isidore Isou nata a Parigi tra il 1945 ed il 1947, si inserisce nel clima di crisi dei valori estetici e morali del secondo dopoguerra. Esso punta sul compito di liberare la lettre dal corpo della parole. Tra i principali rappresentanti figurano Maurice Lemaitre, Roland Sabatier, Jacques Spacagna, Alain Satié. 
Nel 1947 esce, pubblicato da Gallimard, il manifesto Introduction à une nouvelle poésie et à une nouvelle musique di Isou che costituisce a tutti gli effetti l’atto di nascita di questo movimento. Il Lettrismo si connota però come progetto totale, volto alla liberazione dell’individuo, direttamente relazionato, come risposta e superamento, al surrealismo storico di Breton. 
Isou nell’Introduction à une nouvelle poèsie et à une nouvelle musique, fonda il suo sistema creativo: la Créatique, una sorta di ars classificatoria volta a sovvertire il dominio del già acquisito ed a ridisporre l’intero campo del sapere, prima tappa per la realizzazione di quella finalità paradisiaca, che si incarna nella possibile liberazione dell’uomo alienato grazie ad una prepotente forma di creatività le cui leggi lo renderebbero simile a Dio. 
Il primo ambito eletto ed investito dalla necessità di classificazione è la letteratura, individuata come alternanza tra due precise ed antitetiche fasi: la amplique – ampiamento, investigazione e descrizione di ciò che è altro dalla poesia, – e la cisélante – distruzione, ripiegamento ed indagine della poesia su sé stessa. 
In questa logica, mentre nella fase amplique la poesia si esplica sotto il profilo narrativo e pittorico della descrizione, in quella cisèlante essa, divenendo sostanzialmente musicale, tende alla progressiva distruzione di qualsiasi elemento si frapponga alla sua pura essenza in un processo che si estingue progressivamente nell’autoreferenzialità. 
Nel comporre questo secondo stato della poesia, che si qualifica come una “evoluzione spirituale” della parola, Isou individua in Baudelaire il punto iniziale del processo di “purificazione”; Baudelaire presenta infatti il testo poetico come unità a sé stante, scissa da elementi narrativi ed aneddotici, attuando la “destruction de l’anecdote pour la forme duPOÈME”. 
A Verlaine viene dedicato il successivo sbocco “cesellante” che realizza l’unità formale del verso, la “annihilisation du poème pour la forme du VERSE”, mentre al maudit per eccellenza, Rimbaud, viene riservato il compito di attuare la definitiva dissoluzione del verso e di avverarne la sostituzione con la parola, la “destruction du vers pour le MOT”. La fase cisélante sembra apparentemente bloccarsi con Mallarmè, che invece, riorganizzando la parola e conducendola verso un ideale di estrema perfezione, apre un varco verso un successivo sbocco, una successiva amplique. Sarà poi affidato a Dada il compito di distruggere la parola e di sostituirle il nulla. 
Il processo di alternanza delle fasi sembra quindi destinato ad interrompersi, ma è proprio in questo tratto che si interpone Isou: prendendo questo “nulla” che è la lettre – sorta di morfema, senza possibilità di significazione altra che l’evidenza di sé stessa – Isou ridefinisce la poesia come “poesia di lettere” e non più di parole, da cui il termine Lettrisme. 
Il procedimento messo in atto in campo letterario viene esteso ad altre discipline (ad esempio il cinema o la fotografia) conducendo il Lettrismo a quella riorganizzazione della totalità dei segni visivi della comunicazione e alla infinita possibilità di estetizzazione di tutti i materiali esistenti che Isou denominò (nel 1952) meca-estetica integrale. 
Merita una nota di attenzione, tra le teorie elaborate da Isou, l’analisi della gioventù, identificata per la prima volta come soggetto economico-sociale. I giovani, “esterni” al mercato e ai suoi meccanismi poiché indipendenti dal capitale, erano potenzialmente rivoluzionari; ad essi era affidato il ruolo di ridefinire e rinnovare la società non più in base al lavoro, ma attraverso quella utopica creatività, o creazione moltiplicatrice, che il Lettrismo proponeva. 

Logogrammes

I logogrammes sono testi tracciati di getto: poesie, giochi di parole, ma anche lunghi componimenti in prosa, che compendiano l’attività scrittoria e disegnativa, la doppia anima, dello scrittore-pittore Christian Dotremont. 
Attraverso il logogramme, alla lettera “disegno-parola”, Christian Dotremont visualizza quella dicotomica rappresentazione del linguaggio che esprime il nucleo tematico centrale della sua poetica. 
Nei primi esemplari, risalenti al 1962, rintracciare il testo – il versante leggibile e convenzionale della scrittura che guida il tracciato – è praticamente impossibile. Ciò che viene in avanti è il versante visivo, il gesto della scrittura. “Scrivere è creare”, afferma il nostro autore, e “la grafia rappresenta la più alta attività creatrice che l’uomo possieda”. In virtù della forma – parimenti sarebbe per un analfabeta guardare una qualsiasi parola del nostro linguaggio – il tracciato grafico assume il puro valore di segno, di di-segno. Eppure il logogramme è un linguaggio; rappresenta un testo. 
La tela di questi componimenti risulta quindi come divisa in due. Il testo che guida il tracciato disegnativo affronta i due versanti della visibilità – ed è il caso del componimento gestuale e prepotentemente incomprensibile – e della leggibilità – visualizzata attraverso una legenda che traduce il significato di quella lingua visiva -.
La legenda inoltre, svolge una doppia funzione: traduce la scrittura informe che occupa la superficie del quadro e ci segnala che quegli stessi segni pertengono al vasto orizzonte del linguaggio, sono parole. 
Christian Dotremont voleva creare tramite queste opere un unicum che fosse realizzato tramite il processo uno, quasi-automatico, della creazione; di fatto, lo spettatore di fronte ad un logogramme percepisce due differenti modalità espressive racchiuse nello spazio unico della tela. 

Peintures-mots

Le peintures-mots, letteralmente “pitture-parole” sono sperimentazioni pittorico-grafiche che contrassegnarono buona parte della produzione degli artisti Cobra anche dopo la fine del movimento. 
I primi esemplari vennero tracciati in collaborazione da Asger Jorn e Christian Dotremont a Massy-Verrières, vicino Parigi, nel 1948, precedendo di qualche giorno la fondazione del Cobra. 
La collaborazione tra artisti – “l’inter-specialismo” per utilizzare il gergo-cobra, – sotteso a questa tipologia di lavori, viene a condensarsi attraverso l’utilizzo di componimenti pittorici e grafici che scaturiscono in un tempo di creazione relativamente unico: i disegni lasciano spazio a parole, o a brevi componimenti poetici, in un processo di mutua ispirazione e catalizzazione reciproca tra registri espressivi differenti. L’incontro tra la forma pittorica e la forma grafica della scrittura si da sotto il segno dell’uguaglianza; entrambe le modalità creative condividono infatti materialmente la superficie della tela. 

Ultralettrismo

L’Utralettrismo fu fondato da François Dufrêne nel 1958. Il movimento, oltre a citare Antonin Artaud come pre-lettrista, portava alle sue estreme conseguenze l’istanza lettrista sul linguaggio sviluppando, sino al suo esito finale, quel particolare tipo di poesia che azzerando quasi del tutto il significato della parola si concentrava sulla vertiginosa sonorizzazione del suo significante. 
Questo era l’incontro tra il grido e il ritmo del magnetono di François Dufrêne, dei suoi celebri cri-rythmes che affiancavano la tendenza affichiste del decollage (frantumazione della lettera tipografica) ultralettrista.

NOTE
1 Cfr. Stewart Home, Neoismo e altri scritti. Idee critiche sull’avanguardia contemporanea (a cura di Simonetta Fadda), Costa & Nolan, Milano, 1997; titolo originale: Neoism, Plagiarism & Praxis, AK Press, Edimburgh and S. Francisco, 1995. 
2 Non è possibile in questa sede accennare ad un panorama dei movimenti anti-artistici. Cfr. Echaurren Pablo, Corpi Estranei. Neosituazionisti, Antiartisti, Anarcoalieni, Nomi collettivi, Stampa Alternativa, Roma, 2001. 
3 Cfr. Stewart Home, Assalto alla cultura. Correnti utopistiche dal Lettrismo a Class War (traduzione di Luther Blisset), AAA edizioni, Bertiolo, 1996; titolo originale: The Assault on Culture utopian currents from Lettrisme to Class War, Aporia Press & Unpopolar Books, London 1988 
4 All’ortodosso automatismo psichico bretoniano, il Cobra avrebbe infatti affiancato l’automatismo “fisico” che, incentrato su una concezione materialista e “fisica” dell’atto espressivo, concepiva il pensiero come un’emanazione della materia (“réflexion de la matière”), sottraendolo, di fatto, a quella dimensione astratta e “meta-fisica” in cui Breton lo aveva relegato. Cfr. Asger Jorn, Discours aux pingouins, in “Cobra” Bulletin pour la coordination des investions artistiques. Lien souple des groupes experimentaux danois (Host), belge (surréaliste-révolutionnaire), hollandais (Reflex ), n. 1, Copenhagen, 1948, p.8. 
5 Per brevità abbiamo accennato ai più importanti teorici, o almeno ai più conosciuti teorici del Cobra. Non dimentichiamo però di citare in nota P. Bury, M. Havrenne, K. Appel e J. Noiret, e di sottolineare come la rivista “Cobra”, sia un’inesauribile fonte di apporti critici di illustri e improvvisati commentatori. 
6 Il Surréalisme Révolutionnaire fu fondato a Parigi nel 1947 da Christian Dotremont. Il movimento sorgeva in reazione alla definitiva virata esoterica del movimento surrealista “ortodosso” connotandosi come la riedizione, a un ventennio di distanza, di quel difficile accordo tra Surrealismo e Comunismo già consumato da Breton
7 Isidore Isou, Introduction à une nouvelle poésie et à une nouvelle musique, Gallimard, Paris, 1947. 
8 Ibidem. 
9 Ibidem. 
10 L’utilizzo di questa definizione non è casuale; pone infatti in correlazione l’avventura lettrista con le tesi del famoso saggio di Roland Barthes Il grado zero della scrittura. Quel movimento che Barthes ravvisava dal 1850 in poi – un processo di costruzione della Letteratura come oggetto e di progressiva distruzione del linguaggio che con Mallarmé aveva raggiunto il suo acme – sarebbe secondo l’autore, alla base delle attuali trasformazioni della scrittura volte a celebrare questa sorta di “assenza”. A nostro avviso, in queste ultime possono rientrare a pieno merito le sperimentazioni lettriste. Cfr. Roland Barthes, Le degré zéro de l’écriture suivi de nouveaux essais critiques, éditions du Seuil, 1953 e 1972; Trad. it. di Giuseppe Bartolucci, Renzo Guidieri, Leonella Prato Caruso, Rosetta Loy Provera, Il grado zero della scrittura seguito da Nuovi saggi critici, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 1982. 
11 Mario Costa, Il “lettrismo” di Isidore Isou, creatività e soggetto nell’avanguardia artistica posteriore al 1945, Carucci Editore, Roma, 1980. 
12 Ibidem, p. 25. 
13 Ibidem. p. 25. 
14 Ibidem. 
15 Come ben specifica Mario Costa: “lo sviluppo ulteriore del lettrismo …sempre più si è andato definendo come ricerca della positività di un materiale che opera la distruzione progressiva e radicale del significante”. Ibidem, p 25- 26. 
16 Citazione riportata da Mario Costa in Il “lettrismo” di Isidore Isou…, op. cit., p. 27. 17 Cfr. Christian Dotremont, Linguistique réelle, Editions, 1977. 
18 Ibidem, p. 41. 
19 Secondo Costa la filosofia del linguaggio si muove tra due concezioni fondamentali delle quali “una attribuisce ogni priorità ed ogni capacità fondante al soggetto, l’altra all’Essere”. In questa sede non è possibile delineare tutto lo svolgersi di questa analisi. Cfr. Mario Costa, Isou e il linguaggio, in Il “lettrismo” di Isidore Isou…, op. cit. pp. 39 – 43. 
20 Ibidem, p. 40. 
21 Ibidem. 
22 Cfr. Antonio Di Ciaccia, Massimo Recalcati, L’inconscio strutturato come un linguaggio e l’alienazione significante, in Jacques Lacan. Un insegnamento sul sapere dell’inconscio, Bruno Mondadori, Milano, 2000, pp. 37 – 73. 
23 Mario Costa, Il “lettrismo” di Isidore Isou…, op. cit. p. 43. 
24 Ibidem. 
25 Cfr. Vania Granata, Tra parola e immagine: il Logogramme di Christian Dotremont, in “Luxflux”, la rivista della rete reale virtuale dell’arte contemporanea n. 1, maggio 2003, www.luxflux.net . 
26 Cfr. Di Ciaccia, Recalcati, Jacques Lacan…, op. cit., p. 51. 
27 L’ultima seduta del Surréalisme Révolutionnaire francese fu abbandonata da Christian Dotremont, Joseph Noiret, Karel Appel, Corneille ed Asger Jorn per fondare il Cobra. Lo stesso giorno, 8 novembre 1948, nel retrosala del Notre Dame Café a Parigi fu stilato da Dotremont e firmato dai sei artisti, il volantino La cause était entendue, che rappresenta l’atto di fondazione del Cobra. 
28 “La salle de Géographie du Boulevard Saint Germainest souvent comble. ‚ a marche, Breton délégue Hérold pour nous insulter, les lettristes jouent du cor de chasse (ˆquoi nous répondrons en engageant un orchestre de cors de chasse)” (corsivo nostro). Christian Dotremont La porte va enfin s’ouvrir tout à fait: du surréalisme ˆ Cobra (1940-1948), (manuscritto inedito di Christian Dotremont pubblicato da Joseph Noiret), in “L’estaminet” n. 7, 1996.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dall’alto:

Christian Dotremont, Du tout le cirque de rectangle aux coins blessants?, logogramme da Logogrammes II, 1965, pastello nero su carta di giornale

Christian Dotremont, Bribes tracées brosées brasées tressées tissées tassées, logogramme, inchiostro di china su carta

Christian Dotremont, Lecture peinte, logogramme, inchiostro di china su carta

Isidore Isou, Larmes de jeune fille – Poème Clos –, 1947

Isidore Isou, pagina di Introduction à une nouvelle poésie et à une nouvelle musique, Gallimard, Paris, 1947

Isidore Isou, Dessin lettriste, 1947, inchiostro su carta

Maurice Lemaitre, Ritratto di un nome, 1950

Christian Dotremont, Et le printemps?, logogramme da Loogbook, 1974, inchiostro di china su carta