Quando vado a curare un evento, sono solita trasformare il sopralluogo in un’attenta ricerca sul mondo politico e culturale locale, promuovendo incontri e scambi con le persone più interessanti non necessariamente incontrate in maniera ufficiale. Anzi, talvolta è proprio così. Il primo sopralluogo a Riga nel gennaio 2004 aveva già dato luogo a quattro riflessioni principali sulla vita politica e culturale della lettonia.
Primo, lo stato di leggera attenzione, persistente dopo un decennio dalla caduta del regime, sovietico, incarnato dalla metamorfosi del Museo della Rivoluzione in Museo dell’Occupazione sovietica. 
Due, l’apparizione sulla scena politica della critica d’arte contemporanea Elena Demakova.
Terzo, la metamorfosi dei luoghi militari in luoghi dell’arte (di cui l’apertura dell’Arsenale all’arte contemporanea ne è un esempio).
Ultimo, l’ambiguità della memoria ed il grottesco dell’identità nel processo di emancipazione laica della popolazione.Forma 1 ed i suoi artisti. I grandi artisti italiani di Forma1 (Achille Perilli, Carla Accardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Antonio Sanfilippo, Giulio Turcato, Mino Guerrini,Ugo Attardi, Concetto Maugeri) hanno accompagnato il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nella sua visita ufficiale in Estonia, Lituania e Lettonia. 
In quest’ultimo Paese, a Riga, nota come “città delle poetesse e delle donne artiste”, una bella mostra ha presentato “Forma 1 ed i suoi artisti”. 
Opere straordinarie, anche recenti come quelle di Piero Dorazio, di autori che ora ottantenni, concorsero alla creazione della Libera Repubblica Italiana nel 1946.
Si trattò di un rinnovamento del linguaggio in sintonia con le più grandi tendenze cosmopolite occidentali, anche con rispetto attualizzato del debito verso le avanguardie storiche, Oriente Europeo compreso – leggi per esempio avanguardie russe e ceche – conculcate poi nel fallimento della rivoluzione sovietica.
Molti quadri degli Anni Quaranta e Cinquanta di questi artisti recano traccia dei viaggi compiuti in tutto il mondo da questi, giovanissimi: Praga (Pracna Praha), Polonia e Varsavia (Le rovine di varsavia), la Cina.
Uni libro bilingue racconta la storia di Forma 1, acui è allegato un video di interviste agli artisti, prodotto dallo Studio Angeletti per la regia di Giorgio Capozzo.
Ad ospitare la mostra, la Casa Museo detta “delle Teste Nere”, luogo dell’identità della Lettonia, Nazione passata nei secoli dall’occupazione zarista, a quella sovietica, poi nazista e fascista, poi di nuovo sovietica e che, negli ultimi poco più che dieci anni, ha riconquistato una difficile libertà.

Quando si può ridere dei dittatori

di Simonetta Lux

Il clima della liberazione dall’occupazione sovietica, la più penosa di quelle subite nel tempo dal popolo lettone (grazie anche agli accordi tra nazisti e Urss), ha determinato delle uscite curiose e in qualche misura barbare: ma anche ironiche.
Una di queste azioni è la trasformazione del nome del Museo della Rivoluzione Sovietica, un edificio neo costruttivista degli Anni Sessanta, in Museo dell’Occupazione, conservando tutto ciò in esso contenuto in origine. 
Su un’esplanade vicino al fiume Drina, affaccia questo edificio su pilot di cemento armato e bugnato razionalizzato – tipo Palazzo dei Diamanti: è la sede del Comune della città con facciata in uno stile tra il neo greco e l’antico (ma non è così), il palazzo detto delle “Teste Nere”.
Mentre il Museo dell’Occupazione Sovietica deriva da un atto di metamorfosi o metafora del bouleversement politico, il Palazzo delle Teste Nere è un atto supremo e del tutto inattuale – ma sembra efficace – di ripristino, inteso come costruzione dell’identità politica dal nulla/del nulla.
L’edificio, nel quale si è svolto l’incontro di stato tra i Presidenti delle due Repubbliche italiana e lettone, è un palazzo che fino al 1992 non esisteva più: dopo i bombardamenti subiti alla fine della seconda guerra mondiale, semidistrutto, i sovietici ne avevano minato persino le rovine su strada. I sotterranei archeologico-classici si riferiscono all’epoca in cui avvenne l’episodio del generale romano africano (donde il nome Teste Nere) mandato a decristianizzarli ed alleatosi con quel popolo in una incerta conversione religiosa.
L’edificio al di sopra è stato dunque poi ricostruito con citazioni decorative di teste negre e turbanti di maniera, ma soprattutto fissato nell’epoca dell’occupazione degli Zar, e in particolare della grande Caterina di Russia, che poteva parere il male minore tra tutti i mali politici vissuti da questo infelice popolo.
La ricostruzione è stata integrale con sforzo scientifico-critico da parte del coté più tradizionalista di membri dell’Accademia di Belle Arti, sia mettendo al lavoro i famosi e persistenti artigiani del legno e degli arredi, locali, sia andando a rintracciare, per riprodurli di nuovo, le copie dei quattro quadri rappresentanti imperatori ed imperatrici a cavallo.
Potremmo parlare di una forzatura tale della ricerca di identità, tra l’altro retroversa, da dubitare forse della sua efficacia per gli sviluppi culturali futuri del Paese. Molto più importante da questo punto di vista quanto potrà fare il Ministro della Cultura Demakova e gli artisti più avanzati.
Si attende però la realizzazione – da sempre rinviata dai sovietici – dell’oleodotto che deve giungere nel Mar Baltico sboccando proprio sul porto di Riga.

Quando la ministra della cultura è una critica d’arte cosmopolita

di Simonetta Lux

Helena Demakova è bellissima, magra, scattante, con il vezzo di lasciarsi le scure sopracciglia unite come Frida Khalo ci viene da dire!
Mentre cercavo, in visita a Riga in occasione della mostra di Forma1, quella che a mio avviso era la critica più interessante della Lettonia – Helena Demakova – che aveva presentato nella XLVIII Biennale di Venezia del 1999 l’artista Ojars Petersons (Riga 1956), mi viene detto: “Oggi giura come Ministro della Cultura. È leggermente occupata.”
Che fortuna, ho pensato, per un paese appena uscito dal regime comunista, avere un ministro donna e per di più un ministro che è stato un eccellente critico d’arte! E’ qualcosa che a noi in Italia manca veramente!
Tra gli scritti della Demakova ricordo il volume uscito a Riga nel 2002, Citas Sarunas/Different Conversations.
Sono dunque poi andata all’appuntamento con la Demakova, e poi accompagnata da un suo giovane assistente a fare un giro dei centri di arte contemporanea della città di Riga.
Voglio parlare di due cose interessanti.
La prima è l’ex Centro Soros per l’Arte, che, come tutti i Centri Soros diffusi nell’ex Blocco dei Paesi dell’Est, è diventato un centro di documentazione internazionale dell’arte stessa.
L’edificio in cui si trova questo centro è il polo propulsore delle esperienze artistiche più recenti, di cui ha un ordinato sistema di dossier. Per inciso l’ex Centro Soros si trova nella strada costruita e progettata dal padre di Eisenstejn, che era un noto architetto modernista dei primi del Novecento.
Qui abbiamo incontrato l’artista Ojars Petersons. Delizioso il catalogo della mostra “Adaptation – Contemporary Latvian Art Now”, tenutasi a Tallin in Estonia nella tarda primavera 2003, in cui dominano azioni, corpo e combine-performances di oggetti e ambienti nel nome di una fantastica riprogettazione dello squallore, che è per esempio tipica del lavoro di Ojars Petersons e che non è estranea a tutto un movimento internazionale su cui mi soffermerò in futuro e che io chiamo pseudo_design. 
La seconda iniziativa interessante è l’apertura degli Arsenali all’arte contemporanea.
Gli spazi sono straordinari: grandi volte ed arconi a tutto sesto con un sistema di illuminazione a faretti.
Le opere della mostra che abbiamo visto, “Daba Vide Cilveks 2004”, promossa dall’Unione degli artisti, si destreggiano tra una pittura post-east corretta e concettualizzata, cioè grandi quadri post-pop con titoli concettuali, e installazioni con largo uso della fotografia e di tutti i mezzi di produzione dell’immagine.
Lo spettacolo è grandioso con la persistenza pur sempre di un elemento ideologico e comunque di critica sociale a mezzo tra il concetto del mutamento e l’idea dell’artisticamente corretto cosmopolita.

Geroge Soros

di Simonetta Lux

Nato nel 1930 a Budapest, George Soros ha studiato in Inghilterra dove tra gli altri ha avuto come maestro il filosofo Karl Popper. Nel 1956, a New York, ha iniziato una sfolgorante carriera nella finanza che lo ha portato alla fondazione, nel 1969, della finanziaria di gestioni Quantum Fund. Nel 1992, con una dura attività speculativa, riuscì a provocare il crollo della sterlina e della lira – forzando l’ uscita delle due monete dal sistema monetario Europeo e guadagnando un miliardo di dollari.
Nel 1979 Soros ha fondato la potente e ricchissima Open Society Foundation (www.soros.org), dislocata in uffici sparsi nelle capitali dell’est Europa, promotrice di master, convegni ed eventi finalizzati alla promozione (oggi diremmo in chiave antisovietica e pro liberista) delle attività locali. Nel 2004 ha finanziato la campagna elettorale dei Democratici per le prossime ed attesissime elezioni presidenziali del prossimo novembre.

Forma 1 e i suoi artisti

di Simonetta Lux

“Forma1 ed i suoi artisti”, posta sotto l’alto patronato delle presidenze della Repubblica Italiana e Lettone, si è tenuta dal 23 Aprile al 9 Maggio 2004 nella Casa delle Teste Nere di Riga.
La mostra è stata ideata e curata da Simonetta Lux, Elisabetta Cristallini e Antonella Greco