Dal 06/06/2010 al 04/09/2010
Galleria Continua,
San Gimignano
Via del Castello 11, 53037
San Gimignano (SI)
Tel. +39 0577 943134
www.galleriacontinua.com
In Solidsky ritroviamo infatti i tratti distintivi del fare artistico di Cecchini che possono essere sintetizzati almeno in tre punti salienti: una forma di ossessione riguardo a ciò che intendiamo per reale (ossessione che in questi ultimi lavori acquista sfumature meno negative), la dialettica costante tra natura e artificio, un continuo confrontarsi con problematiche progettuali nuove e diverse.
Si potrebbe procedere a ritroso e considerare come il progettare stesso rappresenti per l’artista uno dei punti di partenza. Prima dell’opera e dell’oggetto in sé vi è una vera e propria vocazione per il progetto. Non a caso trovano spazio in Cecchini diverse tipologie di opere quali foto-assemblaggi, disegni, collage, sculture, strutture architettoniche, sino ad arrivare a un più recente sistema interattivo, presentato proprio all’interno di Solidsky. Il progettare stesso emerge come idea ed ideale dell’opera compiuta. Si considerino la nuova serie The Arbitrary rules, dove righelli, compassi e strumenti per la misurazione rappresentano una tensione simbolica verso il costruire, lo strutturare, il progettare. Modelli e progetti per opere da realizzare sono intesi sempre con un carattere di finitezza che li differenzia e li rende già opere compiute. La passione per il costruire ben si adatta anche agli sconfinamenti e alle suggestioni che Cecchini riceve da altri ambiti disciplinari, innanzitutto l’architettura, come ben attestano i Rainbow trusses.
Tuttavia, questa propensione all’artificio – a ciò che si distingue dalla natura in quanto prodotto realizzato dall’uomo – non diviene mai fine esclusivo dell’opera, ma va considerato come un mezzo per scoprire una tecnologia ancor più perfetta, che è quella della natura. Così si spiegano tutti gli elementi naturali come i coralli, gli elementi marini, la sabbia, i quali non fanno da contorno all’artificio, ma si collocano in quella dimensione armonica che Cecchini ricerca e considera sempre come centrale. Infatti, l’equilibrio tra i due termini – natura e artificio – rimane sempre cruciale.
Cristal engineering in self-assembly networks è un’opera in tal senso paradigmatica. La visione in lontananza del lavoro nasconde la materialità tecnologica di cui è costituita, tanto da lasciare spazio a un’immagine di un grande corallo marino simile a quelli che Cecchini inscatola nei Rainbow trusses; al contrario, avvicinandosi all’opera, si avverte sempre di più come l’aspetto naturale lasci il posto a quello tecnologico. Ecco che la tecnologia non è sentita come un fine, ma come un mezzo per scoprirne una più antica, quella della natura, che si cela e rimane sempre come riferimento e premessa necessaria di ogni attività umana. Così sembra affermare lo stesso Cecchini: più le ricerche e le scoperte tecnologiche si addentrano in ambiti inesplorati, più si scopre la complessità e un’incomprensibilità di fondo della tecnologia della natura.
Infine vi è un terzo aspetto che ricorre nell’esposizione: il rapporto con il reale, che negli ultimi lavori sembra rivelarsi più pacificato. Infatti, durante la fase degli Stage evidence, dei Gaps o dei primi foto-assemblaggi emergeva un atteggiamento più nichilista nei confronti del reale, o meglio nei confronti di ciò che rimaneva di un reale mostrato e sentito come completamente depotenziato, privo di concretezza, indecifrabile. Il riferimento a filosofi come Baudrillard e Virilio che hanno affrontato la problematica di un moderno rapporto con una realtà oggettiva sempre più fagocitata da una realtà simulacrale, sembra essere meno presente in questi ultimi lavori. È come se in Cecchini vi sia un atteggiamento più positivo nei confronti di un reale che non è espresso nella sua fantasmaticità quanto attraverso una forma di curiosità più propositiva e meno nichilista, che invita a vederlo come un qualcosa che possiamo e dobbiamo ancora provare ad abitare, anche attraverso una tecnologia che rischia di diventare ingombrante rispetto al mondo naturale.
Dall’alto:
Loris Cecchini
Crystal engineering in self-assembly networks, 2009, acciaio cromato, dimensioni variabili.
Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin
Gaps (airborne), 2010, resina poliestere, pittura, 150 x 150 x 5 cm
Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin
The Arbitrary rules (landscape diagrams with a tree), 2010, plexiglas inciso, smalto, colore ad olio, acciaio, 95 x 200 x 7 cm
Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin
The Rainbow trusses (studio suggestions creatures III), 2010, policarbonato protetto UV, Optical lighting film, scatole in PETG termoformato, acciaio, 190 x 127 x 38 cm.
Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin