Louise Bourgeois per Capodimonte
Napoli, Museo di Capodimonte 
18 ottobre 2008 – 25 gennaio 2009 
www.museo-capodimonte.it

 

È l’enorme ragno Maman ad accogliere i visitatori nei cortili della Reggia di Capodimonte. Ed è la sua presenza minacciosa ed affascinante ad introdurre alla prima mostra in Italia dedicata all’artista franco-americana Louise Bourgeois, la cui opera attraversa più di mezzo secolo mostrandosi in una infinita varietà di mezzi espressivi.

Già installato nella Turbine Hall della Tate Modern londinese, lo Spider di oltre nove metri si fa traccia ideale del percorso biografico della Bourgeois, segnato da sofferti rapporti familiari e da una formazione cominciata in giovane età tra restauratori di arazzi. Il cucire è infatti uno dei procedimenti adoperati più di frequente dall’artista, dalle Teste alle sculture sospese. Ma è anche il riferimento più immediato al mito di Aracne, al tessere come attività propria di quei ragni installati dalla Bourgeois nelle più importanti città del mondo. “Il ragno è un’ode a mia madre” dice l’artista, alludendo così alla sua funzione protettiva oltre che alla possibilità di rimanere intrappolati in uno scomodo e condizionante rapporto con la propria genitrice.

La dicotomia tra ciò che affascina ma al tempo stesso spaventa è solo una delle varie coppie oppositive rintracciabili lungo tutto il percorso espositivo: geometria e libero farsi delle forme, materiali freddi e caldi, sensualità femminile e simboli fallici. Senza tener conto dell’opposizione/dialogo su cui si è voluta costruire l’intera mostra: antico e contemporaneo, costretti a convivere in uno spazio che spesso penalizza uno e l’altro. È solo nella Sala Causa che lo spettatore ha la vera possibilità di trovarsi a tu per tu con le “Hanging sculptures” della Bourgeois, coinvolto in un gioco di ombre proiettate sul muro e sul pavimento. Momento forse più riuscito dell’intera esposizione, lo spazio sembra dare libero sfogo alle forme antropomorfe dell’artista, esaltando quell’equilibrio instabile e quell’ambivalenza formale che Louise Bourgeois dichiara di perseguire nella realizzazione delle sue opere.

La sensualità delle forme non può non richiamare la poetica surrealista; non è un caso che la carriera artistica della Bourgeois sia cominciata nella New York degli anni Quaranta, dominata dalla presenza dei transfughi europei e dalla forza dell’Action Painting. Ma, ancor di più, l’approccio dell’artista si sposa pienamente con quelle che sono le caratteristiche della cosiddetta arte anti-form, così come definita da Robert Morris nel celebre articolo del 1968. In tal senso è di fondamentale importanza ricordare la sua partecipazione alla mostra Eccentric Abstraction, curata da Lucy Lippard alla Fishbach Gallery nel 1966, una delle prime esposizioni di lavori che presto saranno etichettati come Post-minimalisti.

Centro fisico e spirituale della quasi-mostra-a-sé della Sala Causa è la scultura dorata Arch of hysteria del 1993, corpo inarcato a mezza altezza che, nella torsione espressionista, sembra riproporre uno dei soggetti di Schiele. Tutt’intorno frammenti anatomici di richiamo sessuale e sculture dal sapore arcaico ondeggiano leggermente al passaggio dello spettatore, disegnando un universo immaginario che conserva però i suoi riferimenti al reale. Peccato solo che la tanto ricercata integrazione tra opere e visitatori preveda la collocazione non propriamente felice delle didascalie, accorpate in modo da rendere laboriosa l’attribuzione di titoli e date.
La difficoltà nel leggere (e reggere) l’allestimento si fa ancora più evidente sui due piani della collezione permanente, dove tracce biografiche apparentemente disseminate dall’artista seguono il percorso introspettivo che segna tutta la sua produzione artistica.

Anche il visitatore è costretto a procedere per frammenti, con una serie di ‘deviazioni’ per scoprire o riscoprire le opere della collezione permanente, nonché con l’obbligo di visitare entrambi i piani del museo. Il confronto tra antico e contemporaneo prevede la spiegazione di ogni accostamento, sicché è facile rendersi conto di evidenti forzature, quali ad esempio quelle che fondano la presunta vicinanza sul richiamo cromatico.
In altri casi però la scelta degli accostamenti si rivela particolarmente efficace: è il caso del Crouching spider in bronzo e acciaio collocato nella sala degli Arazzi d’Avalos, filo diretto tra il soggetto tessitore per eccellenza e il risultato che ne consegue.

L’ago sembra assurgere al ruolo di strumento riparatore (si veda anche l’opera Heart del 2004), con la funzione di ricongiungere ciò che si è rotto con il taglio del cordone ombelicale. Fil rouge si riconferma dunque la complessa trama dei rapporti familiari, con le opere della Bourgeois Umbilical Cord, The arrival e Nature study messe a confronto con le Madonne con bambino del Quattro-Cinquecento.
Il concetto di maternità resta inevitabilmente legato a quello di femminilità. Una femminilità il più delle volte sofferta, interiorizzata e poi sublimata in opere dove è facile avvalersi di un’interpretazione psicoanalitica: si pensi al titolo The Destruction of the Father (1974) o alle varie rappresentazioni (e impiccagioni) del membro maschile.
Persino la casa è vista dall’artista come luogo protettivo ma, al tempo stesso, come spazio di reclusione. Eppure nel video girato da Brigitte Cornand dichiara: “Alcuni lavori sono femministi o provano ad esserlo, altri non lo sono”, sentenza che cela una riflessione continua sui meccanismi del rapporto uomo-donna.

Louise Bourgeois è essenzialmente una scultrice che si avvale dei materiali più diversi: legno, bronzo, marmo, lattice, tessuto. In mostra è però presente anche la sua incursione nella grafica, rappresentata da “10 am is when you come to me”– una serie di disegni su fogli pentagrammati della mano dell’artista con quella del suo assistente al lavoro – e da Ode à l’oubli, libro ‘aperto’ costituito da scritti, frammenti, tessuti che ricalcano memorie personali sottoforma di diario visivo. 
Ancora una volta il segno del passato diviene materiale per il presente: “Le mie opere sono la storia del mio passato compulsivamente riferito all’oggi” dice la Bourgeois, quindi occasione per incanalare pensieri e sentimenti in un prodotto finito.

È la forte percezione dell’arte come procedimento catartico l’elemento che più affascina del lavoro di quest’artista; un’arte che sa farsi “garanzia di sanità” e strumento di comunicazione con il mondo. E, sebbene questo sia in continuo mutamento, Louise Bourgeois continua a tessere la sua tela.

Cortile di Capodimonte, MAMAN, 1999, Private Collection, courtesy Cheim&Read, New York

Museo di Capodimonte, veduta parziale Sala Causa

Museo di Capodimonte, SALA-6, Umbilical cord, 2003, Private Collection

Museo di Capodimonte, SALA-17, The blind leading the blind, 1947-1949

Museo di Capodimonte, SALA-62B, Crouching spider, 2003

Museo di Capodimonte, SALA-103, Cell The last Climb, 2008