PBS – Radikal è uno dei primi gruppi Rap del Senegal e di tutta l’Africa. Sicuramente il primo ad essersi affermato a livello internazionale aprendo la strada a molte altre produzioni locali. Didier Awadi, leader del gruppo e fondatore di PBS insieme a Doug E Tee nel 1991, viveva della cultura Hip Hop sin dagli Anni Ottanta, come animatore e ballerino. La storica performance al Centro Culturale Francese di Dakar nel 1992 è stata il trampolino di lancio del gruppo, che immediatamente ha prodotto un disco ed ha cominciato le sue tournée in Francia, cantando con Mc Solaar. Il sound del gruppo è caratterizzato dalla presenza degli strumenti tradizionali senegalesi: percussioni di vario tipo, korà e balafon.

L’AFRICA DOV’E’?

Intervista a Simon Njami 

Afrika, una storia contemporanea del continente

Un’idea su chi e cosa possa dare una forma alla nebulosa idea di Africa contemporanea si fa avanti di notte, durante un concerto Rap all’Università di Dakar. L’Università Cheikh Anta Diop, il cui nome è dedicato all’altro grande padre della patria Senegalese, autore di un’ipotesi di lettura della cultura dall’antico Egitto a partire dalle sue profonde radici africane (e non mediterranee), è affollata fino all’inverosimile per un concerto che riunisce alcuni tra i più grandi gruppi Hip Hop della città.
Unicia toubab della situazione, in mezzo allo stupore divertito degli studenti della prestigiosa università che quando si accorgono della mia presenza tentano di evitare che venga schiacciata, ho una folgorante conferma: il Rap non è solo il modello di machismo sessista afroamericano venduto su Mtv.
Solo qui in Senegal esistono tre mila gruppi Rap, e questo genere musicale ha qui la stessa potenza che ha avuto l’Hip Hop delle origini negli Stati Uniti, dallo slum dei Last Poets alle liriche ribelli dei Public Enemy: parlare a una generazione nata in una grande città, ai suoi problemi, risvegliare una coscienza, aprire la testa delle persone. 
“”Studiare “urlano dal palco “è l’unico modo di uscire dai ghetti. Studiate, amate voi stessi e la vostra storia”.
Un ovazione cresce, interminabile, fino a farmi scoppiare i timpani. Il palco da cui proviene la voce è spinto dalla folla accalcata che avanza per avvicinarsi , fino ad arretrare di un metro. Lo spostamento non ha conseguenze: un miracolo. 
La voce riprende a parlare in wolof e riparte la musica. È Awadi, il leader di PBS – Radikal, storico gruppo rap di Dakar, che ha all’attivo quindici anni di attività, dischi e concerti all’estero – Africa ed Europa – il sostegno incondizionato del Centro Culturale francese della città, vero trampolino di lancio per questo gruppo, il primo di tutta l’Africa ad ottenere – negli Anni Novanta – una certa visibilità all’estero.
Chiunque per strada dirà che PBS è il più grande dei gruppi Rap africani: nei suoi dischi e nei concerti, PBS narra le passioni ed il pensiero di chi vive, oggi, in una capitale africana. Lo racconta in wolof e francese, ed usa gli strumenti tradizionali della musica dell’Africa occidentale.
Mi pento di non avere con me la mia telecamera, l’atmosfera è toccante.
Aspetto che il gruppo scenda dal palco per conoscerli: il giorno dopo andrò a trovarli. Non prima di aver comprato qualche cd di musica Rap senegalese – copie assolutamente pirata – al Mercato Sandaga.
Il quartier generale di PBS, è nella periferia residenziale Amitié II, dove i bambini giocano a calcio per strada, i venditori ambulanti che assillano i toubab sono un fantasma del centro della città e tutti sanno qual è la casa di Awadi. Una bambina mi consiglia di lasciar perdere il campanello e di chiamare “Awadi!”. Funziona. Dal terrazzo fanno capolino alcune teste che fanno cenno di salire. Passo per un corridoio dove trovo una foto di Che Guevara e una scala per raggiungere il cielo.
PBS passa qui tutti i giorni che Allah gli manda: chiunque faccia parte del gruppo, dal cantante all’addetto alla sicurezza, dalla segretaria di produzione alle vocalist, vive insieme, mangia insieme, prega insieme ogni giorno. 
Qui sopra PBS ha allestito una sala di registrazione, una sala di montaggio e produzione video, un ufficio: la musica è stato il trampolino di lancio. Con gli anni, mi spiega Lotere Gomis, il manager, il gruppo è riuscito ad entrare in un ciclo produttivo che gli permette di lavorare e far lavorare amici e affiliati: PBS produce video per la televisione locale, fa produzione e post produzione musicale per altri gruppi, autoproduce dischi e video che distribuisce. Per PBS il Rap è la strada per l’affermazione.
Arrivo proprio durante il pranzo: mi dicono di spegnere la telecamera e mangiare con loro, accovacciata per terra intorno a un enorme piatto di ceebu jén. Fino a quando tutti non avremo mangiato e pregato, è vietato fare riprese.
Carlo B, il più giovane di tutti, chitarrista, corista e ballerino, mi dice che da ragazzino ascoltava la musica del gruppo, inseguiva PBS a tutti i concerti e chiedeva gli autografi, ed ora vive quotidianamente con I suoi idoli. 
“È una famiglia,” è la mia famiglia, Stiamo sempre insieme e condividiamo tutto: momenti felici e difficili” mi dice qualcuno.
Baay Sooley è uno dei primi membri di PBS.
Baay Sooley. Non esiste una vera scena Rap pubblica in Senegal. Nessun sostegno, nessun ufficialità, anche se il Rap è un fenomeno esplosivo.
Le cose vanno costruite, giorno per giorno. Sta a noi riuscire a realizzarle, sempre.
Abbiamo iniziato facendo i concerti in piccole scuole: scrivevamo le locandine a mano, facevamo pagare poco per l’ingresso e c’era poca gente: al massimo venti persone ogni volta. 
E soprattutto al’’inizio il nostro lavoro era visto male: ci dicevano “volete solo fare i piccoli americani”.
Ma non era così: la nostra idea era di parlare dei problemi della nostra società, svegliare la gente, parlare nella nostra lingua, parlare della vita quotidiana di un senegalese normale”.
“È un sogno, ed ogni giorno è come ricominciare da capo; anche dopo quindici anni abbiamo lo stesso entusiasmo che avremmo iniziando tutto da capo in questo momento.

L.C.: Ma perché proprio il Rap?
Awadi: È il nostro modo di combattere. Alcuni usano le armi, noi la musica. Il Rap ci permette coscientizzare la società: poniamo dei problemi, non diamo le soluzioni. Sta ad ognuno, messo di fronte alla realtà, trovare le risposte. Noi siamo solo lo specchio della società in cui viviamo. 

L.C.: Un po’ di storia…
Awadi: Abbiamo iniziato nel 1989, suonando nelle scuole. Preferivamo all’embalak, la musica popolare, il Rap perché per strada ballavamo tutti la break dance. Il Rap era la musica che ci parlava e che ci permetteva di parlare a nostra volta e difendere le nostre idee. 

L.C.: Cos’è PBS?
Awadi: Positive Black Soul (Anima nera positiva). È la nostra filosofia, è quello che siamo. Non siamo l’Africa che tende la mano, l’Africa della gente ignava, della miseria: le uniche cose che voi in Europa fate vedere dell’Africa.

L.C.: È tutto ciò che conosciamo.
Awadi: Sì, ma noi viviamo in Africa, e ti dico che la nostra vita non è quello che raccontate. Noi facciamo parte dell’Africa urbanizzata. Io vivo con le speranze e le tensioni di un qualsiasi abitante di una grande città. Nessuno dall’esterno può dirmi quello che sono: sono fiero di me, ed è quanto conta.