Le pareti sono bianche e levigate; il posto emana ancora storia recente di artisti e mostre. Siamo nella ex sede della galleria Sales. Adesso si chiama Extraspazio e c’è una mostra dal titolo Stalker. Space Experiences Archive. Le luci sono accese e vivide, siamo all’inaugurazione del “Mausoleo” di Stalker. Stalker è la sigla di questo mega ego collettivo che ha deciso di realizzare un contenitore che sia anche contenuto di sé, come ogni grande artista spera di fare, per eternare la sua memoria. Stalker espone e partecipa a mostre ma è più di un artista: è un Ente. Così gli eletti che hanno incontrato questo Stalker possono depositare i loro ricordi, come memorie deputate ai santini e noi potremo visitare “il luogo” riflettendo su tanta grazia di genio. Il Mausoleo raccoglierà anche oggetti: la giacca che indossavi quella sera quando hai stretto la mano a “X” Stalker, se puoi farne a meno, della giacca, o la carta su cui hai preso appunti per ricordarti il grande vento emotivo suscitato dalla visione di opere di “xn” Stalker. Adesso ci sono le borse di una linea Stalker realizzata da qualcuno che ha nome e cognome. Poi chissà.
Dico questo con alcune convinzioni: la prima è la coscienza che nel sistema dell’arte il mio metro di valutazione non ha alcun valore, poiché enunciato con spirito critico; la seconda convinzione consiste nell’aver esperito altre situazioni analoghe, aspramente rifiutate dal mio “spirito critico” e solidamente affermatesi ed acclamate; la terza convinzione consiste nel credere che il successo di una operazione artistica derivi dalla volontà di realizzarla. Qui ce n’ è. In sintesi: il Mausoleo di Stalker sarà attentamente seguito. Sarà a mio avviso un’attenzione effimera da bassa decadenza, espressione di una Roma standardizzata nei suoi credi ideologici e malata di autocelebrazione; sarà inoltre ancora di più la visibilità del carattere imperiale della cultura locale, avvinta nei suoi giochi per la dimostrazione della “supremazia intellettuale” vissuta nella finzione democratizzante dell’evento artistico; ma segnalerà la prepotenza dinamica di un sistema di valori fondato sulla riconoscibilità di “luoghi” estetici – case, oggetti etc.- su cui iscrivere il proprio nome: succede anche sui monumenti storici, ma qui c’è consapevolezza. Operazioni collettive di Stalker, mostre e tutto il resto, sono semplici contenitori situazionisti in cui far esperire piccoli frammenti di vita, come dice anche il titolo dell’operazione. La bolla antropologica che si viene a formare non è l’arte nel senso storico del termine ma una sorta di affezione sentimentale all’arte, forse dovuta alla sua sparizione, sostituita dal vissuto comune nell’idea di questa “cosa”. Il Mausoleo di Stalker farà diventare storia questa affezione sentimentale.
Scrivo animato dall’ambizione di far parte dell’autocelebrativo mondo di Stalker.
Riferimenti storici; la mostra di Art & Language a Documenta nel 1972; le opere di Ready Made Belongs to Everyone.