French version

Note:
(1) Testo dattiloscritto redatto da Gina Pane dopo l’Azione, conservato negli archivi dell’artista, Parigi.
(2) Anne Tronche, Gina Pane – Actions, op. cit., p. 115
(3) Gérard Wajcman, Fenêtre Chroniques du regard et de l’intime, op. cit., p. 468-469
(4) Ibidem, p. 468-469
(5) Ibidem, p. 468-469


L’azione IO ha avuto luogo l’11 agosto 1972, alle ore 23:45 a Place aux Œufs, Bruges, in Belgio (con la Galleria Arges, Bruxelles, Belgio).

Gina Pane, a seguito di questa Azione, ha scritto il testo seguente: 
Mettendo il mio corpo sul davanzale della finestra tra due zone: una privata ed una pubblica, ho voluto esprimere un potere di trasposizione che ha infranto i limiti della individualità cosicché “IO” partecipa a “l’ALTRO”. 
Ho cercato in questo modo di ricostruire l’unione perduta e frammentata tra il me e gli altri. Il mio lavoro mira a salvaguardare il diverso nell’unione. 
L’area privata qui rappresentata da una famiglia nei loro atti quotidiani è stata rivelata agli altri trasponendo l’ordine per: 
– l’ intercessione dell’intruso (me) 
– la trasmissione dell’ambiente sonoro diffuso da amplificatori installati agli angoli di Place aux Œufs (area pubblica).
– le foto sulla condotta della famiglia scattate con la Polaroid e distribuite al pubblico. 
L’immaginazione stabilisce e mantiene tale relazione, promuovendo lo scambio essa ne rivela la corrispondenza e cioè il rapporto dell’uomo con le cose, con il prossimo, con se stesso, andando incontro alla memoria che ha lo scopo di stabilire l’oblio della vita e di conservare solo ciò che è meglio per la Società”.
 (1)

IO si distingue dalle altre Azioni corporee di Gina Pane per il suo svolgersi in un luogo non specificamente dedicato all’arte: il davanzale della finestra tra l’appartamento privato e la piazza pubblica di Bruges. L’artista vuole, come dimostra la sua posizione “intermedia”, un legame tra gli uomini che il concetto di interiore ed esteriore, di privato e di collettivo, non separi oltre. Il desiderio o il bisogno di esprimersi in tale ambiente che si oppone allo spazio limitato di una galleria o di un appartamento, riflette l’apertura, la volontà di rivolgersi al più alto numero di persone. Vediamo inoltre che, a differenza di altre Azioni, l’arista non ricorre qui all’uso della rottura.

Il quadro di questa Azione si compone di tre elementi principali: una piazza, una finestra al secondo piano di una strada confinante con la piazza e l’appartamento privato che si può intuire dietro la finestra. Come dire: uno spazio pubblico, uno spazio privato e un luogo di transizione tra esterno ed interno delineato dalla finestra. Sulla piazza sono disposti dei tavoli e delle sedie dove il pubblico può accomodarsi (passanti occasionali o ospiti iniziati); Gina Pane è in piedi sul davanzale della finestra in una posizione precaria, come sospesa sul limite del vuoto, con un telaio di legno come unico sostegno. L’Azione si svolge volutamente la sera, al crepuscolo, e ciò coinvolge necessariamente la luce: un impianto di illuminazione focalizza l’attenzione del pubblico sulla facciata del palazzo e la finestra dove l’artista è vista da dietro nella posizione di osservatrice verso ciò che accade all’interno: la vita di una famiglia. Essa occupa dunque una posizione intermedia tra ciò che osserva e gli spettatori che, giù nella piazza, recepiscono una serie di informazioni sonore e visive, sul contesto di vita di tale famiglia, attraverso la distribuzione di Polaroid – scattate prima dell’Azione – e la lettura di cinque testi di interesse sociologico e antropologico. L’artista ha scritto in proposito: “[queste informazioni] sono allo stesso tempo i confini di una chiusura simbolica che ha come risultato la rappresentazione dello spazio singolare in cui l’artista si pone, lo spazio della concentrazione mentale”.(2)

Una difesa per la diversità nell’unità

Ponendosi in una volta sia all’interno che all’esterno, in una posizione intermedia, Gina Pane vuole significare che “l’esterno arriva dentro, che l’intimo è al di fuori di se stessi”. (3) È “la stima”, di cui parla Lacan. “Noi non abbiamo altra interiorità che il mondo. Questo modo di essere ostile alla solitudine, (…) questa soggettività vuota che reclama il mondo come complemento necessario, (…) questo esteriore che lascia sfuggire incessantemente se stesso, questo esteriore auspicabile, (…) è precisamente quello dell’uomo alla sua finestra” (4), e dell’artista alla finestra. Il “soggetto alla sua finestra (…), prosegue lo psicoanalista, è il desiderio in essere che aspira al mondo e che il mondo aspira. È questo essere che (…) si protende con la speranza di riunirsi al brusio di fondo. (…) È questo essere immobile, (…) che ha ancora la speranza che uno sguardo si posi su di lui, una chiamata che lo reclami tra i viventi”. (5)
Tale invito, per l’artista, necessita di una migliore comprensione reciproca, della condivisione, dell’altruismo, capaci di promuovere legami sociali e aspirare a trasformare la mentalità per avviare nuovi rapporti tra gli individui. 
Gina Pane raccomanda il rispetto degli altri, l’osservazione, l’ascolto, lo scambio e il dialogo. Il suo approccio chiede di trovare un equilibrio tra la fiducia in se stessi e la consapevolezza degli altri, che incoraggi all’apertura verso il prossimo. Ognuno ha la facoltà di accettare o no la sua offerta, dal momento che l’Azione si svolge all’aperto, in un luogo pubblico dischiuso alla libera circolazione.

Se il suo proposito può sembrare utopistico, ciò nondimeno esso porta in nuce un umanesimo a cui non è assurdo credere. L’artista cerca di delineare l’ideale di un legame sociale altro, che unisca la libertà individuale e il rispetto reciproco basato su una nuova forma di civiltà. Un “noi” in grado di soddisfare gli “io” nella loro libertà, nell’individualità e nella loro complessa identità. Un legame che possa unire senza serrare troppo. Vivere insieme implica il rispetto della parte di libertà di ciascuno, vale a dire, essere liberi insieme. Questo richiede un fine perfezionamento tra vicinanza e distanza, tra vita personale e comunitaria, tra identità e alterità.

Testo scritto in occasione della mostra Spazi Aperti: The Vagabond can’t Draw presso l’Accademia di Romania a Roma, che si terrà dal 10 al 24 Giugno 2010. L’autrice è Storica dell’arte / Borsista presso l’Accademia di Francia a Roma

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English abstract

Gina Pane. 
or the artist as travellers between two territories 
by Julia Hountou

The action entitled I took place the 11th of August 1972, at 23:45 at Place aux Œufs, Bruges, in Belgium (in collaboration with Galleria Arges, Brussel, Belgium).
Io distinguishes itself among other corporeal by Gina Pane insofar a sit happened in a place not specifically dedicated to art: the windowsill of her apartment overlooking the public piazza of Bruges. As demonstrated by her “intermediary” position, the artist points to a connection between people that the concept of interior and exterior, private and collective cannot disjoin. The desire and the need to express herself in such an environment that opposes the limited space of a gallery or an apartment, reflects the aperture and the will to reach as many people as possible. Here, differently from other Actions, the artist doesn’t make use of rupture.



Gina Pane, JE, 11 août 1972, Place aux Œufs, Bruges, Belgique (avec la Galerie Arges, Bruxelles, Belgique). 
Photographe: FrançoiseMasson. 
Courtesy Galerie Stadler, Paris.