Descritti come provocatori, critici ed esplosivi, gli enfants terribles Jasmin Bilodeau, Sébastien Giguère et Nicolas Laverdièrele, in arte BGL, rappresentano il Padiglione Canadese alla 56° Biennale di Venezia. È un collettivo artistico che si è formato all’Università di Laval in Québec, nel 1996, le loro opere ricorrono all’umorismo e alla stravaganza per attirare l’attenzione su questioni sociali e politiche, (BGL, www.bravobgl.ca). I BGL dicono di loro: “Nel nostro lavoro, sperimentiamo un vero piacere per dimenticare il quadro usuale e convenzionale in cui l’arte è vissuta in modo da ridurre le distanze tra le persone e l’arte e portare lo spettatore crudo e squilibrato, a vivere un’esperienza fisica ed attiva . Le nostre opere mirano a raggiungere preoccupazioni sociali nel tentativo di gettare uno sguardo significativo presso la società in cui partecipiamo”. (Dans notre travail, nous éprouvons un réel plaisir à faire oublier le cadre habituel et conventionnel où l’art est vécu afin d’abattre les distances entre l’homme et l’art et ramener le spectateur à vif et déséquilibré, à vivre une expérience physique et active. Nos oeuvres visent à rejoindre des préoccupations sociales en tentant de jeter un regard évocateur sur les sociétés auxquelles nous participons.).

In occasione della 56° Biennale di Venezia intervisto la storica dell’arte contemporanea canadese, una delle massime esperte dei BGL, Audrey Careau.

 

Luisa Galdo: Possiamo dire finalmente i BGL a Venezia oppure perché i BGL a Venezia?

Audrey Careau: È stata un sorpresa per tutti noi, anche se lavorano da molto tempo ormai, quasi venti anni. Il gruppo si è formato nel 1996 quando hanno terminato l’Università. Hanno partecipano a grandi esposizioni in tutto il mondo, a Montreal, Parigi, Barcellona, Cuba, ed inoltre hanno fatto molte residenze. Nella comunità artistica sono molto apprezzati. Non so esattamente perché hanno scelto loro ma sono molto felice che siano invitati a Venezia.

L.G.: Chi sono i BGL?

A.C.: Un collettivo artistico. Dopo l’Università hanno iniziato a lavorare in Québec City, la loro città, e presto hanno partecipato a diverse residenze realizzando ottimi lavori, ed imponendo da subito la loro cifra stilistica fatta sostanzialmente di humour. Lavorano con l’attualità, con le situazioni, usano materiali semplici come il legno, la plastica: hanno iniziato riproducendo oggetti ordinari e quotidiani, come l’opera Cellulaires, 1999-2003, cellulari fatti di legno. Ma con gli anni la loro concezione dell’arte si è ampliata, sono maturati e a partire dalle sculture in legno sono stati in grado di realizzare grandi installazioni, occupando spazi immensi e permettendo allo spettatore di vivere qualcosa di più totalizzante, un’esperienza artistica che possiamo definire “immersiva”.

L.G.: La loro concezione dell’arte sembra molto vicino a quella dei surrealisti e dadaisti.

A.C.: Certo, i surrealisti connettono l’arte alla vita ed è quello che fanno i BGL, ma non è l’unica influenza. Abbiamo avuto grandi artisti qui in Québec, e loro stessi mi hanno rivelato in un’intervista che si sono ispirati in particolar modo a Pierre Ayot, uno dei primi promotori della Pop Art canadese che ha fatto grande uso dell’ironia nei suoi lavori.

L.G.: Il concetto di improduttività nei BGL non nasce dalla volontà di rendere inutilizzabile un oggetto, cioè di svuotarlo della sua funzione originaria decontestualizzandolo, ma dalla capacità di scegliere oggetti già utilizzati e che hanno terminato la loro funzione “esistenziale”, quasi a garantirne un percorso alternativo, a dare una nuova chance, pur restando improduttivi. L’inefficienza esistenziale, la resistenza innata alla proliferazione, l’immunità genetica al fascino della costruzione collettiva, sembra quasi il proseguo di un percorso già iniziato da Duchamp con il Grande Vetro.

A.C.: I BGL dicono: “Siamo come una coppia, ma senza il sesso! Noi siamo come le donne con le barbe!” (Mary Christa O’Keefe, «Les Clones Tristes: BGL’s tragicomic manifestations», Locus Suspectus, n°5 (hiver 2007), Online) anche a me hanno fatto pensare a Duchamp con questa espressione! Io credo che i BGL sappiano creare una “poetica” improduttività dell’oggetto, cioè da un oggetto insignificante, inutile, realizzano qualcosa di veramente grandioso, stupefacente, ed in questo modo producono anche una poetica esperienza dell’arte attraverso le cose. Ad esempio nel lavoro Abondance difficile à regarder, 2000, utilizzano centinaia di bottiglie di plastica per una struttura di ferro molto grande. Da lontano, quando sei fuori dalla struttura, è tutto meraviglioso, perché la luce che filtra dall’interno, attraverso le bottiglie di plastica messe tutte insieme, crea un effetto veramente suggestivo. Poi quando entri dentro la struttura ti rendi conto che sono lo solo delle bottiglie ed è straordinario quello che sono riusciti a fare.

L.G.: Quindi dall’improduttività dell’oggetto alla produttività poetica dell’esperienza artistica?

A.C.: Esatto!

L.G.: Ma l’improduttività potrebbe diventare produttività se parliamo di riciclo.

A.C: I BGL sono molto sensibili a questa tematica del riciclo, sono dei grandi sostenitori, quindi il loro non è solo un approccio artistico, ma anche personale, come individui, come cittadini. Ad esempio l’opera Le manège, 2002,è una riflessione su quanti oggetti produciamo. Hanno costruito una specie di bilancia gigante, e da una parte facevano accomodare le persone mentre dall’altra, in un contenitore, mettevano i rifiuti, in questa maniera era possibile vedere a quanti oggetti buttati corrisponde il peso di una persona. Èstata un’esperienza strana, però è un’esperienza che fa riflettere.

L.G.: Un altro aspetto fondamentale dei BGL è il dark humour che pervade quasi tutte le loro opere, e fa pensare al teatro dell’Assurdo.

A.C.: I BGL spesso mettono le persone di fronte a situazioni assurde. Molto divertenti ma assurde. Come quella in Promener son chien, 2005, ad uno dei componenti del gruppo è morto il cane dopo tanti anni, hanno avuto la capacità di imbalsamarlo e portarlo in giro a spasso con la macchina. Il giro è stato veloce, però quando ho visto il cane attaccato alla macchina mi sono chiesta cosa stesse succedendo. Lo stesso con Montrer ses trophées, 2005, una macchina con un enorme cervo sopra che trasporta dietro una specie di moto gigante capovolta. Le persone che si fermavano a vedere dicevano posso toccare il cervo? Le reazioni sono state diverse c’è chi si incuriosiva, chi si divertiva.

L.G.: Questo dark humour è tipico del Québec ?

A.C.: Non lo so, a Roma al Macro ho avuto la possibilità di vedere l’esposizione di alcuni pittori provenienti dal Belgio e avevano lo stesso dark humour, (I Belgi. Barbari e Poeti, Macro, Roma 2015). Molti artisti usano l’humour quindi non credo che sia specifico del Québec ma dei BGL sicuro.

L.G.: Esiste un altro collettivo in Canada come i BGL?

A.C.: Esistono, ma i BGL sono unici perché hanno lavorato sin dall’inizio insieme e poi sono amici prima di essere un collettivo artistico. La cosa straordinaria è che hanno saputo conservare la stessa energia e freschezza dell’inizio, quando andavano all’Università, ed è visibile nelle loro opere come quella presentata a Venezia.

L.G.: Effettivamente è contagiosa la loro energia, si divertono insieme ed è piacevole stare con loro, si ride sempre. Qual è il lavoro che ti ha coinvolto di più?

A.C.: È difficile dirlo sono tutti meravigliosi, devo pensarci. Forse il mio preferito è Sentier Battu del 2001. Quando fai un giardino devi distruggere tutto per controllare lo spazio. Questo intervento è stato fatto in un bosco, hanno scelto una zona dove avevano tagliato degli alberi lasciando a terra dei tronchi. I BGL hanno posizionato una rete di ferro filato e piccoli rettangoli colorati di verde sopra questa zona per ricordare l’effetto che si poteva vedere prima della distruzione. Ma questa rete veniva legata a metà dell’altezza degli altri alberi circostanti, pertanto quando ti posizionavi sotto la rete la sensazione era quella di stare in un bosco fatto di alberi tagliati a metà. Non si poteva vedere il resto del bosco, e questo era molto frustrante. Ed anche qui le reazioni erano diverse, ricordo che un uomo si è arrabbiato talmente tanto, perché pensava che avessero tagliato tutti gli alberi per fare questa installazione, che voleva picchiarli. E chiedeva in continuazione: “perché avete fatto questo?”. I BGL hanno risposto: “abbiamo distrutto tutto per fare questo giardino”, alimentando la reazione violenta dell’uomo. Fortunatamente c’era una specie di ponte dove si poteva accedere per vedere al di sopra della rete e quindi il resto del bosco. E gli alberi erano intatti!

L.G.: I BGL spesso lavorano sul tema dell’incidente e della catastrofe.

A.C.: Simulano incidenti, catastrofi, inserendo il fruitore in un evento, in una storia in qualcosa che è già accaduto. Non ti fanno vedere come è accaduto, questo lo puoi solo immaginare, ma è accaduto qualcosa. L’aspetto tragicomico è che ti fanno ridere di fronte ad un evento molto drammatico come quello dell’incidente.

L.G.: Il fruitore è molto importante per i BGL.

A.C: Sì, è alla base dei loro lavori, è l’essenza stessa dei BGL.

L.G.: Cosa pensi del Padiglione Canadese a Venezia?

A.C.: Mi sono sempre rifiutata di vedere l’atelier dei BGL qui in Québec perché volevo godermi l’esperienza direttamente a Venezia. Ed è stato sorprendente, magnifico! Per primo non sembrava assolutamente un Padiglione, da fuori l’impressione era quella di un cantiere ancora aperto. Poi quando sono entrata mi sono trovata in un negozio di prodotti di uso quotidiano, e pensavo che fosse realmente un negozio, solo dopo mi sono resa conto di dove mi trovavo. Proseguendo il percorso ho ritrovato tutti i venti anni di lavoro dei BGL, sono riuscita ad individuare la loro cifra stilistica, il muro di plexiglas dove scorrevano monetine, lo studio pieno di oggetti di ogni genere, e poi la terrazza costruita interamente da loro. Insomma è stato grandioso!

L.G.: Quindi il Padiglione è la summa di tutto il lavoro in questi anni?

A.C.: Credo di sì, puoi trovare tutti i pezzi che hanno composto il loro lavoro in questi anni. Dalle sculture, ai pezzi di legno, l’accumulo spropositato di oggetti, alla struttura traballante della terrazza. C’è un termine che può rappresentare alla perfezione la loro arte ed è: patenteux, vuol dire DIY (Do It Yourself), sono persone che amano creare cose dal nulla utilizzando materiali poveri, riciclati, antichi, e dando loro una nuova vita, trasformandoli in qualcosa di strano. C’è anche un libro intitolato Les patenteux du Québec, questa parola è molto connessa con la cultura del Québec .

L.G.: Ti è piaciuta la Biennale?

A.C.: Ci sono cose molto belle altre meno, è stato difficile vedere la Biennale in poco tempo e infatti non ho visto tutto, ma i Padiglioni che mi hanno emozionato di più sono quello del Giappone e della Svizzera, e qualcosa dell’Arsenale.

L.G.: Quest’anno il tema della Biennale è All the World’s Futures? Quale è il futuro dei BGL.?

A.C.: Sono certa che sarà un futuro molto prosperoso, hanno lavorato molto, sono molto apprezzati in tutto il mondo, sono sicura che sarà un ottimo futuro.

L.G.: È una grande occasione anche per Québec City?

A.C.: Certo, perché quando pensi all’arte in Canada pensi alle grandi città, Montreal, Vancouver, Toronto, mentre i BGL hanno deciso di rimanere qui, in Québec City, di condividere la vita con questa comunità di artisti, e hanno formato una famiglia qui, amano questa città e si sentono veramente liberi di creare, e credo che sia questo il vero motore che li caratterizza, la libertà di produrre. Qui, in Québec City, la trovano.

L.G.: Effettivamente è una città molto tranquilla che ti permette di pensare e creare. Ho trovato una grande comunità artistica, durante il mio soggiorno nell’autunno 2014. Ma è pur vero che il governo canadese è tra i più grandi promotori dell’arte contemporanea. Aiuta tantissimo gli artisti.

A.C.: Qui ci aiutiamo tutti, per qualsiasi problema siamo pronti ad aiutare l’altro, c’è una sana competizione, è una piccola grande comunità. Certamente senza il sostegno dello stato canadese le cose sarebbero molto più difficili.

L.G.: È divertente pensare che in questa piccola e tranquilla città nasce e cresce il dark humour dei BGL.

A.C.: Forse è l’inverno che cambia completamente i colori della città! Non dimentichiamo però la loro attitudine alla poesia, che troviamo anche nella composizione degli oggetti. Credo che sia l’aspetto che mi ha incoraggiato di più ad approfondire la mia ricerca su di loro.

 

Intervista realizzata via skype il 4 giugno 2015, Roma-Québec City.

 

 

Video

Abondance difficile à regarder, 2000 https://www.youtube.com/watch?v=BCpWWTkijN0

Le manège, 2002 https://www.youtube.com/watch?v=Z_kxEVW2Rgo

Sentier Battu, 2001 https://www.youtube.com/watch?v=YqWOC6aWtvw

 

 

Didascalie

Dall’alto:

Cellulaires, 1999-2003, legno, Québec

Abondance difficile à regarder, 2000, plastica, metallo, filo. Musée nationale des beaux-arts du Québec.

Le manège, 2002, Émergence, Îlot Fleurie, Québec

Promener son chien, 2005, Québec

Montrer ses trophees, 2005, Québec

Sentier Battu, 2001, Festival international de jardins, Grand-Métis

Canadissimo, 2015, 56° Biennale di Venezia, Padiglione Canada, Italia

Canadissimo, 2015, 56° Biennale di Venezia, Padiglione Canada, Italia con Jasmin Bilodeau,

Sébastien Giguère et Nicolas Laverdièrele, in arte BGL e la curatrice Marie Fraser.