Chstistiana Protto: È giusto, che gli oggetti si accumulano, stanno per i miei ricordi come le parole in un diario, e come in un diario, alcune pagine (installazioni) che piu’ avanti saranno questi ricordi (oggetti),e appariranno, magari in altre costellazioni, in una luce diversa. Però, c’è sempre anche un contromovimento all’accumulazione, come in ogni trasloco, dove devi decidere che cosa è veramente importante, magari hai cambiato gusto o esigenze. Allora lascio le cose, le regalo. Capita anche che butto via qualche materiale. Ma capita anche che le persone che incontro mi regalino nuovi oggetti. Nelle installazioni utilizzo gli oggetti anche come a “casa mia”. Quest’attività allo stesso momento diventa anche un gioco, come un bambino mi diverto a trovare nuove funzionalità per le cose. E non sono solamente gli oggetti, è l’attività stessa, la presenza di una persona immaginaria, che fa parte del lavoro.
P.M.: Nella mostra al MLAC di Roma hai distribuito nettamente l’intervento in due sezioni: una prima, in cui hai disposto gli oggetti accumulati in funzione espositiva, suggerendo un percorso di lettura che si compie per gradi e che necessita di un avvicinamento e di una riflessione perchè palesi la logica combinatoria che tale funzione sovrintende; nel secondo ambiente separato da una serie di teli stesi hai realizzato una videoinstallazione dal forte impatto visivo e tematico, in cui documenti alcune fasi di lavorazione delle carcasse animali in un mattatoio. Da un lato, la storia degli oggetti, intrigante, rassicurante; dall’ altro, una storia tecnologica di morte, di ciò che resta o si fa restare della vita animale. Una dicotomia inquietante… Ad accomunare l’una e l’altra parte c’è di piu’ che un semplice corridoio di teli stesi: ci sono i patterns decorativi che improntano evidentemente la scelta dei tessuti e il soffermarsi del tuo occhio proprio su moduli decorativi all’interno dello spazio di morte che hai ripreso. Cosa rappresenta l’insistenza su queste associazioni? Isolare questa possibile e varia icona della modernità è forse un modo per tracciarne un profilo?
C.P.: I patterns decorativi non sono l’unico nodo di lavori molto diversi come l’installazione dei tessuti e le proiezioni. C’erano i monitor con immagini di carattere anche ornamentale, però per le proiezioni DVD sui muri ho scelto situazioni architettoniche. In un caso ho inserito l’immagine di un capannone (mattatoio) in modo quasi illusionistico nell’architettura del MLAC, l’altra proiezione l’ho scelta in maniera tale che avesse più o meno la dimensione di un lenzuolo grande, e si collegasse per questo motivo con l’installazione con i tessuti. È giusto, che su un livello gli ornamenti dei tessuti siano magari simili alle strutture che si vedono sui monitor, ma c’è anche una somiglianza della struttura di una tenda (i fili) e le righe di (qualsiasi) videoproiezione. Anche l’acqua collega le installazioni: serve alle piante sul tavolo, serve per lavare i tessuti e si trova in ogni passaggio di lavorazione nel mattatoio. (Credo che l’acqua nel mattatoio oltre che per l’igiene abbia un ruolo rituale.) Con questo insieme di installazioni nel MLAC volevo creare una struttura tra vita e morte, interno-esterno, giardino-mattatoio, il presente – l’ al-di là, privato – pubblico, sfera casalinga – lavoro in fabbrica, bricolage – industrializzazione, flora – fauna, uomo – animale, che porta in se diverse dicotomie. Nelle astrazioni dell’ornamento trovo tutto il mondo. Per questo motivo per me la sfera degli ornamenti rimane importante, ci ritorno sempre.
P.M.: Tra l’idealità di una possibile storia del presente e di ciò che si tralascia e la realtà di quanto invece si fa a tutti i costi scomparire…Due diversi meccanismi che testimoniano delle tracce che lascia il presente…