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Alberto Vannetti,
Geografia dei Luoghi, visione della installazione, MLAC, ottobre 2002.
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Geografia
dei luoghi
Alberto Vannetti
Inaugurazione 2 ottobre 2002 ore 18:30
Dal 2 al 24 ottobre 2002
Il 2 ottobre alle ore 18:30 presso il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea
dell'Università di Roma "La Sapienza" si inaugura la
mostra personale di Alberto Vannetti curata da Simonetta Lux. La mostra
dal titolo "Geografia dei luoghi",. raccoglie alcuni grandi
lavori visibili nella sala superiore del museo e negli spazi esterni.
Alberto Vannetti è stato uno dei protagonisti dell'arte a Roma
negli anni Novanta dopo aver fondato con altri artisti e storici dell'arte
la rivista Opening, che per tutto il decennio è stata la voce
più autorevole ed indipendente della cosiddetta "arte giovane"
a Roma e non solo.
Il lavoro di Alberto Vannetti è segnato dal forte impulso di
impegno sociale realizzato da un talento estetizzante che risolve le
tematiche affrontate con un taglio d'astrazione e di riduzione geometrica.
I suoi lavori dal colorismo vivo e radicale si riallacciano sia ai contenuti
forti delle avanguardie artistiche - dal costruttivismo al suprematismo
- sia alle più complesse ambientazioni dell'astrazione formale.
Il percorso di Alberto Vannetti è inoltre scaturito dal sicuro
individualismo e dalla ricerca dell'autonomia dell'artista nei confronti
del sistema dell'arte, posizione che lo ha spesso coinvolto in prima
persona nella cura di eventi espositivi realizzati come mezzo di promozione
autonoma.
Il lavoro esposto presso il Museo Laboratorio consiste in un grande
inedito Tazebau, composto da centinaia di fogli di carta incollati direttamente
sulle pareti espositive; opera dal taglio decisamente grafico, rimanda
ad un contesto socio-politico dell'immediata contemporaneità.
Negli spazi esterni saranno posizionati alcuni grandi stendardi in stoffa,
realizzati sul tema del simbolo come luogo centrale della comunicazione
contemporanea.
La mostra è proposta nell'ambito del Dottorato di Ricerca "Arte
di Confine" e dei relativi corsi sperimentali di Stage/Master in
Cura Critica ed Installazione Museale, voluti dal direttore del Museo
Simonetta Lux e realizzati dal curatore del MLAC Domenico Scudero.
Il luogo non-luogo
del simbolo
testo di Matilde Martinetti
C'è una sottile
e divertita volontà di disorientamento nel grande Tazebau di
Vannetti. Lo sguardo non riesce a contenere il lavoro nella sua globalità
e si trova limitato dalla necessità di spaziare per ottenere
una visione di insieme, a sua volta ulteriormente straniante perché
basata sulla ripetizione e dunque sulla mancanza di punti di riferimento
visivi. Tutti i manifesti ripropongono infatti gli stessi motivi, variati
delicatamente da innesti di silhouettes in oro che interrompono la monotonia
e introducono una sfumatura luminosa, un invito per lo spettatore a
scoprire il diverso in ciò che sembra uguale. Sulla scia di una
pratica artistica ormai consolidata da buona parte della recente storia
dell'arte Vannetti opera una messa in discussione dello spazio museale.
I fogli incollati direttamente alla parete cambiano il senso della struttura
da elemento che contiene l'opera ad elemento contenuto nella stessa
e lo spazio diventa supporto. Adattandosi alla conformazione del posto
il collage assume un andamento ricurvo ed allo stesso tempo introduce
un elemento variabile ed incostante che instaura un rapporto dialettico
tra strati sovrapposti. Il primo termine (il supporto) limita e condiziona
il secondo (ciò che vi è applicato). Altezza e lunghezza
dell'opera dipendono dalle dimensioni del muro, ed allo stesso tempo
quest'ultimo diventa parte integrante di un elemento artistico concepito
nei termini di forma malleabilmente adattabile al contesto. Restituiscono
allo spazio il valore più canonico di contenitore gli acrilici
ed i collage che fronteggiano ed affiancano il Tazebau in un gioco speculare
di rimandi basato su una ripetizione di simboli leggermente variata
da colori, motivi geometrici, tecniche esecutive.
Vannetti lavora sull'associazione di immagini e significati di cui il
simbolo è il motivo dominante. L'appartenenza ad un contesto
contemporaneo legato a realtà sociali e politiche si unisce alla
chiarezza del taglio grafico agevolandone la comprensibilità
e rendendolo facilmente riferibile (ad una situazione, ad un luogo),
e tuttavia non ingabbiandolo in univoche considerazioni. Il simbolo
è del resto un elemento passibile di interpretazione, soggetto
ai riferimenti storici e culturali dell'individuo che vi si confronta.
Potenzialmente circoscrivibile ad un contesto, non lo riempie tuttavia
in maniera esaustiva. Di conseguenza è il qui ma anche l'altrove,
un luogo senza radici, un non-luogo. Una forma eterea che rincorre ma
contemporaneamente sfugge confini geografici (benché le icone
di Vannetti sembrino tracciare precise latitudini) e definizioni vincolanti.
Una natura nebulosa ed impalpabile che ha lo stesso peso del linguaggio.
Concepibile del resto come medium comunicativo, al simbolo competerebbe
una intrinseca carica di ambiguità.
Non c'è però retorica nella saturazione visiva e concettuale
dell'opera di Vannetti, ma una presentazione leggera e divertita che
lascia libertà di traduzione, un'estetica del colore (che richiama
precedenti optical) e della bidimensionalità, una tendenza all'astrazione
che si risolve nella presentazione asettica e riduzionista delle sagome.
Ma rimane comunque latente una sottile intenzione di spaesamento. Nella
proposizione ed associazione quasi ossessiva di simboli e colori forti
(che con gli stendardi invadono anche l'ambiente esterno) l'artista
mette in atto una specie di silenzioso bombardamento che ricorda vagamente
certe dinamiche massmediatiche.
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