La Fondazione Istanbul per l’Arte e la Cultura è stata fondata dal Dottor Nejat F. Eczacibasi nel 1973 e si occupa dell’organizzazione di festival del cinema del teatro e della musica. È proprio questa fondazione che nel 1987 organizza la prima Biennale di Arti Visive di Istanbul.
La seconda edizione della Biennale è stata curata da Beral Madra. Per la terza edizione il curatore è stato Vasif Kortun, per la quarta René Block, per la quinta Rosa Martinez, per la sesta da Paolo Colombo. Il progetto della Biennale di Istanbul nasce dal lavoro costante e illuminato di artisti ed intellettuali che hanno voglia di confrontarsi a livello internazionale.
Poetic Justice è il titolo scelto da Dan Cameron per l’ottava edizione della Biennale; ed è un titolo che mi è piaciuto tanto. Ho trovato intelligente anche l’idea di dislocare la Biennale in diversi luoghi di Istanbul recuperati al degrado come ad esempio Antrepo 4, uno spazio vastissimo con una bella vista sul Bosforo.
Qui al primo piano c’era un’installazione video che mi ha dato una sensazione di soffocamento, non per la scelta del video ma per come era stata ambientata: un enorme plastico nero che scende dal soffitto, imponente.
Al secondo piano c’erano i lavori fotografici, installazioni, e altro.
Istanbul è una città da sogno! Da vivere. Quindi è stato molto bello andare in giro a cercare lavori artistici nelle strade e nei bazar e in diversi punti della città. Penso al lavoro di Doris Salcede, colombiano, che ha riempito l’interstizio tra due palazzi, la piccola Via Persembe Panari, con delle sedie. La visione mi ha fatto tornare indietro, quando percorrevo quella strada ogni mattina per andare al lavoro.

Altro posto espositivo è quello di Tophane-i Amire, un posto storico. Qui le installazioni delle opere dei diversi artisti sono riuscite meglio. In questo spazio l’artista Danica Dakic originaria di Sarajevo ha proiettato sul soffitto canti sussurrati, immagini cicliche mistiche e nude.
Ho visitato le installazioni poste nelle vicinanze di Santa Sofia: i lavori erano però molto deludenti.
Il Castello Sommerso, un posto bello e difficile che costituisce una cisterna sotterranea fatta di colonne ed acqua, era l’ambientazione magica e umida del lavoro di Jennifer Steinkamp, giovane artista statunitense, intitolato Eye Catching: molto poetico. Alla Ottava Biennale hanno partecipato 85 artisti provenienti da 42 paesi. Precisamente non so quanto pubblico ha partecipato. All’occhio non esperto di una visitatrice i visitatori sembravano davvero molti.
Durante la Biennale sono state organizzate anche numerose attività parallele e contemporanee: oltre alle varie mostre ed esposizioni, ho potuto assistere a incontri ed altri eventi artistici e culturali.
Da segnalare la presenza anche di attività contro la Biennale, come i convegni organizzati da Beral Madra presso l’Università Bilgi.
Con il turismo culturale, bisogna ammettere che Istanbul si è molto arricchita: per questo la Biennale è diventata un evento molto importante e partecipato: tutti vogliono esserci. In futuro sarà una tra le più importanti Biennali. Tutto, comunque dipende dai Turchi e da come gestiremo questa opportunità.

Jennifer Steinkamp, Eye Catching, installazione, Biennale di Istanbul, settembre 2003

Doris Salcedea, installazione alla Biennale di Istanbul, settembre 2003

Danica Dakic, installazione al Tophane-i Amire, Biennale di Istanbul, settembre 2003

Vista sull’installazione di Doris Salcedea, Biennale di Istanbul, settembre 2003