ZimmerFrei e 3/4HadBeenEliminated 
Everyday (the satellite seems a little further out of reach),ciclo Inaudito
a cura di Daniela Cascella, Angela Rorro, Oscar Pizzo, Manuel Zurria, 12 giugno – 26 ottobre, 2008, 
Galleria Nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, Cortile Est, Via Aldrovandi n. 1.
Inaugurazione giovedì 12 giugno ore 21:00, ingresso libero.
L’ installazione sarà visitabile nei giorni successivi alla serata d’inaugurazione con il biglietto del museo e ad orario (16.30 – 18.00)

 

Quello che ho “visto” il giorno dell’inaugurazione non era un evento da osservare nel senso stretto del termine, ma qualcosa che andava oltre la semplice contemplazione. Vedere un suono o udire un’immagine porta ad una visione distorta della realtà e tenta di disorientare la percezione naturale a cui siamo abituati. L’occhio cercava per istinto di seguire il suono che percorreva lineamenti e percorsi diversificati attraverso amplificatori disposti nell’ambiente su aste all’altezza del busto. Riferendomi a McLuhan, la nostra è una società principalmente visuale che ha fatto della vista il senso principale e razionale. Azzardo a dire, seguendo McLuhan, che l’uomo occidentale ha dato “un occhio per un orecchio” poiché ha spostato gran parte delle sensazioni che gli giungono sul campo visuale; basti pensare alla televisione, alla fotografia, alla carta stampata. È solito per l’uomo percepire come reale un suono mediante la visione della sua fonte. Ora, il termine acusmatico, con il quale intendiamo l’ascolto di un oggetto senza che sia possibile percepirne la fonte e al quale si sono riferiti negli anni Cinquanta Peignot e Shaffer – recuperando il racconto pitagoriano nel quale si tramanda che egli sostenesse le lezioni nascosto dietro a una tenda – sta a sottolineare la mancanza dell’immagine esterna rimpiazzata da quella interna prodotta dal cervello. Ricordiamo Edgar Varese, Luciano Berio, Karlheinz Stockhausen nella composizione per pianoforte, sintetizzatore e musica elettronica per una ricerca di più avanzati metodi di lettura musicale, alla continua scoperta di territori inesplorati.

L’arte acusmatica, considerata un tipo particolare di musica elettronica, continua la sua evoluzione già ben nota dagli anni Novanta con la Techno. Zimmerfrei dà origine ad una fruizione creativa enfatizzando un senso ed eliminando l’altro come rottura del binomio immagine/suono.
In Serenata per un satellite di Bruno Maderna, non si trova un ordine prestabilito nella partitura o nell’esibizione, bensì una diffusione sonora della musica, pensata per essere suonata non con rigore e linearità, ma come modello circolare in cui il suono, o la lettura del suono, avviene su un pentagramma senza fine. Si parte e si arriva dove si vuole; si tratta dunque di una composizione immaginaria dell’evento, in cui il suono è incondizionato da regole. In questo senso Zimmerfrei sperimenta uno studio in atti irreversibili dal significato intrinseco e simultaneo, di sintesi tra spazio e tempo, tra luce e spazio, tra movimento e staticità.

C’era qualcosa che si muoveva nello spazio, che proliferava nella mente e si deformava sotto varie prospettive ottiche. Lo spazio si modellava con il via vai del pubblico che si addentrava nella trasformazione visiva dell’ambiente circostante: insomma, un’atmosfera non del tutto naturale e, quando dico naturale, intendo percepibile con il sensibile. Sono consapevole di aver esposto la mia sensazione. Penso che il mio intento non potrebbe mostrare una via più sincera.
Le ombre della gente creavano silhouettes che si dileguavano tra le varie antenne a forma di fiore, direi anche di piccolo girasole. La magia che si percepiva non poteva essere tale se non grazie all’apertura del cortile attraverso un lucernaio, alla notte incantata e animata da nuvole che si defilavano velocemente, ai giochi di luce che provenivano stesso dal cielo. Insomma, anche il cielo rispondeva e doveva rispondere alle varie domande che si erano posti gli autori per riuscire nel loro progetto, nelle loro ricerche.

Zimmerfrei è un gruppo bolognese nato dalla collaborazione di varie figure artistiche, pura unione creativa. Credo che il gruppo sia un naturale acceleratore e amplificatore del processo creativo con potenzialità molto più alte del cervello di un singolo individuo. Zimmerfrei in tale direzione ha mostrato un’inventiva unica collegabile alla loro interdisciplinalità. Il gruppo di artisti è infatti composto dalla performer Anna Rispoli, dalla videomaker Anna de Manincor e da Massimo Carozzi, soundesigner. Una miscellanea lavorativa che sperimenta campi nuovi, che si misura negli spazi interstiziali. Ritengo opportuno sottolineare l’intervento del curatore Domenico Scudero durante la conferenza introduttiva presso il MLAC, in occasione della quale è avvenuto l’incontro con gli artisti: egli ha valorizzato il concetto di luogo interstiziale come marginalità esistenziale, evidenziandone i tratti di alterità, di “qui e adesso”. Un’arte defilata in spazi alternativi, che sceglie luoghi marginali della società ultramoderna e tecnologica, che si mostra come momento di un’azione o anche di un solo attimo pensato come generatore sfuggente ad una riconoscibilità mercantile. Un’arte spesso alla ricerca di una porzione di vita fragile, crudele, sconosciuta, offerta in sacrificio del bello pur di essere sincera e vera.
Terreno su cui il gruppo bolognese basa le proprie pretese e orizzonte lavorativo. Se l’arte come interstizio è contrassegnata dalla presenza limitativa della sua magnificenza e si muove nell’aporia della sua stessa essenza, è ancora ripercorribile la storia considerata vincitrice in contrasto con il fenomeno marginale? Oppure sarebbe opportuno riconoscerla anche nelle sue lacune mute e silenziose per dare maggior sostanza allo sforzo odierno?

Il cortile est della Gnam segnala una trasformazione dello spazio in una grande “serra”; così viene definita dagli artisti stessi durante la conferenza. L’installazione, presentata insieme ad una performance live, integra e concepisce una formula tra campo di luce e suono. Strumenti musicali, tra cui batteria e chitarra, evidenziano l’aspetto live e teatrale del palcoscenico. 
Rilevante è la partecipazione del pubblico e la sua collocazione, che sembrerebbe insignificante, ma che si esibisce nell’intera cornice artistica ed è parte dell’evento, conferendo un ruolo determinante nell’osservazione dell’azione. Il pubblico era seduto sul pavimento al di sotto dei dispositivi sonori, a tratti si poteva notare il suo movimento, faceva parte del “giardino artificiale” e ne costituiva una forma simile ad un tappeto. Attraverso i suoi modi d’interferenza, la luce illuminava con grossi fari interi gruppi di persone che ricoprivano l’intera superficie dove erano fissati gli speakers. Con lo sguardo rivolto verso l’azione in svolgimento, ognuno cercava risposte a quel che si vedeva e si sentiva nella sala.

In Everyday (the satellite seems a little further out of reach) c’è un controllo dell’atmosfera in uno spazio che oscilla tra percezione naturale ed artificiale. L’ambiente indicato come una serra coltivata da “girasoli metallici”, da “suoni scorrevoli” e da un “live in concerto”, articola e genera una sensibilità confusa dall’ambiguità sensitiva, dalla paralisi fisica dell’io di fronte ad una forma che sembrerebbe fissa e statica ma che invece è carica di pathos e di contenuti intriseci in continuo movimento. Il pubblico, che si presta alla contemplazione e al godimento percettivo in un ambiente in cui la forma è in armonia con ciò che la circonda, e che stabilisce un contatto fisico e mentale con l’opera, si presta ad essere “coltivato” anche lui da questo grande apparato, mescolandosi e mimetizzandosi nello spazio che lo avvolge. Egli percepisce l’Aura, cattura il suono-visibile, ne stabilisce un rapporto con spirito di adattamento, diventa anche lui un “girasole naturale”.

ZimmerFrei e 3/4HadBeenEliminated, Everyday (the satellite seems a little further out of reach), 12 giugno 2008, foto Geoffrey Di Giacomo.