A cura di Emanuele R.Meschini
Centro Documentazione Ricerca Artistica Luigi di Sarro, Roma, via Paolo Emilio 28
4-20 dicembre 2012
Con il patrocinio di: Istituto Giapponese di Cultura, Fondazione Italia-Giappone, Doozo Art Books & Sushi.
Questa demarcazione altro non è che il percorso della storia, la sua narrazione che, come ci insegna Arthur C. Danto, è giunta ormai al suo capolinea. Ed è in questo contesto di sostanziale afonicità della storia, che l’opera di Akiyama si inserisce. L’opera site-specific presentata al Centro Luigi Di Sarro, altro non è che un’intera camera di carta, una camera avvolta e per certi aspetti, mangiata dalla dimensione scultorea che la carta assume (4 “teli” di carta della dimensione di 7×4 metri ciascuno). L’ambiente dunque si auto-definisce grazie alla scultura che lo plasma ma qui il rapporto scultura-ambiente è declinato in chiave anti monumentale. Basta considerare come termine di paragone l’opera di un altro grande maestro giapponese come Itto Kuetani, per vedere esattamente la differenza tra le due operazioni. L’opera di Kuetani, come già notava Enrico Crispolti nel catalogo per la mostra che Kuetani tenne nel 1988 a Palazzo dei Diamanti a Ferrara, è volta essenzialmente al dialogo, questo perché la sua scultura, nella declinazione monumentale, si veda ad esempio Goccia di Sole (Fukuyama 1986), dialoga, parla con l’ambiente nel quale interviene, scaturisce da esso e ad esso si rivolge. L’opera di Akiyama invece, non prevede parole, e questo lo si evince dal fatto che la carta, supporto per eccellenza della parola scritta, diventa qui opera essa stessa. L’opera site-specific di Akiyama, diventa così la camera grado 0 della memoria perché da una parte, nel suo sottrarsi ad un ambiente esterno, perde la monumentalità storica e dall’altra perché diventa superficie inscrivibile. Dunque, siamo di fronte ad una doppia negazione, quella della storia passata e quella della storia futura.
Akiyama intrappola così il momento nella sua stasi più completa, elimina ogni orpello non funzionale a questa ricerca di azzeramento. Tale ricerca legata dunque ad un concetto di impossibilità storica o di sua sostanziale afonicità, ci presenta un monumento non tanto della memoria quanto della possibilità di alterazione storica. La superficie che ci offre Akiyama a questo livello non è ancora una superficie scrivibile, ma allo stesso tempo rappresenta il primo passo, la presa di coscienza, potremmo dire, della necessità di un’azione di riscrittura.
Creando pertanto una scultura che, pur essendo declinata su concetti quali Resistenza e Dimensione, fa della Leggerezza la sua caratteristica fisica principale, stiamo implicitamente ridefinendo il concetto di storia.




Dall’alto:
Nobushige Akiyama, Senza Titolo, 2012, Kozo e Gampi, m 4×7, Centro Luigi Di Sarro, foto Emanuele R. Meschini
Nobushige Akiyama, Senza Titolo, 2012, Kozo e Ganpi, m 4×7, Centro Luigi Di Sarro, foto Emanuele R. Meschini
Nobushige Akiyama, Forme del Vento, 2007, Kozo e Ganpi, m 10×10, foto Nobushighe Akiyama
Nobushige Akiyama, Forme del Vento (particolare), 2007, Kozo e Ganpi, m 10×10, foto Nobushige Akiyama