Giudizio critico e giudizio di mercato.

Nel lavoro critico e nel lavoro curatoriale esistono differenti margini di certezza ma una sola conferma, quella della storia nel suo divenire. Anche se sull’oggi la storia può essere letta in modalità differenti, la certezza della qualità storica motivata da un giudizio logico non è discutibile. Dove risiede questa logica? Qualora concretamente volessimo definire il processo di legittimazione di un’operazione artistica ci scontreremmo inevitabilmente con la sua inesplicabilità. Questo ci dice l’estetica nel possibile orizzonte di traduzione, da “oggetto” analitico a soggetto passivo di criterio critico, mentre l’induzione scientifica manifesta la sua concreta matematicità. Il giudizio critico nella sua traduzione storiografica analizza l’evento artistico e lo trasforma in “soggetto” significante per il contesto storico. Ma nella pratica reale dove nasce la validità di un oggetto artistico, tale che abbia la qualità storica di rappresentare il giudizio critico nella sua vasta riconoscibilità? Tutto questo mentre il giudizio inappellabile del mercato si traduce in immediato rapporto iconologico storico. L’iconologia naturalmente in questo caso rappresenta solamente il “sé” intraducibile. Riconoscerla significa concretizzarla, storicizzarla. Da ciò, a ragione di logica, dobbiamo affermare che il giudizio critico nasce solo a partire da quello di mercato. 

Costruzione della qualità.

La domanda che ci si può porre allora è questa. Poiché noi abbiamo posto un quesito apriori, ovvero cosa sia l’oggetto dell’arte, e abbiamo ottenuto una risposta valida, ovvero che risieda nel giudizio storico strettamente connesso al giudizio scientifico, possiamo di conseguenza valutare a ritroso i gradi di convalida. Riconoscendoli, inoltre, potremmo ripercorrerli e avere la garanzia di descrivere un processo di legittimazione artistica. Riconoscere questo metodo significherebbe sapere come ricreare l’evento dell’arte e il suo successo. L’assunzione di qualità da parte dell’oggetto è la conseguenza di un’azione creativa manifestata attraverso dei fatti concreti. Ne conosciamo i termini, in quanto opera d’arte probabile. Sappiamo anche che questa è stata poi “sostenuta” scientificamente dalla prova mercato e ne abbiamo visto la sua veridicità sui libri di storia recente. Immaginiamo quindi di voler testimoniare attraverso l’analisi critica una scelta già ampiamente motivata dal successo palese. Si tratta di un oggetto realizzato da un artista X e che ha acquisito una valutazione di mercato Y. La sequenza successiva vede la parificazione del termine x con y: se x ha realizzato un’opera che vale y risulta evidente che una successiva sua opera debba valere qualcosa di molto simile a y. La risposta è fortemente simbolica nei confronti dell’oggetto. La critica sull’oggetto in questione non è comunque un valore aggiunto in termini scientifici.

Logica del mercato.

L’azione di attribuzione da parte dei mercati nasce da una serie di fattori anche casuali che non consiste nella mera affermazione che ogni opera dell’artista x valga necessariamente y. Un’azione critica di disturbo potrebbe di fatto cancellare la qualità di quest’opera? Ovvero, supponendo che avessimo un oggetto valutato y e che questo oggetto fosse uguale a molti altri oggetti che presumibilmente varrebbero anch’essi y, y sarebbe il valore presunto o soltanto un indice d’apprezzamento inconciliabile con la qualità? La risposta è evidentemente no, y non è un indice di qualità e in quanto tale non può essere discussa o detratta attraverso l’analisi critica. Se il coefficiente y, che rappresenta scientificamente l’arte, non ha la facoltà di esprimere un giudizio di qualità che sia sganciato da sé nessuna critica potrebbe fingere una qualità che non esiste. Se un oggetto non ha un valore commerciale anche il giudizio critico su di esso non ha alcun valore commerciale. Rimane pertanto giudizio estetico. Non è una semplice tautologia, ma la conferma logica che se l’estetica è il mondo dei valori immateriali questi si realizzano solo attraverso la caduta nel mondo della merce. Pensiamo il tanto abusato termine di postproduzione: in esso la critica decadente ha trovato conforto per non superare il vuoto pneumatico dei nostri tempi scientocratici. In fondo l’idea che la postproduzione sia anche un momento di estetica riflessa è una estrema difesa del simbolismo e non commenta invece la fitta trama di significati, la loro condenza in quelle ambientazioni, e sono tante, emerse come arte attuale un po’ da tutte le culture del mondo. Due casi esemplari. L’arte giovane sudamericana. Un’arte che non ha nemmeno mai pensato di poter condividere lo stesso spazio simbolico del museo come strategia di convalida, un’arte che non parla nemmeno più col “nemico” e che ha costruito solide basi per la sua sopravvivenza. Provvista di sguardi verso il mondo più vicino, il mondo arabo, il mondo africano, la galassia cinese. Nessun punto di contatto cercato con l’arte della solida U.S.A-C.E. ma sincronie estetiche col mondo, sommerso, dell’attivismo politico e della resistenza ad altronza. Possiamo ragionevolmente pensare che le opere prodotte in questo ambito abbiano una qualità, in termini artistici, minore delle eguali opere viste nelle biennali? Naturalmente no. Altro esempio. L’arte africana e la sua tendenza alla continentalizzazione, sempre più accesa, in cui del mondo tecnologico si assumono solamente gli strumenti e li si trasformano in altro. Ancora una volta, possiamo dire che il giudizio su quest’arte possa essere dato dal suo ristretto mercato?

Logica e strategia.

Nel suo più autorevole testo Enwesor adombra la possibilità che si cresca realmente all’interno di una estetica differente. Questa estetica, diversamente da quella scientifica, sembra conciliarsi maggiormente con la sacralità, anche se della tecnologia usa ogni espediente. Una lettura che coincide manifestamente con l’ipotesi tremenda di scontro fra le civiltà, impossibilitate al dialogo dalla diacronia temporale. Possiamo definire quest’arte retrograda solamente perché concentrata su altri territori? Con i rischi che ciò comporterebbe? La realtà è che la qualità non può essere costruita su un’analisi logica, poiché nel momento in cui la si determina essa diviene maniera, copia di un modello operativo, strumento processuale, quindi non qualità. Una conferma di quanto detto la possiamo trovare nell’analisi dei fatti storici e per essi dobbiamo trovare un modello di riferimento. Come si realizza una ricerca storica? Il metodo consiste nella ricerca dei dati, nella loro postura all’interno dello schema cronologico e nella riflessione su questi. Storicamente possiamo dire che se due opere sono state esposte nello stesso luogo hanno di comune quella medesima convalida. Ma possiamo dire che questa convalida sia uguale per entrambe? Certamente no, poiché ciascuna opera modella un suo proprio universo di segni e ne mantiene la sorgente in quella specifica esistenza documentale. Il sistema storiografico consente di evidenziare il modello di convalida attraverso le relative strategie attuate. Queste strategie sono in parte connesse ad un sistema comune: la mostra, l’evento, ma hanno come strumento l’atto critico che proprio lì le ha disposte. La strategia è ad esempio la base attraverso cui i gruppi di artisti si posizionano quando avviano una corrente artistica, un movimento. Si parla in questo caso di strategia palese, ma non diversamente strategica è l’azione occulta di sincronia espositiva.

Strategia del mercato.

Accanto a queste tipologie di strategie, quella palese e quella occulta, nella recente storia del sistema dell’arte abbiamo osservato altre metodologie strategiche avvalorate nel mercato. I mercanti parigini, interessati agli impressionisti, avevano capito che la riuscita di un artista e di un movimento era strettamente legato al suo incremento di mercato. Quando questo non si verificava erano loro stessi a elaborare delle strategie atte a rendere pubblico un successo commerciale, a volte fittizio. Ad esempio, chiamando persone di fiducia a comperare per conto proprio una particolare opera durante una mostra o ad un’asta. Una strategia che è poi diventata comune nella politica d’acquisizione dei musei, in particolare quelli statunitensi, che avevano e hanno bisogno di una convalida certa del loro impegno di spesa. In molti casi l’azione è stata condotta palesemente. Si tratta di strategie al limite della correttezza, se vogliamo, ma certificano un dato qualitativo inoppugnabile. D’altra parte è innegabile che senza un modello strategico di questo peso gallerie come quelle legate al contemporaneo ed al mercato dei giovani artisti non potrebbero sopravvivere. Si è parlato molto, per fare un esempio tra i tanti, del fatto che il mercato inglese sia stato a lungo dopato dalle strategie Saatchi, ma le ricadute di queste strategie non mi sembra siano state poi contraddette. In certo modo essere certi che l’opera H sia stata pagata una cifra K costituisce più di un valore aggiunto alla consistenza dell’opera. Probabilmente il suo segno misura la qualità stessa dell’opera. Tutto ciò sembrerà assurdo ad un economista, o a chi ne conosca la sua ragione in termini esclusivamente modali, tuttavia per il sistema dell’arte il valore certo dell’operazione è data dal fatto che “comunque” qualcuno, non importa chi, e non importa se condiviso e per quali fini, abbia pagato per quell’opera il valore dichiarato. Si tratta, a sicuro giudizio di chi materialmente sborsa il denaro, del sistema palese per manifestare un controvalore simbolico da tenere in considerazione, quindi di un giudizio critico espresso attraverso l’azione simbolica del potere. Chi compie il gesto detiene il potere di proiettare sulla materia dell’arte un corrispettivo monetario, supponendolo fondente del valore qualitativo di questa.

Strategia critico curatoriale.

Abbiamo quindi visto che la logica scientifica non attribuisce valore al contenuto astratto, poiché non verificabile. Abbiamo accertato poi che l’analisi scientifica acquisisce il dato economico, sebbene ne distingua la funzionalità. Abbiamo successivamente appurato che il valore di un’opera può essere acquisito anche in maniera strategica, attraverso le mostre e la sua intenzionale posizione all’interno di un sistema. Abbiamo anche appurato che l’acquisizione dell’oggetto da parte del mercato non deriva da prassi logiche, ma che queste prassi hanno la medesima consistenza di quelle critiche. Abbiamo inoltre verificato che il quoziente di qualità interna di un’opera di medesimo valore può variare in relazione dei contesti culturali. Infine abbiamo appurato che anche l’azione di mercato è un’azione simbolica e che non corrisponde ad una variabile economica. Quindi attraverso l’analisi logica, derivata dall’esperienza, la qualità di un’opera deriva dalla sua esposizione economica. Allo stesso modo anche la sua esposizione critica sostiene la qualità dell’opera, attraverso l’esposizione e la risposta curatoriale.

Concludendo: riconoscere la logica di costruzione del successo artistico. 

Cosa ci dice l’analisi della logica sulla costruzione del successo artistico? Dimostra in primo luogo che il valore economico deriva da una scelta critica, poiché la “funzione” economica in ambito artistico è esclusivamente individuale e non rispetta i canoni scientifici del mercato. Ne consegue che la scelta critica può compiersi anche attraverso il mercato, e ha il suo fine nel successo dell’opera, poiché il coefficiente di potere espresso nel simbolo monetario non corrisponde ad un bene finito. Il giudizio di qualità individuato dalle scelte critiche ha bisogno di strategie e queste corrispondono alle scelte curatoriali, editoriali, letterarie che condividono un percorso verificato, o della cui verifica possiamo proporci. In fondo nulla più di quanto pensava Duchamp quando nel 1924 compera la collezione Quinn di Brancusi che rischiava di compromettere la carriera del suo amico artista. La Société Anonyme – Museum of Modern Art Inc.di Duchamp definisce infine il massimo livello di giudizio qualitativo dell’opera attraverso i mercati: il giudizio qualitativo è sempre un atto critico anche se espresso attraverso mezzi che non consideriamo ortodossi nel sistema critico. Però è tempo di adeguare gli schemi dell’analisi critica quanto meno a quelli sperimentati dall’arte e dagli artisti contemporanei già ampiamente solidificati nella storia e nei mercati.

Da sopra:
Laboratorio della cattedra Arte de Conducta di Tania Bruguera (ISA), Novena Bienal, Havana, Cuba. Foto Domenico Scudero.

Gbaguidi Pélagie, Le Code Noir, installazione,Dak’Art 2006. Foto Domenico Scudero.

Okudzeto Senam, (Diaspora), Installazione, Dak’Art 2006. Foto Domenico Scudero.