Provare ad orientarsi lungo il percorso artistico di Alfio Bonanno significa cominciare un impegnativo viaggio attraverso la strada dei cos’è?, svoltare per la via dei come mai? e dei perché?, sino ad imboccare l’ampio e sconfinato viale del che significa?

L’incedere progressivo delle domande trova la propria ragion d’essere nello stupore provato dall’osservatore quando, ad un certo punto e senza preavviso, si imbatte nelle opere del nostro artista, le quali si sottraggono al meccanismo tanto di moda delle installazioni spettacolari e stupefacenti, per fare spazio a più sommesse costruzioni elementari, fatte di pietre e di rami, adagiate senza eccessivo clamore là dove non ci si aspetta di trovare l’Arte.

L’iter artistico e soprattutto personale di Alfio Bonanno è intessuto di continui rimandi all’ambiente naturale, palesandosi in tutte le sue differenti declinazioni. In questo senso, la sua idea di natura risulta essere piuttosto articolata ed eterogenea, in quanto stratificatasi attorno a diverse esperienze del naturale: dall’ambiente carnale ed istintivo del paese natale, ritmato dagli umori dell’Etna, alla natura selvaggia e minacciosa dell’Australia, conosciuta durante il periodo adolescenziale, sino al più rassicurante e quieto paesaggio Danese.

Considerate le premesse, la sua arte non poteva che essere intrisa di natura, finendo per consacrare Bonanno come uno dei massimi esponenti dell’Arte nella Natura, tendenza artistica internazionale formatasi negli Ottanta come diramazione della Land Art, orientata verso un intervento artistico dolce e attento ai valori antropologici e ambientali del paesaggio.

Diversamente dai tradizionali paesaggisti, Alfio Bonanno non intende offrire allo spettatore l’ennesima immagine della natura, al contrario è interessato a trasmettere il senso dell’esperienza vissuta a diretto contatto con l’ambiente, il quale diventa un tutt’uno con l’opera creata. L’atteggiamento messo in opera dall’artista rispetto al contesto naturale in cui è chiamato ad intervenire, è quello del rabdomante che accoglie dentro di sé i molteplici linguaggi della natura, per poi elaborarli e restituirli allo spettatore sotto forma di opere in cui l’elemento estetico finisce per confondersi con quello naturale, tanto da risultare indistinguibile. In questo senso, la conoscenza delle caratteristiche fisiche e antropologiche del sito è un momento fondamentale dell’esperienza creatrice, in quanto premessa alla realizzazione di un intervento che intende porsi in consonanza con il paesaggio, al fine di esaltare le proprietà di quest’ultimo piuttosto che il gesto dell’artista. Nell’ottica di un intervento in sintonia con il luogo, le opere risultano costituite esclusivamente di materiale trovato sul posto come rami, foglie, pietre, terra e alberi; vengono impiegate le risorse dei luoghi, i processi di crescita, i caratteri specifici del sito, i fenomeni spontanei e accidentali. Questo modo di procedere, fa si che tra opera e natura si determini una compenetrazione totalizzante, al punto da disorientare in certi casi lo spettatore. Quest’ultimo perde addirittura la capacità di distinguere tra l’opera realizzata dall’artista e l’intervento eseguito dalla stessa natura che, in diverse occasioni, finisce per intromettersi nell’intervento artistico rinnovandolo continuamente.

Nei primi lavori eseguiti in Danimarca a partire dagli anni Settanta, Bonanno ricorre all’uso della pietra, materiale apprezzato per la sua forza e resistenza e per essere elemento primordiale che congela nelle sue forme lo scorrere degli anni. In molti interventi, essa è recisa in due parti attraverso un’azione risoluta e violenta che l’artista imprime allo scopo di rivelare la storia contenuta nel fossile. Alla durezza della pietra, apparentemente priva di vita, l’artista affianca un elemento pieno di linfa, tenero e vivido quale l’albero, generando composizioni che rimandano ad un senso di equilibrio precario: metafora della vita umana continuamente in bilico tra gioia e dolore. In lavori successivi Bonanno impiega la tecnica della carbonizzazione della superficie del legno, così da rendere il materiale più resistente rispetto ai cambiamenti atmosferici. Attraverso il ricorso a questo tipo di attività, appresa osservando il lavoro dei contadini danesi, l’artista conferisce dignità estetica ad un sapere tecnico, legato alla manualità, acquisito mediante il recupero delle tecniche costruttive appartenenti al mondo artigianale e contadino, quali per esempio l’intreccio.

Molti degli interventi eseguiti da Bonanno svolgono una funzione sociale, in quanto strutture che funzionano come momento di incontro ed interazione tra i visitatori di un sito. È quello che avviene per esempio in Posto del Fuoco o nell’Arca di Amager del 2004, opere pensate come momento di sosta in cui la gente può prepararsi da mangiare o riscaldarsi.

Un altro motivo ricorrente nel lavoro di Alfio Bonanno è la realizzazione di strutture che funzionano come rifugio per animali. In questo caso l’artista ricorre all’intreccio di rami con cui crea forme che rimandano a dei nidi, i quali non sono custodi di significati reconditi o metaforici, più semplicemente cercano di offrire una soluzione concreta a determinati problemi ambientali, come per esempio garantire alle tartarughe un luogo tranquillo in cui deporre le uova. Allo stesso tempo, in quanto strutture chiuse e protettive, intendono agevolare la relazione tra individuo e ambiente naturale.

L’incontro tra arte e natura promosso dall’artista prende concretamente forma nel progetto di un parco di opere en plein air, TICKON (Tranekaer Internationale Center for Kunst og Natur) creato nel 1990 sull’isola danese di Langeland, in un’ampia area attorno al castello di Tranekaer.

TICKON, realizzato anche grazie alla generosità dell’attuale proprietario, il conte Ahlefeldt-Laurving, ha visto la partecipazione di numerosi artisti di fama internazionale che hanno disseminato i loro interventi di Arte e Natura lungo il sentiero del parco.

Le opere realizzate da Bonanno, oltre a disvelare le infinite potenzialità creative insite nella natura, propongono una spettacolare alternativa per l’arte, mediante la realizzazione di un progetto artistico che non rimane confinato nell’ambito dell’estetica, ma si inscrive perfettamente nella realtà, interrogando il nostro sentimento della natura, mettendo alla prova la nostra sensibilità e suggerendo un approccio meno distratto e più rispettoso nei confronti dell’ambiente naturale.

Dall’alto:

Alfio Bonanno, Granit Environment, Rudkøbing, Danimarca 1982.

Alfio Bonanno, Posto del Fuoco, Parco di Scultura ambientale Himmelhøj, Copenaghen, 2004.

Alfio Bonanno, Arca di Amager, Parco di Scultura ambientale Himmelhøj, Copenaghen 2004.

Alfio Bonanno, Natural Dialogue, South Carolina Botanical Garden, Clemson, USA, 1997.

Alfio Bonanno, Dalla Terra al Cielo, Sculture in the Parklands, Irlanda 2010.

Alfio Bonanno, Tra faggio ramato e Quercia, TICKON, Langeland, Danimarca 2001.