Open#5

Solomon Cason / Andrea Castello / Max Chicco / Alisia Cruciani & Francesco Piva / Alisia Cruciani & Francesco Piva / Alessandro Dus / Leo Franceschi / Caterina Morigi / Oliva e Tibollo / Licia Perna & Annalisa Alesiani / Elisabetta Raminella / Simona Rapello / Giordano Rizzardi / Filippo Rizzonelli / ZEROZAK / Elisa Zurlo

27 febbraio – 7 aprile

dal giovedì alla domenica dalle 15.00 alle 19.00

S.a.L.E. Docks – Magazzini del Sale, Dorsoduro 265, Venezia

www.saledocks.org

So che non sarò creduto / eppure canta / il sale canta

Pablo Neruda

 

C’è a Venezia, nel sestiere Dorsoduro, dopo la Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, un grande ingresso che è soglia dello spazio gestito dal collettivo S.a.L.E. Docks, una realtà indipendente per cui il processo inventivo emerge come azione collettiva e condivisa. Articolandosi come laboratorio mutevole fin dal 2007, anno della sua nascita, S.a.L.E. risponde alla necessità di ripensare le dinamiche della progettazione culturale e accoglie il bisogno di ricomporre le relazioni con il territorio “che ci abita”. In questi anni workshop e mostre si sono succeduti a incontri e iniziative teatrali e sceniche, inserendosi in un percorso partecipato che sin dall’inizio si è proposto come possibilità di consapevolezza e azione critica nei confronti di un sistema dell’arte contemporanea “bulimico” nel suo procedere, teso nell’utopia di possedere il tutto e insieme rinnegarlo. Una risposta ad una fascinazione dell’orrore e della bellezza che, come nelle parole di Jean Clair, assimila “la gente che una volta si accalcava in place de Grève per assistere allo ‘spettacolo’ dei supplizi” e quella “che oggi si ammassa davanti allo ‘spettacolo’ di opere di cui in genere non conosce né il senso né lo scopo”.

Spogliando dunque Venezia dall’identità di vetrina culturale, l’attività del collettivo – che ha sede negli Ex Magazzini del Sale – ne fa dimora di un’azione interstiziale la quale, senza istituire dei “contro”, propone dei “tra”. È in questa direzione che possiamo leggere il progetto Re-Biennale – volto al recupero e al rimontaggio di materiali dell’Esposizione Internazionale d’Arte – e la sesta edizione di Open, mostra che quest’anno ha coinvolto artisti e curatori, allestitori e organizzatori, studenti e giovani critici organizzati in tavoli di lavoro e impegnati nell’elaborazione di un modello orizzontale di produzione dell’evento. Un’iniziativa che interpreta l’atto espositivo come tappa di un processo che si fa protagonista e modello declinabile per situazioni e necessità molteplici e che prosegue il suo sviluppo con Inch(i)estati, indagine aperta, sia teorica sia pratica, che prenderà forma nei prossimi mesi per entrare nelle maglie dei sistemi, delle organizzazioni e delle istituzioni che dettano i meccanismi del fare arte.

Sono sedici le opere dei giovani artisti che, evocando immagini e parole, paesaggi e situazioni, lasciano succedersi in Open#5 ambienti, video, stampe fotografiche, carte e oggetti in un luogo che diviene racconto e percorso che ripensa la storia e l’esperienza dell’individuo sotto un concetto/simbolo guida che è quello di Re.Co.Cò – Re.lazione-Co.llettivo-Co.mune.

L’opera nasce forse soltanto dalla contingenza, e la contingenza – dal verbo latino contingere – evoca una congiuntura, un essere in contatto e un toccare in sorte. Le azioni di ZEROZAK per Strike the art!, ergendosi “in piedi sull’attimo” narrano della funzione riparatrice dell’arte. Una comune sedia posta di fronte ad una galleria veneziana, la rimedializzazione della poesia dada e l’immagine di una nave da crociera che si nasconde in una veduta del Canaletto riflettono sì sulla fruizione e sul modo di relazionarci all’opera cosiddetta “d’arte” ma sembrano voler ricordare che, analogamente all’espressione di Benjamin, “occorre destarsi nel presente”, esorcizzare timori e definizioni, sapendosi indignare per sé e per gli altri.

E mentre, tra gli artisti, Licia Perna e Annalisa Alesiani chiamano alla partecipazione lo spettatore mettendo in scena personaggi al limite tra meccanicità, fiaba e realtà, Alessandro Dus in Posto Letto invita a un coinvolgimento che da ambientale vuole diventare concettuale e la coppia Alisia Cruciani/Francesco Piva attinge al suono per dar voce a desideri e bisogni di una cittadinanza forse nascosta agli occhi dei turisti che affollano Venezia.

E ancora vari i riferimenti che potrebbero sorgere dall’uso di un elemento come l’acqua in Solomon Cason, dalla questione della duplicazione nel video di Max Chicco e dalle mutazioni che Giordano Rizzardi realizza manipolando l’immagine fotografica con il computer.

Opere e scelte eterogenee che in ogni modo pongono l’accoglienza e l’appartenenza al centro della propria ricerca. Due qualità che innanzitutto mi paiono dover essere scorte nell’alterità che ci appartiene per poi essere in qualche modo tradotte – e la traduzione etimologicamente sottintende un tradimento – all’esterno. In quest’ordine dunque il fare arte e poesia assumono una dimensione critica nel riconoscere l’impossibilità di dettare un giudizio – in quanto non esistono paradigmi universalmente validi – e nel lasciar parlare le differenze e le voci attorno a un’opera. È in questa direzione che leggo le azioni del S.a.L.E. e il loro tentativo di frapporsi a un certo sistema e accademismo che fa dei cosiddetti “beni culturali” delle reliquie mute.

Una presenza, quella del collettivo ai Magazzini, che ci interroga e che respira e condivide con quei granuli di sale, cui possiamo appropriarci con un dito sui suoi muri, un’esistenza “pura, bianca, immacolata e incorruttibile, apparentemente irriducibile ad altri elementi costitutivi, indispensabile all’essere vivente considerata come l’essenza delle cose in generale, la quintessenza della vita e l’anima stessa del corpo” (Ernest Jones).

Dall’alto:

ZEROZAK, fronte flyer per Strike the Art! #3. Courtesy l’artista.

ZEROZAK, retro flyer per Strike the Art! #3. Courtesy l’artista.

Licia Perna e Annalisa Alesiani, still dal video Darma, the drama doll; montaggio a cura di Fabio Caccuri e musica di Lorenzo Manganaro. Courtesy le artiste.

Veduta della mostra Open#5, Magazzini del Sale, Venezia. Courtesy Fabiola Fiocco.

ZEROZAK, veduta dell’installazione per Strike the Art!. Courtesy l’artista.