L’attività di Mario Schifano come film-maker coincide con il suo carattere prettamente contemporaneo che si risolve in un rapporto di contiguita’ tra cinema e pittura, non a caso egli è stato uno dei primi artisti in Italia ad aver portato nella pittura i linguaggi della comunicazione di massa. Schifano mostra la sua propensione ad un’estetica multimediale intesa come nuovo stimolo visivo, mediante l’uso di apparecchi fotografici e macchine da presa. I mezzi di comunicazione di massa vengono utilizzati dall’artista come contenitori di stimoli sensoriali ed espressioni visive della societa’ contemporanea: Il suo occhio obiettivo, abituato ad “inquadrare” l’immagine, traduce ciò vede non più e non solo su tela, ma anche su pellicola, soddisfacendo le sue continue ricerche sul dinamismo e dando nuove dimensione alla qualità del fenomeno estetico. L’artista, pur non avendo mai preso parte alla Cooperativa del Cinema Indipendente, è considerato uno dei più grandi autori del cinema d’artista. Ad accomunare i suoi film agli sperimentalismi sotterranei sono i temi trattati (cinema di contestazione sociale e politico), il tipo di montaggio, le inquadrature sbilenche e l’uso della pellicola scaduta; ma soprattutto la mancanza di una sceneggiatura e di uno sviluppo narrativo che mette in crisi il tradizionale concetto di tempo. Non è un caso che Human Lab, unico film dotato di sceneggiatura scritta nel 1970 in collaborazione con Tonino Guerra e finanziato da Carlo Ponti, non è stato mai realizzato.
L’attività di film-maker di Schifano si esaurisce in pochi anni, caratterizzando il suo lavoro non solo per la tempestività in cui ha risolto l’operato cinematografico, ma proprio per il modo in cui lo ha eseguito. Schifano realizza i suoi primi cortometraggi in seguito ad un viaggio in America, nel 1962, in cui l’artista ha modo di riprendere con una certa ossessione per l’inquadratura (spesso traballante e quasi mai in asse), tutto ciò che lo colpisce a prima vista. Da questo materiale filmico nasce Round Trip (1964). Reflex, realizzato sempre durante il soggiorno in America, è incentrato sulla storia di un fotografo di moda. Rientrato in Italia Schifano realizza Carol + Bill, film muto con William Berger sua moglie Carol, Renato Salvatori e Annie Giradot. Anna è il titolo del cortometraggio successivo, della durata di 12 minuti in cui viene ripresa in diverse situazioni Anna Carini. Nel corso di questo periodo Schifano realizza altri cortometraggi di gusto “monografico”: Ferreri, un omaggio all’amico regista; Jean-Luc ciné ma Godard (oggi irreperibile) girato sul set di Week-end di Jean-Luc Godard; Fotografo, dalla breve durata di soli 3 minuti, in cui viene ossessivamente ripreso Renato Gozzano nel suo atelier mentre fotografa alcune modelle. Nel 1967 l’artista realizza Vietnam, con Marco Ferreri ed Ettore Rosboch. Come suggerisce il titolo stesso sono immagini di repertorio della guerra del Vietnam. Serata è un cortometraggio in cui vengono ripresi diversi programmi televisivi per 16 minuti circa. Le immagini che trasmette la tv non sono stabili, traballano a causa dello scarto che intercorre tra il ritmo televisivo e quello cinematografico, provocando un’interlinea orizzontale nera che ricorre spesso non solo nei film, ma anche nelle tele dell’artista. In Souvenir Schifano riprende provocatoriamente Gerard Malanga mentre simula di farsi una “dose” sul colonnato del Bernini a Piazza San Pietro, sotto gli occhi dei passanti. Made in USA e Silenzio, entrambi del 1967 muti e in bianco e nero, sono stati presentati durante la mostra tenutasi alla galleria L’Attico di Roma da Alberto Boatto e Maurizio Calvesi. Anche Anna Carini vista in agosto dalle farfalle (1967) è stato proiettato in occasione della personale nella galleria Marconi di Milano. Protagonista del film, Anna Carini, viene ripresa da Schifano con un particolare obiettivo munito di lenti prismatiche le quali conferiscono un effetto di moltiplicazione dell’immagine, simulando il modo di vedere degli insetti. In Film la presenza ingombrante del mezzo cinematografico viene continuamente ribadita, sottolineandone l’aspetto “artificiale”. A conferma di ciò l’effetto muto rende del tutto inverosimile le immagini riprese.
Dopo i cortometraggi, intesi come lavori sonda atti ad esplorare il mezzo cinematografico, schifano realizza la Trilogia, comprendente i film Satellite (1968), Umano non umano (1969) e Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani (1969). La Trilogia, che permette a Schifano di entrare a pieno titolo tra i registi dell’underground italiano, è caratterizzata da uno stile frantumato e dispersivo composto per blocchi che acquistano una loro discorsività  mediante dei suoni, rumori o immagini ricorrenti tra una sequenza e l’altra. Il montaggio, apparentemente arbitrario ed insensato, in realtà ho pensato col fine di dare una corrispondenza tra il sonoro e le immagini, ed esprime la propensione dell’artista per la frammentarietà (non solo cinematografica ma anche pittorica).
In Satellite (eseguito con l’aiuto del direttore della fotografia Mario Vulpiani) lo spettatore compie un viaggio nelle apparenze, reso tangibile mediante la sovrapposizione delle immagini. Con un ritmo convulso e frammentario le scene di violenza in USA, in Vietnam o in Cina arrivano al fruitore scarnite della loro tragicità, non sensibilizzando la coscienza di chi le guarda perché mediate dal freddo mezzo televisivo. Umano non umano, uno dei pochi film d’artista ad essere stato prodotto, è da molti critici considerato come il piu’ bel esempio sperimentale del cinema italiano anni Sessanta. Nel film fanno da cerniera tra una sequenza e l’altra le immagini di guerra riprese dalla televisione, mentre il trait d’union sonoro è il battito cardiaco che cessa solo in alcuni momenti. Schifano ha voluto rappresentare, con un montaggio a salti temporali, il “non umano” della cultura occidentale, effimera ed insopportabile (spesso ripresa con l’ottica deformante del grandangolo), contrapposta all'”umano” della resistenza vietnamita e della rivoluzione cinese. Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani termina il percorso della Trilogia. Eseguito con l’aiuto di Ivan Stoynov, un professionista nel settore cinematografico, per la prima volta compare un protagonista, il regista Franco Brocani che nel film veste i panni di un uomo alla ricerca di se stesso.
Gli ultimi lavori cinematografici di Schifano risalgono al 1985, anno in cui realizza per Raitre la sigla televisiva della durata di 2 minuti de La magnifica ossessione, un programma di Enrico Ghezzi nato per celebrare i novant’anni di cinema. Nel 1994 Schifano esegue una serie di spot d’artista per l’Absolut Vodka di pochi secondi ciascuno in cui compaiono amici e parenti. Con Absolut Spot Schifano entra di nuovo in contatto con la sua musa ispiratrice: la televisione, osservata con il suo occhio feticista, leit motiv ossessivo di tutta la produzione pittorica, fotografica e cinematografica di Mario Schifano.