Il 5 dicembre 2002 alle ore 18,30 presso il Museo Laboratorio dell’Università di Roma “La Sapienza” sarà inaugurata la mostra personale Anonymus dedicated to Vally di Regina Hübner, artista austriaca che da qualche anno opera in Italia, a cura di Simonetta Lux e Patrizia Mania. Una parte del progetto Anonymus dedicated to Vally è stata già presentata nel 2001 a Detroit, USA. Alcuni brani dell’installazione saranno allestiti in altre sedi italiane e austriache, in contemporanea con la mostra al MLAC.

Il progetto Anonymus dedicated to Vally è un lavoro complesso, nato sulla scorta di un evento personale, così come riferisce l’artista stessa. All’origine, l’artista ha invitato 21 persone a confidarle un messaggio intimo, garantendo loro ed imponendo al tempo stesso il totale anonimato. Quindi è seguita la registrazione audio e video delle persone mentre pronunciavano ciascuna il proprio messaggio. Messaggi che a loro volta sono stati trascritti in forma di testi anonimi. È seguita poi un’operazione di scorporamento, separazione tra le singole voci ed i volti. Sicché i volti sono muti e le parole sono senza volto. Impossibile far corrispondere ad ogni singolo autore il proprio messaggio. Anonymus dedicated to Vally quindi è composto da 4 parti che sono tra loro indipendenti e nelle quali è impossibile identificare i singoli autori e connetterli ai loro messaggi: 1. videoripresa delle singole persone, senza audio. 2. registrazione audio delle singole voci. 3. trascrizione dei testi e videoanimazione. 4. stampa fotografica dei videostills e dei singoli testi.

Nella mostra al MLAC, l’artista ha concepito un isolamento rispetto all’architettura del luogo, creando al suo interno alcuni spazi riservati, intimi, in modo da sottolineare un luogo “altro”, neutro rispetto sia alle caratterizzazioni preesistenti che in assoluto.

Per questo evento sarà pubblicato, nella collana ArtisticaMente – Lithos Editrice, diretta da S. Lux – il libro ANONYMUS con saggi di Simonetta Lux, Patrizia Mania, Franz Niegelhell, Roberto Annecchini, Domenico Scudero e Carlo Sini. Temi fondanti del libro sono: il progetto Anonymus dedicated to Vally, le sue implicazioni estetiche e filosofiche, il lavoro recente di Regina Hübner. La presentazione ufficiale del libro verrà resa nota con apposito comunicato stampa.

Anonymus dedicated to Vally è sostenuto dal Forum Austriaco di Cultura a Roma, dal Bundeskanzleramt Sektion für Kunstangelegenheiten Wien, Direzione generale per le attività Culturali della Cancelleria Federale di Vienna, dalla sezione Cultura della Città di Villach, Stadt Villach – Kultur, dalla “Galerie Freihausgase“, Villach, dalla Regione Carinzia, Land Kärnten, dalla Regione Lazio per il programma di ricerca “Applicazione nuove tecnologie multimediali arte contemporanea”. La mostra è realizzata nella programmazione del Museo in coordinamento con i Nuovi Corsi di Storia dell’Arte Contemporanea e di Curatore d’Eventi Culturali e fa parte della programmazione “Laboratorio” realizzata nell’ambito del Dottorato di Ricerca “Arte di Confine“, e dei relativi corsi sperimentali di Stage/Master in Cura Critica ed Installazione Museale, voluti dal direttore del Museo Simonetta Lux e realizzati del curatore del MLAC Domenico Scudero.

Museo Laboratorio, Università di Roma “La Sapienza”
La mostra resterà aperta dal 5 al 27 dicembre 2002
dal lunedì al venerdì ore 10 – 20.

 

Nella quadreria di Regina…

testo di Maria Egizia Fiaschetti

Il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea de “La Sapienza” presenta, dal 5 al 27 dicembre 2002, una personale di Regina Hübner, artista austriaca da diversi anni in Italia. La sala superiore del MLAC ha subito una radicale trasformazione spaziale, rispetto alla sua consueta disposizione: una galleria longitudinale, delimitata sul fondo da una parete curva e scandita da una serie di pilastri; a questi si contrappone la struttura serpentina e zigzagante che si snoda lungo il soffitto e imbeve l’ambiente di una bianca luce al neon. L’artista scardina le certezze percettive del fruitore, frutto di un’assidua frequentazione dello spazio espositivo, proponendo un assetto assolutamente inedito e, quasi, irriconoscibile. In realtà, ne sottolinea la versatilità alle molteplici ipotesi installative, nei confronti delle quali non funge da semplice contenitore. Piuttosto, si raccorda con le diverse modalità d’intervento, catturandole nella sua rete infinitamente ramificata, tessuta di una trama filiforme e microscopica. Per questo, l’allestimento realizzato da Regina Hübner sorprende senza apparire alieno e shockante. Una bassa penombra avvolge la sala, rivestendola di un abito leggero, granuloso e impalpabile; lo spazio, notevolmente ridotto tramite l’inserimento di pannelli trasversali, si condensa in una cellula estratta dal suo corpus originario. È come se un lembo fosse stato asportato dalla sua stessa epidermide, per farne materia di nuova creazione. Allora, la veste pubblica del museo è decantata nella texture morbida e ovattata del privato. Le pareti si animano di volti in bianco e nero, immersi in un flusso temporale sospeso e rallentato; ritratti di una quadreria domestica che, con la loro presenza testimoniale, sfuggono all’obsolescenza e intrecciano con gli astanti un muto colloquio. In una contemporaneità facile all’esternazione plateale e all’outing, espediente sempre più in voga per assurgere alla celebrità mediatica, l’opera di Regina Hübner apre un solco profondo. I ventuno personaggi immortalati dalla videocamera preservano la loro autenticità, proprio grazie all’anonimato. La loro identità, apparentemente indecifrabile, epurata da tutte le sovrastrutture, si offre nuda al nostro sguardo e ci esorta a scrutare oltre l’interfaccia fenomenica, alla ricerca di un codice più profondo. Da qui, la scelta di espropriare i diversi autori dei messaggi da essi pronunciati, a sottolineare l’ineluttabile fossilizzazione del pensiero nella fittizia convenzionalità del linguaggio. L’inazione, l’afasia, l’impenetrabilità non sono, tuttavia, un ostacolo alla comunicazione. Al contrario, laddove tutto è urlato, sbandierato, esibito con sfrontatezza, il loro silenzio discreto suona come un invito alla riflessione quieta e concentrata, all’interrogativo che non si sazia di facili verità, ma ne accetta l’instancabile ricerca. Le parole, i segni, le diverse formule espressive sono letteralmente scardinati, ridotti a pura tautologia. L’essere, come insegnava Parmenide, “è” e guai a tentare di tradurlo nell’arbitrarietà del medium linguistico! Allo stesso modo, quei taciti volti ci parlano, comunicano con noi, nonostante non esprimano un contenuto specifico. Le loro frasi, registrate su un supporto audio, sono riprodotte al contrario e, pertanto, contravvengono ai tradizionali canoni della significazione. La loro trascrizione è proiettata, invece, nello spazio: dapprima, lambisce inavvertitamente i nostri piedi e, mentre tentiamo invano di afferrarne il senso, scorre davanti a noi, inghiottita dalla parete. La parola, che non è più referente oggettivo e universale del reale, acquista una peculiare valenza simbolica e s’inscrive perfettamente nella dimensione ambientale dell’opera. Anonymous-Dedicated to Vally lancia un paradosso tanto inverosimile, quanto illuminante: che occorre restare anonimi, per essere autentici. Come recita uno dei messaggi, la cui paternità è volutamente celata, “…Negli interstizi dello spazio finito, tra la selva di cose e di doppi, si impone una dilatazione nell’infinito“. Qui, tutto si arena, non ultimo il logos che sempre c’indottrina e, allora, si può udire soltanto la voce dell’idiosincrasia.