Lunedì quattordici maggio si è inaugurata, presso la Galleria di Erica Fiorentini, la mostra di Emilio Isgrò, artista, poeta e drammaturgo attivo negli anni Sessanta con le prime esperienze di Poesia Visiva e protagonista nell’ambito delle Nuove Scritture e dell’Arte Concettuale.
È una mostra antologica con una selezione di diciotto lavori, a partire dai primissimi anni Settanta ad oggi, che propone l’evoluzione del concetto di cancellatura, centrale e sempre costante nei lavori di Isgrò come il continuo accostamento delle immagini alle parole.

Lo spazio espositivo immette lo spettatore in un piccolo ambiente dove, nelle pareti laterali, si fronteggiano due libri cancellati (1971 e 1974) e due quadri con particolari fotografati, rispettivamente di Giulio Andreotti (1973) e di Eugenio Montale (1973), ingranditi fino alla loro evanescenza, in un sottile equilibrio tra immagini e parole. Alle spalle dell’osservatore una delle Storie rosse (1977), serie di tele aventi come soggetti i protagonisti della rivoluzione. Qui il soggetto, Mao Tse-Tung, viene meno alla vista cancellato dal colore stesso, cosicchè la sua presenza diventa solo concettuale e rivelata dalla tela stessa che informa “Mao Tse-Tung (al centro) gioca nel rosso vestito di rosso”. Questo primo spazio si apre ad una sala più ampia con un’installazione (1971) composta da sette parti, sette varianti di pagine con brevi pensieri firmati Isgrò con nomi personali diversi. Nell’ultima variante il poeta visivo arriva ad una rinnegazione di sé “Dichiaro di non essere Emilio Isgrò” rivendicando la propria autonomia da identità conformanti. L’esposizione prosegue con due libri d’artista, Macchia di gennaio (1985) e Braccio (1991) dove al frammento di testo stampato si affianca l’elemento visivo reiterato nei titoli. Qui centrale è l’atto della creazione (sui rispettivi libri: “Dio nostro Signore crea questa macchia oggi 3 gennaio 1988” e “Dio nostro Signore crea questo braccio, ma non riesce a muoverlo”); Dio, come l’artista genera, ma la sua opera è cosa indipendente da sé e non può controllarne gli effetti come vorrebbe.

Ancora è presente una delle sue ultimissime Cartine geografiche (2007) , dove i nomi delle varie località sono regolarmente cancellati a favore di particolari luoghi simbolici e significativi. Al centro della sala Seme d’arancia (2007) una grande scultura in fiberglass, componibile. Si tratta di una delle sue Installazioni liriche in ricordo della terra natia, la Sicilia, che rimane sempre principale stimolo dei suoi lavori. Eseguita in tufo (la pietra degli antichi templi della Magna Grecia), resina e scorie vulcaniche, con le sue forme indefinite e morbide, l’opera contrasta con la linearità delle Cancellature.

Anche il colore pastello mal collima con i neri, i rossi e i gialli più incisivi delle altre realizzazioni presenti in sala. La composizione contiene al suo interno anche una variante dell’opera Castore e Polluce (2007).
L’esposizione esplica, in maniera esemplare, il continuo rimando della parola all’immagine che l’artista adotta in tutti i suoi lavori contrapponendo libri d’artista alle immagini fotografiche, ma anche accostando le fotografie a frasi, enigmi, che si fanno ulteriori spiegazioni del concetto per la piena comprensione dell’opera. Nelle sue Cancellature l’artista interviene sia nel testo che nell’immagine eliminando manualmente alcune parti. Nei libri incorniciati e protetti all’interno di vetrine, come simulacri del sapere, cancella tutte le parole con tratteggi neri, lasciando leggibili solo piccoli frammenti di frasi. Troppe parole concorrono alla trasmissione di un messaggio, secondo Emilio Isgrò, che invece lancia schegge di pensiero più incisive. Nelle tele risaltano piccoli particolari di fotografie ingranditi fino a risultare indecifrabili; la loro origine è riferita nelle frasi che l’artista affianca all’immagine e che sono anche titoli delle opere: Eugenio Montale: particola del dito indice della mano (1973); Giulio Andreotti particolare ingrandito 229 volte (1973).

Con la cancellazione Isgrò fa interagire i sistemi di comunicazione. Accostando immagini e parole, non solo unisce il momento della pura percezione visiva con l’elemento linguistico, ma stimola una seconda lettura dell’opera che va al di là dell’immediato impatto estetico, producendo una riflessione ideologica ed interpretativa del soggetto.

Dimostra così come solo un parziale azzeramento del reale è necessario a porre l’accento su singoli elementi detentori di senso. È utile distruggere l’inutile per far emergere l’essenziale. Cancella solo in apparenza i copiosi libri della sapienza umana; togliendo l’inutile ricostruisce la storia con concetti sostanziali. È un gesto paradossale di distruzione e ricostruzione; cancellando in realtà non fa altro che evidenziare parti come piccoli lumi nel nulla, cellule di nuova vita.

ISGRÒ
1971/2007, Galleria Erica Fiorenini Arte Contemporanea, via Margutta, 17

14 maggio – 21 settembre 2007

Dall’alto:

Emilio Isgrò, Catania, 2007, Acrilico, tela, legno, cm 60×80

Emilio Isgrò, Libro Cancellato,1971, Box, legno e plexiglass, cm 45,5×60,5

Emilio Isgrò, Giulio Andreotti: particolare ingrandito 229 volte, 1973, Tela emulsionata, cm 58,5×47,5