Loris Cecchini – Solidsky
Dal 06/06/2010 al 04/09/2010
Galleria Continua,
San Gimignano
Via del Castello 11, 53037
San Gimignano (SI)
Tel. +39 0577 943134
www.galleriacontinua.com
L’esposizione di Loris Cecchini (Milano, 1969) alla Galleria Continua di San Gimignano mostra come l’ormai quindicennale attività dell’artista possa essere compresa come un corpus unico, seppure attraverso la specificità delle singole serie di lavori. La caratterizzante pluralità di materiali e la curiosità nei confronti di una molteplicità di tecniche si configurano sempre di più all’interno di un percorso coerente ed organico nel quale possono muoversi i significati dei lavori.
In Solidsky ritroviamo infatti i tratti distintivi del fare artistico di Cecchini che possono essere sintetizzati almeno in tre punti salienti: una forma di ossessione riguardo a ciò che intendiamo per reale (ossessione che in questi ultimi lavori acquista sfumature meno negative), la dialettica costante tra natura e artificio, un continuo confrontarsi con problematiche progettuali nuove e diverse.
Si potrebbe procedere a ritroso e considerare come il progettare stesso rappresenti per l’artista uno dei punti di partenza. Prima dell’opera e dell’oggetto in sé vi è una vera e propria vocazione per il progetto. Non a caso trovano spazio in Cecchini diverse tipologie di opere quali foto-assemblaggi, disegni, collage, sculture, strutture architettoniche, sino ad arrivare a un più recente sistema interattivo, presentato proprio all’interno di Solidsky. Il progettare stesso emerge come idea ed ideale dell’opera compiuta. Si considerino la nuova serie The Arbitrary rules, dove righelli, compassi e strumenti per la misurazione rappresentano una tensione simbolica verso il costruire, lo strutturare, il progettare. Modelli e progetti per opere da realizzare sono intesi sempre con un carattere di finitezza che li differenzia e li rende già opere compiute. La passione per il costruire ben si adatta anche agli sconfinamenti e alle suggestioni che Cecchini riceve da altri ambiti disciplinari, innanzitutto l’architettura, come ben attestano i Rainbow trusses.
Tuttavia, questa propensione all’artificio – a ciò che si distingue dalla natura in quanto prodotto realizzato dall’uomo – non diviene mai fine esclusivo dell’opera, ma va considerato come un mezzo per scoprire una tecnologia ancor più perfetta, che è quella della natura. Così si spiegano tutti gli elementi naturali come i coralli, gli elementi marini, la sabbia, i quali non fanno da contorno all’artificio, ma si collocano in quella dimensione armonica che Cecchini ricerca e considera sempre come centrale. Infatti, l’equilibrio tra i due termini – natura e artificio – rimane sempre cruciale.
Cristal engineering in self-assembly networks è un’opera in tal senso paradigmatica. La visione in lontananza del lavoro nasconde la materialità tecnologica di cui è costituita, tanto da lasciare spazio a un’immagine di un grande corallo marino simile a quelli che Cecchini inscatola nei Rainbow trusses; al contrario, avvicinandosi all’opera, si avverte sempre di più come l’aspetto naturale lasci il posto a quello tecnologico. Ecco che la tecnologia non è sentita come un fine, ma come un mezzo per scoprirne una più antica, quella della natura, che si cela e rimane sempre come riferimento e premessa necessaria di ogni attività umana. Così sembra affermare lo stesso Cecchini: più le ricerche e le scoperte tecnologiche si addentrano in ambiti inesplorati, più si scopre la complessità e un’incomprensibilità di fondo della tecnologia della natura.
Infine vi è un terzo aspetto che ricorre nell’esposizione: il rapporto con il reale, che negli ultimi lavori sembra rivelarsi più pacificato. Infatti, durante la fase degli Stage evidence, dei Gaps o dei primi foto-assemblaggi emergeva un atteggiamento più nichilista nei confronti del reale, o meglio nei confronti di ciò che rimaneva di un reale mostrato e sentito come completamente depotenziato, privo di concretezza, indecifrabile. Il riferimento a filosofi come Baudrillard e Virilio che hanno affrontato la problematica di un moderno rapporto con una realtà oggettiva sempre più fagocitata da una realtà simulacrale, sembra essere meno presente in questi ultimi lavori. È come se in Cecchini vi sia un atteggiamento più positivo nei confronti di un reale che non è espresso nella sua fantasmaticità quanto attraverso una forma di curiosità più propositiva e meno nichilista, che invita a vederlo come un qualcosa che possiamo e dobbiamo ancora provare ad abitare, anche attraverso una tecnologia che rischia di diventare ingombrante rispetto al mondo naturale.

 

 

Dall’alto:

Loris Cecchini

Crystal engineering in self-assembly networks, 2009, acciaio cromato, dimensioni variabili.
Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin

Gaps (airborne), 2010, resina poliestere, pittura, 150 x 150 x 5 cm
Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin

The Arbitrary rules (landscape diagrams with a tree), 2010, plexiglas inciso, smalto, colore ad olio, acciaio, 95 x 200 x 7 cm
Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin

The Rainbow trusses (studio suggestions creatures III), 2010, policarbonato protetto UV, Optical lighting film, scatole in PETG termoformato, acciaio, 190 x 127 x 38 cm.
Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin