Reload

A cura di Gian Maria Tosatti

Ex Officine Automobilistiche

Via Arcangelo Ghisleri, 44

Dal 10 gennaio al 5 marzo 2011

www.reloadroma.com

L’utilizzo di spazi urbani e industriali dismessi per attività artistiche non è una pratica nuova nel panorama italiano. Basti ricordare alcuni casi come quello della Collezione Maramotti, di proprietà del fondatore della maison Max Mara, confinata negli spazi dell’ex fabbrica emiliana, o la Fondazione Merz, ospitata presso il vecchio stabilimento Lancia a Torino, o ancora la Fondazione Prada, i cui spazi espositivi sono ubicati all’interno di un’ex fabbrica alla periferia di Milano. Ma se in Italia tale pratica pare oramai una prassi consolidata e di successo in termini estetici, sociali, economici e paesaggistici, lo è ancor di più in ambito europeo e statunitense, dove ricordiamo ad esempio le esperienze di Tramway a Glasgow, già officina e deposito tram e di The Underbelly Project, in una vecchia stazione metro a New York.

Gli spazi dismessi pare dunque funzionino da catalizzatori e da ispiratori per progettualità e iniziative ad alto contenuto sperimentale. Le pratiche artistiche più contemporanee si fondono in maniera armonica con i luoghi industriali inattivi che, inevitabilmente, sono messaggeri di valori, significati e storie già conclusesi alle loro spalle. Spesso ci troviamo di fronte a luoghi fortemente evocativi e affascinanti in virtù della loro portata sociale e culturale, luoghi in cui gli artisti, forse più che nei musei realizzati secondo logiche razionali e minimali, trovano l’humus fertile per le loro ricerche e sperimentazioni.

Il discorso non si esaurisce all’interno delle possibilità puramente artistiche che vengono a generarsi dal disporre di spazi del genere, ma toccano anche aspetti di governance territoriale ed economici. La stragrande maggioranza di tali interventi nasce dall’iniziativa di soggetti privati: cittadini, artisti, imprese ed enti no profit che a vario titolo – e spesso con motivazioni differenti tra loro – scelgono la via del riuso di spazi obsoleti. Tali azioni risultano essere un tassello importante all’interno del sistema dell’arte nazionale e locale, offrendo uno strumento integrativo, se non addirittura sostitutivo, alle attività pubbliche. Il rischio che tali iniziative corrono è quello di esaurire il proprio ciclo vitale in tempi brevi perché non efficacemente supportate dalle Istituzioni che dovrebbero garantire loro un sostegno forte e partecipativo. In questa direzione, uno dei pochi strumenti a disposizione dello Stato diretto a incentivare l’investimento culturale, è stato il riconoscimento di alcune agevolazioni fiscali che risultano essere però meno vantaggiose rispetto a quanto avviene all’estero.

Se allora il processo di rivitalizzazione di spazi inoccupati non ci pare una sostanziale novità rispetto a quanto già accade, quali sono gli elementi di originalità avanzati del progetto Reload di Gian Maria Tosatti?

La carica, in questo caso, è quella classica delle pile zinco-carbone, è cioè volutamente limitata nel tempo. Il concetto di temporaneo è dunque uno dei punti cardine sul quale ruota Reload, che nasce dal desiderio dei proprietari di un’officina automobilistica di sfruttare gli spazi da tempo improduttivi per realizzare delle attività artistiche. L’officina della famiglia Rosati alla fine della programmazione trimestrale tornerà presumibilmente ad essere un luogo commerciale e di profitto, così come si auspicano i proprietari, pronti comunque alla vendita delle mura.

Reload si struttura in quattro macro progetti: Share, dedicato alle realtà no profit più attive sul territorio romano, che hanno a disposizione un ampio spazio dove realizzare le proprie ipotesi di progetto temporaneo; Tunnel, project-room dalla forte connotazione sperimentale, che vede protagonisti i curatori tra i più attivi nel panorama nazionale ancora non supportati dalle strutture museali; Perform, momento osmotico tra azioni comportamentali e pratiche figurative; e infine Windows, due tavole rotonde realizzate con i protagonisti istituzionali dell’arte contemporanea per analizzare gli anelli mancanti del sistema.

Vista la gran quantità e la serrata programmazione delle iniziative in essere fino a marzo (tra l’altro egregiamente descritte sul sito ufficiale www.reloadroma.com), ho deciso di dedicare maggiore spazio alla sezione della project-room, che in questa prima fase e stata affidata alle cure di Pietro Gaglianò con il suo “archivio itinerante”: The Wall (Archives). Gaglianò ha invitato amici, artisti, critici e curatori a riflettere sul concetto di muro proprio quando le celebrazioni sulla caduta di quello berlinese si sono oramai assopite. La sua non è una mostra ma un archivio di documenti con foto, video, testi e lavori realizzati riflettendo su ciò che il muro evoca. Solo per una settimana l’archivio è stato fotocopiato e incollato sui muri dell’officina per poi, com’è naturale che sia, essere trasferito su supporti cartacei e in digitale. L’archivio si sposterà anche a Firenze e a Bologna dove si arricchirà di nuovi contributi, per poi ritrovare collocazione nuovamente negli spazi dell’officina. In The Wall (Archives) troviamo il contributo di Cecilia Canziani, curatrice e critico d’arte che risponde all’invito di Gaglianò con un estratto del romanzo Trama d’infanzia di Christa Wolf e Gaetano Cunsolo che affida la sua riflessione a fotografie scattate durante lo sgombro di famiglie rom dall’ex Osmatex. Infine Filippo Berta, presente in archivio con Tutti i muri sono grandi, se il tetto non cade: l’attesa che il tetto venga giù, affinché poi possa finalmente crollare anche il muro, si trasforma in un desiderio ossessivo, un malessere che trova eco nella ripetizione in loop.

Gian Maria Tosatti, artista soltanto per l’occasione dedito alle pratiche curatoriali, paragona il suo progetto ad un motore ad idrogeno, un vero prototipo utilizzabile in qualsivoglia luogo sprovvisto temporaneamente di senso. Ecco che allora il progetto artistico rappresenta solo uno tra gli innumerevoli modi possibili a dar significato ad un non-luogo. La ricarica impressa alle Ex Officine Automobilistiche ha una connotazione culturale e artistica solo per un interesse dei proprietari e del progettista, ma si sarebbe potuta concretizzare in qualsivoglia attività: mercatino equo-solidale, centro sociale, asilo nido e così via. L’obiettivo di Reload non è dunque prettamente artistico, bensì politico ed economico: la sfida è quella di vivificare un territorio e passare da una condizione di stallo ad una di produttività, grazie alla concertazione di differenti risorse messe a disposizione dal sistema di attori coinvolti.

Partendo da una base non da poco, e certamente non concessa a tutti – come la possibilità di usufruire di uno spazio immenso come quello dell’officina Rosati – l’abilità di Tosatti è quella di coinvolgere in un comune progetto e a costo zero artisti, curatori ed enti no profit uniti dai medesimi bisogni, criticità ed interessi.

1.Spazio dedicato al progetto Tunnel

2 e 3. Spazio dedicato al progetto Share

4. Allestimento di The Wall

5. Il terrazzo delle ex Officine

6. Gli uffici delle ex Officine

Tutte le foto di Elettra Mallaby