Nicolas Bourriaud critico d’arte francese, classe 1965, ex direttore del Palais de Tokyo e direttore della rivista “Documents sur l’art”, studioso specializzato nell’arte degli ultimi decenni, ha individuato alcuni dei principali fenomeni dell’arte contemporanea, coniando le definizioni di concetti come: Estetica Relazionale, Post-produzione e, recentemente, Altermodernità.

Il termine Altermodernità si è andato configurando all’interno dei quattro incontri tenutisi tra 2008 e 2009 alla Tate Triennal. In realtà, Bourriaud usa per la prima volta tale termine nel 2005, all’interno del suo intervento esposto alla Conferenza dell’Art Association of Australia & New Zealand: «..l’Altermodernità è un movimento collegato alla creolizzazione delle culture e alla lotta per l’autonomia, ma anche alla possibilità di produrre singolarità, in un mondo sempre più standardizzato..» e potremmo aggiungere globalizzato.

In occasione della Tate Triennal, da lui curata (Tate, Londra, febbraio-aprile 2009), si sono andati definendo i quattro principi cardine del termine, da questo momento messo in circolo dalla critica: Altermodernità. Iniziamo analizzando punto per punto i principi individuati dai critici:

 

1. La fine del Postmoderno, l’Altermodernità.

Questo punto è introdotto dalla lettura del “Manifesto dell’Altermodernità”, intitolato dal Bourriaud Postmodernism is dead. Affiorano le motivazioni storiche, politiche ed economiche per cui, secondo il critico, l’arte contemporanea mette in moto una reazione nei confronti della standardizzazione coadiuvata dal Postmodernismo. A differenza di esso, l’Altermodernità non parla la lingua dell’occidente colonizzatore, ma è basata sulla traduzione, sulla sottotitolazione e sul doppiaggio.

 

2. Ibridazione culturale, gli esili.

Con l’aumento forzato o volontario dell’esilio o del nomadismo geografico e con la globalizzazione delle merci gli artisti tendono ormai a mettere in discussione le idee tradizionali di “origine” e d’immigrazione. Secondo Bourriaud il Postmodernismo ha mitizzato l’ “origine” leggendo il significato di un’opera d’arte in dipendenza al suo contesto sociale e alla sua produzione: «Cosa caratterizza meglio questo periodo che la mitizzazione delle origini?… La questione più urgente sembra essere “Da dove vieni?”». L’identificazione con il genere, l’etnia e l’orientamento sessuale, o la provenienza da una nazione, ha praticamente creato un sistema di significati che assegna agli individui una posizione nella gerarchia del sistema sociale, riducendo tutto il loro essere alla loro identità e alle loro origini. Così come il Postmodernismo, nell’era della globalizzazione, manifesta una preoccupazione nevrotica per le origini, l’Altermodernità supera questo pensiero, mettendo ormai da parte la discussione sulla diversità culturale, incentrando il suo interesse sul processo di mutazione del concetto di identità culturale, determinato dal nomadismo professionale vissuto dagli artisti. A questo nuovo pensiero viene connessa l’estetica dell’ “Heterochronia”, basata sulla miscelazione di molteplici esperienze del tempo. Le opere sono strutturate sulla composizione di elementi eterocronici, sono “Time-specific”, rispecchiano il nostro presente in cui si intrecciano temporalità e livelli di realtà differenti. Con il gioco anacronistico e la multi-temporalità lavorano gli artisti ospiti: Spartacus Chetwynd, Shezad Dawood, Olivia Plender, Peter Coffin, Matthew Darbyshire, Ruth Ewan, Tacita Dean, Joachim Koester e Navin Rawanchaikul.

 

3. Il Viaggio.

Bourriaud sostiene che lo spostamento è diventato metodo di rappresentazione, un nuovo mezzo per produrre forme. La forma dell’opera esprime quindi un percorso, un vagabondaggio, piuttosto che una percezione fissa spazio-temporale. Gli artisti contemporanei navigano tra diverse frontiere geografiche, molteplicità di simboli e diverse discipline. Osserva il critico: «L’arte contemporanea dà l’impressione di essersi eretta grazie ad un’immensa ondata di spostamenti, viaggi, traduzioni, migrazioni di oggetti e di esseri..».

 

A tale riguardo gli esempi, forniti a chiarificare l’essenza di tale categoria, si riferiscono al lavoro di alcuni artisti diventati “Homini-viator”. Nello specifico si parla di John Smith che, invitato alla Triennale, espone una serie di registrazioni video, effettuate in camere d’albergo di tutto il mondo, tra il 2001 e il 2007. Altro artista viaggiatore è Darren Almond che usa il suo lavoro per affrontare temi d’importanza globale sui luoghi che visita, comprese le loro implicazioni economiche, storiche ed ecologiche. La sua opera esamina spesso il significato dei punti di partenza e di arrivo, così come la distorsione del tempo dovuta al movimento. Le sue opere video si concentrano su luoghi remoti quali l’Antartide, l’Indonesia e la Russia, mentre le sue sculture si compongono di oggetti industriali reperiti in paesaggi urbani. Infine, interessante ricordare a tal proposito Chi Wallead Beshty, artista americano che realizza la serie di sculture FedEx, iniziata nel 2005. Le sculture riflettono i traumi inflitti da spedizioni multiple, in tutto il mondo, su scatole di vetro in continuo stato di cambiamento, dovuto al loro transito da paese a paese.

Altro lavoro simbolo di un altro tipo di viaggio, quello mentale, è promosso dalle ricerche del celebre esponente d’arte psichedelica degli anni ‘60, il tedesco Gustav Metzger, famoso per aver creato un software apposito capace di simulare le prime proiezioni di cristalli liquidi, e da Loris Gréaud, artista francese che trasmette allo spettatore i suoi vagabondaggi mentali trasformandoli in onde cerebrali, grazie da un’unità centrale di microvibratori che le converte in frequenze elettriche captabili dal pubblico.

 

 4. I formati di espansione dell’arte, le frontiere.

La cultura contemporanea, proclama Bourriaud, può essere descritta come un arcipelago di frammenti separati, collegati da circuiti insoliti, animati da una rete di interconnessioni tra isole di pensieri e forme.

Si pensi all’artista Shezad Dawood che crea un genere completamente nuovo di film attraverso l’impiego di mitologie colte, attinte dalla cultura sia orientale che occidentale, mescolando mitologia nordica con divinità indu e cowboy, ridisegnando i confini tra realtà e finzione.

Simon Starling, artista inglese che commissiona a tre ebanisti di tre città importanti le repliche della scrivania progettata da Francis Bacon, fonda i suoi progetti su una poetica dell’inutile circolarità e sul grande investimento, documentandone la rete di relazioni connesse alla fabbricazione dei suoi oggetti “artificiali”.

 

Questi quattro punti, discussi insieme a critici e teorici dell’arte come Okwi Enwezor e Jordi Vidal, sebbene dimostrino come Bourriad stia provando ad esplorare le trasformazioni che coinvolgono la produzione culturale in relazione al fenomeno della Globalizzazione, restano tutt’oggi ancora insufficientemente chiarificanti in relazione all’ipotesi teorica e alla definizione del termine Altermodernità. Inoltre risulta, a nostro parere, ancora abbastanza generica e labile la differenza stabilita tra Altermodernità a Postmoderno.

 


Dall’alto:

Walead Beshty, Fedex large Kraft Box FEDEX 330503, Standard Overnight, Los Angeles-Washington, DC Trk #79747/60286, April 3-6, 2009 Standard Overnight Washington DC-London Trk #323852740456, September 24-October 2, 2009 (Thomas Dane)

Gustav Metzger, Art is demolished to be recreated as sciente, Environment con proiezioni di cristalli liquidi (1998-99) Serpentine Gallery, Londra.

Simon Starling,Three White Desks, Installazione presso la Tate Triennial 2009.