English version:

Note:

(1) Si riferisce alla esposizione delle opere della collezione peramente del Dia:Beacon, Riggio Galleries (Beacon, NY) – http://www.diabeacon.org

(2) CLUI, Up River: Man made sites of interest on the Hudson, from Battery to Troy, CLUI, NY, 2008.

(3) Principalmente si tratta di disegni, fotografie, video che documentano o interpretano i luoghi visitati.

(4) UP RIVER: Man made sites of interest n the Hudson, from Battery to Troy in mostra presso il Beacon Institute, Beacon, NY, may 9 – oct 4 2009.

Marie Lorenz, giovane artista newyorchese è oggi al termine della sua esperienza come borsista presso l’American Academy in Rome.
Di origini californiane, tornerà a vivere a New York, portandosi dietro un pezzo di Italia…
Il suo lavoro, la sua ricerca, partono dall’elemento base: l’acqua. Luogo eracliteo, che racchiude il divenire perpetuo e l’unicità; luogo di congiunzione tra paesi lontani, luogo di vita e luogo di storia. Il suo è infatti un lavoro che potrebbe definirsi una land art-narrativa, che dà luogo a degli insoliti diari di bordo attraverso video, scatti fotografici e intepretazioni tracciate con incisivi segni di carboncino su carta velina.
Marie Lorenz nel suo soggiorno a Roma è partita con la sua piccola barca (da lei costruita) dalla zona di Trastevere fino alla foce del Tevere ad Ostia, ritraendo questo viaggio verso il mare da un punto di vista insolito, ma storico di Roma.
(The inner sea, marzo-maggio 2009, Fig. 3
http://www.marielorenz.com/inprogress/?page_id=2007)
Colpisce infatti del suo lavoro questo legame tra la metropoli e il proprio sfondo; indicativo di un cambiamento generazionale, compiuto, rispetto alla concezione di paesaggio: un punto di vista che non ha difficoltà ad assumere il luogo urbano come luogo di architetture, di vita, di flussi, unitariamente agli aspetti naturali che lo compongono.

Daniela Voso: Nasci in California, ma vivi a New York. Dove ti sei formata?
Marie Lorenz: Ho studiato Tecniche di Stampa e grafica presso la Rhode Island School of Design (RI), e successivamente ho conseguito il Master Degree in Scultura presso la Yale School of Art (New Haven, CT).

D. V.: Sicuramente una metropoli come New York offre molti stimoli ad una giovane artista, e l’Hudson River interessanti spunti per chi, come te, lavora con l’acqua e con il paesaggio. Inoltre la città di New York è un luogo di importanza fondamentale per l’arte contemporanea ed ospita numerosi artisti importanti, tra cui Louise Bourgeois. Come ti poni rispetto a quest’artista, capace di riportare nei luoghi chiusi paesaggi e ambientazioni naturali, soggetti reali, umani o animali, spesso travisati e alterati, ma sempre fortemente evocativi? Esiste una continuità in questo processo di riproduzione del paesaggio?
M. L.: Riconosci una continuità con Louise Bourgeois in questa riproduzione del paesaggio? Io credo che ogni artista debba qualcosa a Louise. Penso che i miei disegni e le mie sculture all’aperto, del progetto Tide and Current Taxi (Fig 1–2 – http://www.marielorenz.com/tideandcurrenttaxi.php), possano essere accostate in parte ai suoi lavori, come forme di narrazione, naturali.
Posso dire che ciò che non apprezzo è tutta l’analisi sul tema dell’infanzia: mi sembra come se fosse proprio questo, ciò che il mondo dell’arte richiede ad un’artista donna, più di quanto non chieda ad un artista uomo, e infatti le artiste di maggiore successo si dedicano a queste tematiche, come Cindy Sherman o Sophie Calle.
Ho sempre amato i Sunday Salons di Louise Bourgeois. Ogni domenica, apre il suo studio per una sorta di gruppo critico. Può partecipare chiunque, basta portare un’opera su cui discutere. Mi piacciono questi inviti aperti che escludono i privilegi (fanno sì che nessuno appaia più importante di altri), e mi piace guardare il lavoro di Louise Bourgeois nel contesto in cui ha preso forma nel corso della sua carriera.
C’è una mostra molto grande al Dia Beacon di New York, con Richard Serra, Donald Judd, Robert Smithson: tutti i “grandi”di quella generazione (1). E al piano di sopra, come separata dagli altri lavori, c’è una stanza interamente dedicata alle sculture di Louise Bourgeois, e che ripercorre tutta la sua carriera. Il fatto è che non si adattava a nient’altro: non aveva alcuna relazione con nessuno degli altri lavori, e alcune sculture con difficoltà sembravano della stessa artista. È questo che mi piace di lei: il rifiuto di adattarsi alle tendenze in atto. Non conosco così tanto il suo lavoro per esporre con compiutezza gli aspetti che mi legano a lei, ma posso affermare che sì, mi interessa per queste idee sul paesaggio e sulla narrativa.

D.V.: Una volta parlando hai nominato Matthew Coolidge e il Center for Land Use Interpretation (http://www.clui.org/), un progetto che valorizza l’arte ambientale, in un’accezione contemporanea. Quali sono i tuoi rapporti con questo progetto? Ti senti più vicina a loro? Perché?
M.L.: Intendo il CLUI principalmente come un archivio fotografico, così come lo è il mio Tide and Current Taxi, ma dotato di un indirizzo specifico e narrativo che esprime un punto di vista.

D.V.: Il CLUI ha realizzato e pubblicato un libro, UP River: Man made sites of interest on the Hudson, from Battery to Troy (2), frutto di un progetto di ricognizione e valorizzazione delle sponde dell’Hudson. Hai partecipato anche tu?
M.L.: Questa è un’area dove sono stata con la mia barca. Ho anche viaggiato con Matthew Coolidge quando stava esplorando alcuni fiumi in New Jersey.
Osservare il modo in cui egli vede i paesaggi e viaggiare con lui mi ha fatto pensare che i nostri progetti sono simili, una sorta di ricerca o esplorazione per puro piacere. I dati che raccogliamo (3) non aggiungono necessariamente qualcosa di nuovo, è piuttosto uno spirito di collezione.

D.V.: Qual è la tua idea di land-art oggi? In che modo ritieni che sia cambiata?
M.L.: Quando mi chiedi questo vorrei dire: “Penso che la land-art sia sempre fotografia. La fotografia come il mezzo attraverso il quale l’arte pubblica assorbe maggiori informazioni”.
Ecco io penso che il CLUI faccia fondamentalmente un objet trouvé-land art. Nella stessa maniera in cui Duchamp trovò un orinatoio e ne fece una scultura, CLUI trova questi siti, li fotografa e ne espone le fotografie in mostra (4), trasformando disastri ambientali in arte. Si tratta di un approccio fortemente nichilista, ma allo stesso tempo politico e che esprime una certa sensibilità.

D.V.: Qual è la tua idea di estetica relazionale? Pensi che il tuo si possa definire un lavoro relazionale? Perché?
M.L.: L’estetica relazionale è per me uno spostamento delle attività quotidiane all’interno di un contesto istituzionale. Come Rirkrit Tiravanija che cucina cibo in un museo. Per un periodo è stato un mezzo per guardare le istituzioni sotto una luce più fresca. Sembrava improprio e fuori luogo e questo era il senso.
Credo che il mio lavoro possa essere considerato come un progetto relazionale perché è un’interazione diretta con lo spettatore. La differenza è nel fatto che non ha nulla a che vedere con le istituzioni. Grazie ad internet ho reso il museo non necessario. Le persone possono raggiungere l’arte in maniera più immediata. A volte quando le persone visitano il mio sito neanche si rendono conto che stanno guardando dell’arte.
Il fatto è che un’istituzione non può ospitare il Tide and Current Taxi. Per questioni di responsabilità, negli Stati Uniti, il progetto non può essere sostenuto in nessun modo. Anche se in principio non ne avevo intenzione, ho realizzato un progetto che deve, per sua stessa natura, vivere al di fuori dei confini delle istituzioni.

D.V.: Al termine di questo soggiorno romano, quali sono gli aspetti che porterai con te e che hanno cambiato la tua ricerca artistica?
M.L.: Il più grande cambiamento nel mio lavoro é stato il video che ho realizzato quando ho provato ad uscire con la mia barca in mare, ad Ostia Lido. Ho sistemato una piccola videocamera sulla prua della barca, e quando questa si è ribaltata ed ha iniziato ad affondare, ho rimosso la videocamera e ho iniziato a nuotare verso riva. La videocamera ha ripreso ogni cosa e mi sono ritrovata con una strana e magnifica immagine di sette minuti (Fig. 3 – http://www.marielorenz.com/inprogress/?p=2115).
È stato difficile per me considerare questo video come un’opera, perché non era ciò su cui avevo lavorato e che avevo programmato, secondo il modo in cui sono solita lavorare ai miei progetti. Ma nel momento in cui l’ho terminato, ho trovato che era una delle cose più avvincenti che avessi mai fatto.
Penso che sia stato un passo fondamentale per uscire dal modo consueto con cui faccio arte e lasciare che un enorme errore entrasse, per prendersi tutta la scena. Mi piacerebbe trovare altri metodi per inserire altri incidenti nelle mie opere, non in una maniera che possa essere pericolosa, ma inaspettata.

Luglio 2009
Traduzione di Daniela Voso

Dall’alto:

The Tide and Current Taxi, Photograph(from Blog), 2005, East River, New York City

The Tide and Current Taxi, Photograph (from Blog), 2007, New York Harbor, New York City

Vortex, 2009, Conte on Vellum, 20″ x 30″ (inches)

Waves, 2009, Conte on Vellum, 40″ x 60″ (inches)

All pictures courtesy of the artist