Tendenze estreme dell’arte,
da Varsavia l’ultima proposta: il cannibalismo di largo consumo. “Soddisfazione garantita” – questo lo slogan-marchio di fabbrica della giovane artista polacca Joanna Rajkowska. Le sue opere infatti sono autentici prodotti industriali. Comprendono tutta una gamma di specialità cosmetiche, vasetti di creme, unguenti, paste, boccette di profumi, oli ed essenze, ma pure una linea alimentare con vari tipi di bevande in lattina. Con una particolarità: per la fabbricazione di questi articoli, come si legge sulle relative tabelle, si sono utilizzate parti organiche della stessa Rajkowska. Che ora rinnova la sua sfida lanciando un nuovo auto-prodotto gastronomico destinato ai supermarket: bocconcini di donna surgelati. Il sacchetto è di plastica gialla, opportunamente sigillato per la migliore conservazione in freezer. Una scritta annuncia che contiene un preparato umano sotto forma di palline di donna dal particolare gusto salato. Su un lato della confezione, accanto ad immagini fotografiche che ben poco hanno a che vedere con una specialità alimentare (facce di sconosciuti, lo scorcio di un edificio, un cortile scalcinato, un corridoio), è specificato che gli ingredienti sono neuroni di Joanna Rajkowska impastati con acqua, sale, stabilizzanti, antiossidanti, insaporenti, conservanti e coloranti. Sull’altro lato una seconda tabella ammonisce invece sui possibili effetti collaterali, tra i quali solitudine, cinismo, desiderio improvviso di cambiare identità dalle 4 alle 6 del pomeriggio, ecc. Il prezzo è piuttosto modico: in euro fanno circa 8 per kg., più o meno quello dei petti di tacchino alla Coop.
Anche le creme di bellezza e le bibite della Rajkowska non sono costose. Nella sua mostra personale al Castello Ujazdowski, prestigioso museo di arte contemporanea di Varsavia, per l’allestimento dei suoi prodotti aveva trasformato le sale espositive in un grande spaccio, con un catalogo simile agli opuscoli pubblicitari diffusi dai grandi magazzini per il lancio di sconti e promozioni. I visitatori per esempio potevano acquistare per circa 5.50 euro un’elegante astuccio di sapone naturale fatto con il grasso dell’artista (anche qui delle controindicazioni: panico per la vita familiare e la tv, masturbazione), e per meno di 5 euro una lattina di “bevanda mentale” al gusto di pera, composta da pezzi di materia grigia e adatta a proteggere il consumatore dal senso d’inutilità. A cavallo tra gli inquietanti scenari di una società iper tecnologica mostratici dal “post-human” e le manipolazioni dei paradigmi della comunicazione di massa e della grande distribuzione, teorizzate dal “medialismo”, il lavoro della Rajkowska, ormai noto anche in Germania e in Svezia dopo due grandi mostre, si avvale delle stesse logiche e metodologie del mercato industriale per rappresentare in modo sensazionale la voracità indiscriminata che domina la civiltà dei consumi.
C’è solo da chiedere all’artista di che cosa siano veramente fatti i suoi prodotti. Ci sono davvero dei suoi pezzi organici lì dentro? Lei sorride e mi chiede a sua volta: “Sai cosa succede quando si preme il bottone d’avvio di una catena di produzione? Anche se vuoi fermarla subito, già sono uscite fuori più di 10.000 confezioni. Un po’ troppe per contenermi tutte, non ti pare?” “E allora – domando – questi bocconcini di donna?” “Buonissimi! – esclama Joanna – Consigliabili fritti o in umido. E sono pure già conditi!”

 

Dall’alto:

Joanna Rajkowska, Profumi, 2000

Joanna Rajkowska, Bocconcini di donna, 2001

Joanna Rajkowska, Bevande, 2000

Joanna Rajkowska, Bevande, 2000

Joanna Rajkowska, Frigo, 2000

Joanna Rajkowska, Bilbord, 2000