Oggi l’espressione artistica è caratterizzata dall’idea di libertà, dall’abbattimento delle forme tradizionali, dalla commistione e dall’ interdisciplinarietà. Nel rapporto fra musica ed architettura tutto questo si manifesta in modo lineare: se è lecito infatti interpretare un’opera architettonica basandosi sull’idea di ritmo e cadenza di linee e volumi, d’altro canto, le più moderne forme di sperimentazione musicale non possono prescindere da una valutazione delle componenti plastiche del suono, dei suoi aspetti fisici, della sua morfologia. Tra le due forme d’arte sussiste una stretta relazione di complementarietà: entrambe sono innesti di regole matematiche fra le infinite varianti dell’immaginazione umana. Del resto, niente più della musica (che è già segno visuale nel momento stesso della sua genesi, la partitura) è in grado di produrre visioni, stimolare la creazione del proprio paesaggio interiore, generare immagini e forme mediante la sola forza di suggestione.
L’analisi delle relazioni esistenti fra suono, architettura ad arti visive all’interno di uno specifico contesto urbano, rappresenta il cardine della ricerca effettuata dall’Associazione Culturale Moorroom, che in Sonìcity cerca di esplorare la metropoli per individuare nuove prospettive di sviluppo e proporre soluzioni creative e sociali. Attraverso il coinvolgimento di artisti che operano nel campo musicale/architettonico/visuale, di sociologi ed antropologi urbani e degli abitanti dei diversi quartieri che di anno in anno ospiteranno la manifestazione, Sonìcity intende produrre nuove suggestioni che possano aiutare a decodificare lo spazio urbano in modo esauriente ed innovativo.
Uno dei suoi principali intenti è l’investigazione di quelle zone della città che per motivi differenti sono il segno della sua storia recente: la prima edizione di Sonìcity, si è infatti tenuta nell’ottobre 2002 a Corviale (un palazzo di oltre 1000 metri di lunghezza situato ai margini della periferia est di Roma, al cui interno vivono oltre diecimila persone), con l’intento di trasmettere una nuova visione del luogo, non più come “monolite di cemento” ma come spazio vivo e vitale. Le suggestioni dettate da questa costruzione e dal suo contesto sono state le fondamenta su cui si è sviluppato sia un processo di elaborazione creativa, centrato sull’idea di relazione fra musica ed architettura, sia uno sforzo “etico” di riattribuire un’anima viva al palazzo/quartiere, riavvicinandolo alla città che troppo spesso, nel corso degli anni, ha cercato di emarginarlo.
A tal fine, il coinvolgimento diretto degli abitanti del posto si è rivelato fondamentale. Il punto di raccordo fra il progetto artistico e la realtà territoriale è stato il Workshop_Corviale, il mezzo attraverso il quale è stato possibile presentare una visione del luogo dall'”interno”. Il documentario, realizzato dai ragazzi di Corviale dopo un workshop appositamente organizzato al fine di far loro acquisire le nozioni di base di ripresa e montaggio, è centrato sull’aspetto umano della vita quotidiana, esprimendo una visione sincera e diretta del quartiere. Inoltre, l’allestimento delle opere all’interno della struttura ha dato modo agli abitanti di Corviale di percepire in maniera diversa il luogo nel quale vivono e a tutti coloro che per la prima volta sono entrati nel palazzo, di superare ogni preconcetto legato a questo spazio, stimolandoli al confronto diretto con l’essenza stessa dell’edificio.
L’esperienza maturata durante la prima edizione della manifestazione è il punto dal quale intendiamo procedere per applicare la nostra ricerca a territori differenti, cercando di focalizzare l’ attenzione sulle aree che più di altre rappresentano il senso della trasformazione e della contemporaneità. Per questo, nella seconda edizione di Sonìcity, è nostra intenzione analizzare gli spazi dell’Ostiense.
Questa è l’ex-area industriale di Roma, un tempo non centrale ma che oggi arriva nel cuore della metropoli, tant’è vero che il nuovo piano regolatore di Roma la considera centro storico. Qui si potrebbe avere la sensazione di essere arrivati ai confini della città, ma così non è: il costruito la avviluppa e sembra quasi prendersi una pausa, per poi ricominciare ad estendersi tutt’intorno. Oggi lo scenario che si presenta allo sguardo è caratterizzato da strutture in disuso, per cui transitando in questa zona ci sentiamo avvolti da una atmosfera particolare, da uno stato di “stallo”, di attesa: i poli industriali metropolitani, nati in un determinato momento storico-sociale e rispondenti ad una determinata economia, sono stati dismessi e per un periodo inutilizzati, lasciati sospesi in attesa di una nuova reinterpretazione. All’interno del compatto tessuto metropolitano, sono un vuoto simbolico, una zona di passaggio, di frontiera fra ciò che era e ciò che sarà. Oggi quest’area può essere pensata come un laboratorio urbano dove costruire nuove realtà e dove fare esperienza della frattura con la moderna città-fabbrica. Rappresentando l’ideale passaggio dalla città-industriale alla città-culturale, l’Ostiense sta diventando un punto strategico nella ridefinizione dell’assetto urbano ed è destinato ad incarnare il modello concreto a cui aspirano le moderne metropoli. Esso va quindi considerato come un limen, un territorio all’interno del quale è possibile fare contemporaneamente esperienza della memoria del passato industriale di Roma e del suo possibile futuro ancora da definire.
Un fondamentale supporto alla nostra indagine sarà fornito dal SonìcityLAB, uno spazio allestito temporaneamente in sito in cui si articoleranno una serie di laboratori di ricerca che coinvolgeranno diversi campi disciplinari e vedranno la partecipazione degli studenti e dei docenti delle facoltà di architettura, scienze della comunicazione e lettere. L’obiettivo è quello di far interagire e dialogare le diverse discipline sulle problematiche, le prospettive e le potenzialità dello spazio urbano. I risultati della ricerca verranno presentati durante il convegno che aprirà la manifestazione e pubblicati sul catalogo.
Inoltre, anche per questa edizione di Sonìcity vi è la volontà di stabilire un rapporto con i ragazzi che vivono nel quartiere oggetto dell’intervento (in questo caso l’Ostiense). A tal fine sarà organizzato un workshop, in collaborazione con le realtà locali, che fornirà le competenze tecniche necessarie per riflettere e lavorare sul “luogo Ostiense”. Questo verrà strutturato in tre diverse fasi: teoria (tecnica di ripresa e montaggio, scrittura di un soggetto), ripresa e montaggio. Il gruppo di lavoro sarà invitato a creare immagini attraverso le quali trasmettere il senso del luogo. Diversamente dall’equipe di artisti, che creeranno musica ed immagini in un rapporto di relazione diretta con le strutture architettoniche destinate ad ospitarle, ai ragazzi non verrà data alcuna linea guida, nella convinzione che debbano essere loro a ricercarla per ridefinire lo spazio secondo la propria sensibilità ed il proprio vissuto.