Nato a Bruzzano Zeffirio nel 1943, il Prof. Pasquale Celona è Presidente della Biennale Internazionale dell’Arte Contemporanea di Firenze.
L’incontro di Pasquale Celona con il mondo dell’arte contemporanea è avvenuto a partire dagli anni Settanta, dapprima in qualità di artista. La II Rassegna Internazionale di Pittura comune di Milano del 1975 (Milano, Castello Sforzesco) ha aperto la ricca e fertile attività espositiva. Già nel 1978 ha ricevuto il premio Leone d’Oro a Firenze. Dagli anni Ottanta ha integrato la sua attività artistica con quella di organizzatore, ideando nel 1986 il Salone Italiano Arte Contemporanea, all’interno del quale, nelle varie edizioni, sono state ospitate mostre culturali dedicate ai grandi maestri del ‘900 (tra cui Giorgio De Chirico, Virgilio Guidi, Amedeo Modigliani) e la Vetrina degli Artisti Contemporanei.
Ha fondato la Biennale di Firenze nel 1997, insieme a Piero Celona (direttore generale), con il preciso intento di concepire un evento in cui gli artisti non fossero valutati alla luce artificiale della “rappresentanza nazionale o internazionale”, prescindendo quindi da qualsiasi pregiudizio di stile, tema o scuola nella valutazione delle opere da esporre. L’impegno di Pasquale Celona ha portato la Biennale ad assumere anche un preciso ruolo di incontro tra culture; dal 2001 è infatti partner ufficiale del programma delle Nazioni Unite “Dialogo fra le Civiltà”.

Sito web della Biennale di Firenze
http://www.florence
biennale.org/

Serena Pisano: Siamo in vista dell’ottava edizione della Biennale di Firenze, che si terrà dal 3 al 11 dicembre 2011. Cosa è cambiato nel corso del tempo e quali sono le linee di continuità nelle edizioni che si sono succedute dal 1997?
Pasquale Celona: Numerose sono le variabili che concorrono nell’organizzare una nuova edizione della mostra. Rispetto alla prima edizione, organizzata nel 1997, ci sono stati cambiamenti nei membri della Giuria internazionale, nel Comitato scientifico internazionale, è cambiata la sede espositiva che dal Palazzo degli Affari è stata spostata alla Fortezza da Basso, è aumentato il numero degli Artisti partecipanti e il numero delle Nazioni da essi rappresentate.

S.P.: Cosa ci si può aspettare in particolare dalla prossima edizione?
P.C.: Nel corso delle varie edizioni il concetto organizzativo non è cambiato, ma il volume e la complessità del lavoro sono aumentati in maniera molto consistente. Come in tutte le edizioni, anche nella prossima cureremo in particolare l’aspetto culturale organizzando conferenze e dibattiti non solo sull’arte contemporanea e avremo ospiti di fama internazionale ai quali verrà assegnato il premio Lorenzo il Magnifico che rappresenta la massima onorificenza che la Biennale attribuisce a eminenti personaggi di assoluto prestigio che si sono distinti nell’arte contemporanea.

S.P.: Oltre ad essere il Presidente della Biennale di Firenze ed organizzatore di altre numerose esposizioni internazionali, lei è anche un artista affermato. Mi sembra che i suoi lavori perseguano un ideale di armonia e bellezza. Cosa pensa che sia rimasto dell’anelito al bello nell’arte di oggi?
P.C.: Se vogliamo prendere a riferimento le parole di Ulisse ai suoi compagni e ricordate da Dante nella Divina Commedia: “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza”, gli uomini per loro natura sono programmati per tendere alla perfezione e questa vocazione non può prescindere dall’amore per la bellezza, l’ordine e l’armonia delle cose, anche se poi il vissuto di ciascuno ne condiziona il finale destino. Così che mentre alcuni entrano nella storia per la grandezza del loro genio creativo volto all’arte, alla musica e alla poesia esprimendo l’anelito del bello, altri vengono ricordati per aver perseguito le loro idee, ritenendole giuste e insindacabili, con argomenti di violenza e di morte. Anche quest’ultimi, a loro modo, tendono ad un progetto di perfezione. L’arte contemporanea interpreta questi sentimenti e tende a rappresentarli all’interno di un ventaglio di esperienze che va dal figurativo all’astratto passando per l’arte informale, la pop art, la optical arte, l’arte cinetica e la digital art. La Biennale di Firenze ha rappresentato e rappresenta tutte le correnti e tendenze artistiche attraverso le partecipazioni di celebri artisti come David Hockney – Christo e Jeanne-Claude, Richard Anuszkiewicz, Gilbert & George, Marina Abramovic, Shu Yong e artisti meno noti a livello internazionale ma pur sempre di spiccate qualità innovative e di grande talento. L’anelito del bello è tuttora presente nel cuore di ogni artista contemporaneo ma è come la luce di un buco nero che non riesce a manifestarsi perché trattenuta dalla stessa forza di gravità della stella che la possiede.

S.P.: Quali sono i riferimenti artistici nello sviluppo del suo stile pittorico?
P.C.: Mi hanno sempre affascinato le opere dei grandi maestri. La mia è un’esperienza mentale che parte dagli antichi maestri dell’arte greco/romana e segue il suo viaggio nella storia dell’arte che si sviluppa nel corso dei secoli da Giotto a Picasso e fino ai giorni nostri. Sono stato molto attratto dagli Impressionisti e Postimpressionisti francesi, ma anche dalle metafisiche nature morte di Giorgio Morandi.

S.P.: Dal punto di vista privilegiato di Presidente della Biennale di Firenze, cosa pensa che stia accadendo di rilevante nell’arte contemporanea nazionale e internazionale?
P.C.: Il futuro dell’arte contemporanea italiana nei prossimi anni potrebbe subire una profonda crisi se non vi sarà un impegno reale verso la promozione dell’innovazione e della sperimentazione.
Una migliore scelta per la qualità, un crescente investimento sui giovani artisti possono aiutare a mutare la condizione di marginalità dell’Italia nello scenario artistico internazionale. All’Estero di solito le cose vanno meglio perché esistono numerose istituzioni che promuovono l’arte dei giovani artisti meritevoli.

S.P.: La Biennale si svolge all’interno della Fortezza da Basso: quali sono le motivazioni alla base di tale scelta logistica? Assume qualche significato in particolare?
P.C.: A pochi passi dalla Stazione Centrale di Santa Maria Novella, la Fortezza da Basso, uno dei più importanti monumenti medicei della città (fu infatti progettata da Antonio da Sangallo il Giovane nella prima metà del ‘500 su incarico di Alessandro de’ Medici) si offre come luogo ideale per convegni e fiere su una vastissima area di quasi 100.000 mq di cui 55.000 coperti e con una tipologia complessa di ambienti. La Biennale negli spazi della Fortezza ha trovato il suo ambiente storico artistico ideale.

S.P.: Stefano Francolini, direttore artistico della Biennale, ha detto che “l’occasione della Biennale è momento d’incontro fra gli artisti e fra diverse culture. La conoscenza è un elemento di dialogo molto forte”. Infatti, nel 2001 la Biennale di Firenze è stata inserita nel programma delle Nazioni Unite “Dialogo fra le Civiltà”, che è anche il tema assegnato alla rassegna del 2009, alla quale hanno partecipato artisti provenienti da tutto il mondo. Com’è nata la collaborazione con questo programma e quali finalità persegue?
P.C.: Nel 2001 le Nazioni Unite hanno riconosciuto la Biennale di Firenze come partner ufficiale nel loro programma “Dialogo fra le Civiltà”. Programma egregiamente svolto dalla Biennale che ha visto la partecipazione crescente di artisti provenienti da ogni parte del mondo. Diversi per tradizioni etniche, linguistiche e religiose, gli artisti hanno trovato attraverso l’arte un linguaggio comune, che ha permesso di comunicare i loro valori culturali in perfetta assonanza al pensiero espresso da Kofi Annan: “Io credo che il dialogo sia un’opportunità per le persone provenienti da diverse culture e tradizioni, di conoscersi meglio tra di loro, sia che vivano agli estremi opposti del mondo sia che vivano nella stessa strada. Gli artisti hanno un ruolo speciale da svolgere nella lotta per la pace. Gli artisti parlano non solo alla gente ma anche per la gente. L’arte è un’ arma contro l’ignoranza e l’odio ed è anche il rappresentante della coscienza umana. L’arte apre nuove porte per imparare e capire, per raggiungere la pace fra popolazioni e nazioni.”

S.P.: Già nei primi anni Novanta lei affermò che “l’Arte è l’arma più efficace a disposizione del genere umano per contrastare l’inciviltà e la barbarie”. Questo suo attribuire al fare artistico una valenza etica, come ha contribuito a dare alla Biennale i tratti che possiede?
P.C.: Gli artisti si incontrano nella Biennale non solo per confrontarsi sul loro lavoro, sulle tecniche e sulle loro esperienze creative ma per dare una tangibile testimonianza di quei sentimenti di fratellanza, pace e solidarietà che rappresentano la base fondamentale della convivenza civile tra i popoli. Questi risultati hanno sicuramente una valenza etica, intesa quest’ultima come ricerca nell’arte di gestire la propria libertà creativa nel rispetto della libertà degli altri.

S.P.: Alla Biennale “non esistono pregiudizi di stile, corrente, tecnica o tendenza artistica” e l’aspetto democratico è sottolineato anche dalla grande varietà di categorie ammesse: pittura, scultura, installazioni, performance, fotografia, arte digitale, new media art. Ritiene che mantenere questo assetto nel mondo dell’arte possa avere ripercussioni sul sociale?
P.C.: Un concetto mi sembra fondamentale e lo ribadisco in ogni occasione: l’arte è l’arma più efficace del genere umano per contrastare l’inciviltà e la barbarie. Là dove l’arte prende il sopravvento viene sottratto spazio al “caos”: L’arte riporta ordine nelle coscienze malate e cerca di opporsi agli istinti più deleteri della specie umana. Un’opera d’arte non esalta soltanto la fierezza del genio creativo ma anche la “vittoria del bene sul male”. Tutto questo sembra ovvio, ma allora perché il mondo è sempre in guerra? Potrà mai l’arte avere ripercussioni determinanti sul sociale? È dalla notte dei tempi che gli artisti esaltano la vita con le loro creazioni ma è anche dalla notte dei tempi che uomini potenti avidi e assetati di potere, re, imperatori, tiranni, oggi banchieri, comitati d’affari, gruppi multinazionali, spadroneggiano sul pianeta terra determinando distruzione e morte. E non si porti a pretesto l’alibi di un ideale superiore perché non può esistere alcun argomento di tipo etico, politico o religioso che giustifichi la distruzione anche di una sola irripetibile opera dell’umano ingegno. A maggior ragione non può esistere alcun argomento di tipo etico, politico e religioso che giustifichi il sacrificio di una sola vita umana. Ogni essere umano è lo specchio dell’universo, per cui, distruggere una sola vita è come distruggere l’intero universo. All’aberrante deviazione della coscienza a volte soggiogata da deliranti proclami di onnipotenza (condizioni tipiche dei tiranni, delle democrazie delle maggioranze che succhiano il sangue alle minoranze impotenti, e delle multinazionali che trafficano armi e petrodollari), cerca di contrapporsi l’abbraccio universale che l’arte offre a tutti gli uomini liberi senza pregiudizio di razza, lingua o religione.
Che la Biennale possa avere ripercussioni positive nel sociale è una nostra speranza; la Biennale cerca di raccontare la sua storia .
É la storia di una goccia d’acqua rimasta miracolosamente pura in questo pianeta che avanza ad occhi chiusi verso la catastrofe. Gli artisti e i poeti possono coniare una nuova parola d’ordine che rappresenti l’inizio di una inversione di tendenze. Le cose da fare le conoscono tutti: fermare l’avanzata del cemento, pianificare le nascite, operare non per la logica del profitto che distrugge le foreste e scioglie i ghiacciai con conseguenze disastrose sul clima e sul regolare ciclo delle stagioni, ma operare per migliorare le condizioni biologiche di tutti gli esseri viventi che vogliono solo respirare e vivere in questo nostro pianeta.

Dall’alto:
Particolare della copertina del catalogo della seconda edizione della Biennale di Firenze (1999)

Pasquale Celona, Vasi e Fiori, olio su tela, cm 40×50, 1984

Pasquale Celona, Vele, olio su tela, cm 40×30, 1984, particolare