Jeff Wall. Actuality

PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano

19 marzo – 9 giugno 2013

A cura di Francesco Bonami

Catalogo Electa

La mostra che il PAC di Milano dedica a Jeff Wall è un’occasione per attraversare non solo l’opera del fotografo canadese ma per ripercorrere alcune delle grandi tematiche legate al linguaggio fotografico: la sua (presunta?) aderenza al reale, il suo rapporto con la pittura, la sua capacità di portare l’attenzione su elementi ed eventi che altrimenti non avrebbero alcuna importanza.

A partire dalla fine degli anni Settanta, in pieno clima post-concettuale, Wall ha combinato questi aspetti in una ricerca originale, che ha trovato nell’uso del lightbox un elemento distintivo. Affrontando temi e soggetti diversi, dalla cultura giovanile (la mostra si apre con Band & Crowd, con a seguire la celebre In front of a nightclub), alla violenza, spesso solo evocata e filtrata attraverso riferimenti alla storia dell’arte (Bloodstained garment), fino ad arrivare ai brulli paesaggi siciliani (Hillside, Sicily, November 2007, Hillside near Ragusa), Wall utilizza la fotografia per raccontare le molteplici sfaccettature del contemporaneo, guardando però al passato nella costruzione e composizione formale. Basti vedere la serie Diagonal composition, una sequenza di anonimi brani estrapolati da interni domestici nei quali tuttavia emerge la forza dell’angolo come retaggio costruttivista e poi minimalista, rivelando una costruzione dell’immagine che è ben lontana dalla street photography e nella quale la pulizia della composizione contrasta con lo “sporco” dei soggetti.

Anche le immagini apparentemente “trovate” (residui di cibo, buchi nel muro, il già citato panno insanguinato di Bloodstained garment) sono frutto di studi e prove, un procedimento che, insieme alla luce dei lightbox, contribuisce ad attribuire un valore all’insignificante nascosto con cui si ha a che fare ogni giorno. Quella di Wall è spesso una visione sul basso, in senso metaforico (la bassezza di Bataille, da cui il concetto di informe) e letterale, in quanto l’obiettivo sembra rivolto nella maggior parte dei casi proprio verso ciò che si trova per terra. Altro modo attraverso il quale Wall dà valore alle piccole cose è il gioco di sguardi che viene a crearsi tra i soggetti che compaiono nei suoi scatti, spesso concentrati su un unico particolare che diventa il centro della scena  (A woman consulting a catalogue).

Tuttavia, gli scatti più riusciti sono forse quelli in grado di evocare una situazione altra, che esce fuori dal frame  e costringe a chiedersi cosa sia successo immediatamente prima: Insomnia del 1994 e Morning Cleaning, Mies van der Rohe Foundation, Barcelona del 1999 sono racconti che implicano un prolungamento nel tempo e nello spazio, assumendo un ché di visionario che allontana l’impressione di un’immagine chiusa e autoreferenziale.  

E ancora, tronchi di alberi che divengono forme astratte e materiche (Shapes on a tree), merce posizionata ordinatamente nelle vetrine di negozi (Shop window, Florist’s shop window), momenti catturati per strada (Figures on a sidewalk): tutto ciò rientra nell’universo di Jeff Wall e rende il suo lavoro sempre diverso, esplorabile da tanti punti di vista così come la realtà che l’artista ha deciso di raccontare.

Dall’alto:

In front of a nightclub, 2006, lightbox, 226 x 361 cm. Courtesy dell’artista

Diagonal Composition, 1993, lightbox, 40 x 46 cm. Courtesy dell’artista

Clipped Branches, E. Cordova St., Vancouver, 1999, lightbox, 71.8 x 89 cm. Courtesy dell’artista

Insomnia, 1994, lightbox, 172 x 213.5 cm. Courtesy dell’artista

Mimic, 1982, lightbox, 198 x 228.5 cm. Courtesy dell’artista

Morning Cleaning, Mies van der Rohe Foundation, Barcelona, 1999, lightbox, 187 x 351 cm. Courtesy dell’artista