la rete reale virtuale dell'arte contemporanea
 

museo laboratorio
d'arte contemporanea
dell'Università La Sapienza

il museo
mostre in corso
letture attive
archivio mostre
mediateca
la collezione
mappe
press release
links

pubblicazioni
                    > ArtisticaMente
                    > Luxflux
                    > Proto-type


archivio musica contemporanea

il museo laboratorio d'arte contemporanea

pubblicazioni / Collana ArtisticaMente

8. Simonetta Lux, Domenico Scudero, Inés Fontenla. Alla fine delle Utopie.
collana Artisticamente. Documenti, Lithos 2002
62 p., [8] c. di tav. colori; 21 cm
ISBN 88-86584-67-9

Utopia. Questa la parola chiave nell’affrontare la più recente produzione di Inés Fontenla, artista argentina da tempo residente a Roma. Da Terra inquieta del 1995 fino Alla fine delle Utopie, realizzato nel 2002 al MLAC, l’itinerario creativo di Fontenla è illustrato e approfondito dalle numerose foto in catalogo, nonché dalle puntuali schede critiche redatte da Maria Francesca Zeuli.
Sul paradosso insito nell’ammettere una fine delle utopie (come può finire qualcosa che non è mai esistito?) Simonetta Lux costruisce la sua interpretazione dell’opera di Fontenla, che visualizza un concetto di luogo geografico e mentale, condizione di esistenza e contenitore di mitologia: nostalgia di un passato di cui non si è certi che si sia mai attuato.
Nelle installazioni di Inés Fontenla l’evanescenza dell’immagine video e dell’elemento sonoro si relazionano alla concreta esistenza di oggetti, costruzioni simboliche e plastici architettonici. Progetti forse realizzabili o meglio modelli ideali mai raggiungibili, caricano di interrogativi lo spettatore, posto di fronte alla dissoluzione della “prassi dell’utopia” (Scudero) e testimone di una famigerata fine delle ideologie.
È dedicato all’installazione al MLAC lo scritto di Irma Arestizabal, che analizza la messa in scena della rovina di ogni ideale, unita al vano tentativo di ricostruire un’immaginazione utopica: quella che, suo tempo, ispirò l’ivenzione di numerosi non-luoghi, Atlantide, La Città del Sole, Sforzinda, Utopia. Viana Conti la ridefinisce come “atopia”, mettendo in luce “una dimensione etica dell’estetica visivoacustica dell’opera” di Fontenla, e una costante elaborazione del sentimento di distanza e smarrimento che “la conduce e riconduce oltremare, nel percorso Buenos Aires-Roma, Roma-Buenos Aires”. Disinvolta postilla a questo excursus nell’opera di Inés Fontenla, Il titolo del testo: testo, di Augusto Pieroni, si autoseziona e autoritrae come vacuità, inutile pretesa di ricostituire un ordine ideale: vano esercizio che non riesce a spazzare la “polvere delle rovine”.
Emanuela Termine