Carlos Amorales è nato a Città del Messico dove risiede. Ha studiato alla Gerrit Rietveld Academie di Amsterdam dal 1992 al 1995 e alla Rijksakademie van Beeldende Kunsten di Amsterdam dal 1996 al 1997 presso la quale dal 2008 è tutor. Dal 2008 è membro del Sistema Nacional de Creadores, in Messico.

Carlos Amorales, Remix
A cura di Daniela Lancioni
8 novembre 2010 – 27 febbraio 2011
Palazzo delle Esposizioni
Via Nazionale, 194 – Roma
www.palazzoesposizioni.it
Catalogo Skira

Note:

(1) Carlos Amorales: Remix, catalogo della mostra a cura di Daniela Lancioni, Palazzo delle
Esposizioni, Roma, 2010; intervista all’artista realizzata da studenti della facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università Sapienza di Roma, p. 34.
(2) Carlos Amorales, Liquid Archive – Why fear the future?, Universidad Nacional Autonoma de Mexico, 2007.
(3) Carlos Amorales: Remix, cit., p. 37
(4) Arthur C. Danto, The Transfiguration of the Commonplace. A Philosophy of Art,
Harvard University Press Cambridge (Mass.)-London, 1981; ed. it. La Trasfigurazione del banale. Una filosofia dell’arte, a cura di Stefano Velotti, Editori Laterza, Roma-Bari, 2008.

Carlos Amorales (Città del Messico, 1970) è considerato uno degli artisti più promettenti delle nuove generazioni. La mostra – la prima in Italia – che l’artista propone al Palazzo delle Esposizioni è inserita all’interno di un ciclo espositivo che ha come filo conduttore il Messico: le opere di Amorales sono affiancate, in altre sale del Palazzo, dalle immagini della rivoluzione messicana e dai manufatti provenienti dall’antica civiltà dei Teotihuacan. Se in Amorales esiste un rimando alla cultura messicana, questo è riscontrabile in un certo repertorio iconografico fatto di maschere, teschi, tipologie diverse di uccelli e da una possibile relazione con la tradizione artistica più recente che si avverte nell’utilizzo del muro come supporto delle opere, come accadeva per i muralisti messicani. Tuttavia è sempre più difficile – se non impossibile – affrontare un artista delle nuove generazioni in una chiave di lettura esclusivamente nazionalistica. Amorales si considera un artista messicano e pensa alla sua arte in messicano (1), tuttavia il suo processo creativo è legato innanzitutto alla grafica computerizzata e alla storia dell’arte occidentale: i suoi lavori sono prevalentemente performance, installazioni ambientali e site specific, non solo influenzati dal proprio esclusivo ambito nazionale, ma contaminati da numerosi fattori.
Lo stesso titolo della mostra, Remix, è un riferimento al sovrapporsi l’un l’altra delle singole installazioni che l’artista finora aveva presentato sempre separatamente: tutti i lavori, pur mantenendo una propria autonomia visiva, tendono a intrecciarsi tra loro, come a voler sottolineare una coerenza interna, una sorta di continuità visiva e concettuale dell’intera opera dell’autore.
Questa contiguità concettuale tra le opere è ancor più evidente considerando The Skeleton Image Constellation (Liquid Archive) come un’opera che rappresenta una sorta di “guida” alla lettura di tutti i lavori in mostra, in quanto è quasi l’esatta trasposizione fisica dell’Archivio Liquido, archivio generatore di tutte le opere dell’artista. Già dalla fine degli anni Novanta Amorales aveva iniziato a definire una pratica di catalogazione e numerazione di immagini: sono oltre tremila le figure che l’artista ha tratto da riviste, da internet, da libri oppure da foto scattate personalmente. Le immagini sono acquisite con un programma di grafica vettoriale, trasformate e rimodificate dallo stesso Amorales e dagli assistenti che seguono il suo lavoro collaborando con lo Estudio Amorales. Se da un lato vi è uno sforzo di catalogazione, di organizzazione delle immagini, dall’altro vi è una liquidità intrinseca che appartiene a queste forme che inevitabilmente crescono, aumentano, rendendo quasi impossibile lo sforzo di catalogazione. “The archive I called liquid because as in essence each image is just a mathematic equation I consider them to be colorless, odorless and tasteless, they can as well be in a liquid, vapor or frozen state.”(2)
L’Archivio Liquido esiste solo sotto forma di equazioni numeriche all’interno del computer di Amorales e per essere mostrato era necessario materializzarlo: dall’archivio nascono infatti tutti i lavori dell’artista. El estudio por la ventana, il disegno che corre lungo la quasi totalità delle pareti del Palazzo delle Esposizioni, è stato realizzato con l’ausilio di sagome di plexiglass tratte dall’Archivio Liquido; lo stesso vale per le farfalle di cartone nero che compongono l’installazione Black Cloud e le sagome di uccelli stampate sui poster di Why fear the future?.
Anche l’immagine di partenza dell’installazione che domina lo spazio più ampio della mostra, Drifting star, è tratta dall’archivio liquido: l’elaborazione grafica di questo lavoro proviene dal fermo immagine di un video che Amorales aveva commissionato al designer grafico Andre Pahl, in cui un uccello, tratto a sua volta dall’archivio liquido, si frantumava in una molteplicità di frammenti.
Queste opere si presentano con propri particolari aspetti formali e si relazionano in maniera attiva con lo spazio che occupano, suscitando possibili ed eterogenee sensazioni visive. Ma ciò che le rende interessanti – in vista di un’analisi che intenda soffermarsi sul senso del lavoro di Amorales – non è tanto la loro singolarità fenomenica, quanto un senso di continuità interno al lavoro, ben esemplificato dalla ricorrenza dell’Archivio: una sorta di “vocabolario visivo”, come lo stesso Amorales lo definisce, ovvero uno strumento per provare a leggere il contenuto concettuale ricorrente nei suoi lavori. (3)

Nel testo La trasfigurazione del banale, Arthur Danto (4) aveva confrontato due oggetti percettivamente indiscernibili analizzando le motivazioni per cui uno dei due potesse essere definito come un’opera d’arte, mentre l’altro come un mero oggetto reale. L’esempio celebre di Danto era quello delle famose Brillo Box di Andy Warhol, pressoché identiche alle comuni scatole Brillo presenti all’interno di tutti i supermercati americani. The Skeleton Image Constellation (Liquid Archive) ben si presta a questo esperimento: l’opera è realizzata stampando alcune immagini tratte dall’Archivio Liquido sottoforma di cartoline mostrate attraverso espositori molto simili a quelli presenti nei bookshop dei musei. Ora, se consideriamo queste cartoline come un’opera d’arte di Carlos Amorales, lo stesso non accadrebbe per delle cartoline con le immagini dei manufatti Teotihuacan presenti al piano inferiore nel bookshop del museo. Queste ultime avrebbero semplicemente il puro valore di ricordo della mostra appena visitata per chiunque le volesse acquistare, un valore funzionale per la sussistenza economica del museo e, soprattutto, sarebbero la mera riproduzione di un’opera esposta. Ma se all’interno del bookshop del Palazzo delle Esposizioni fossero presenti gli stessi identici espositori con le stesse identiche cartoline che Amorales ha fatto stampare per il suo lavoro, cosa definirebbe l’artisticità dell’opera e la non-artisticità di quelle cartoline?
Il compito che Danto perseguiva nella Trasfigurazione del banale era quello di sgomberare il campo da ogni teoria di indefinibilità dell’arte per coglierne l’essenza. Tuttavia il tentativo di Danto fallisce, dopo innumerevoli tentativi e idee persuasive e stimolanti. Forse la definizione di “opera d’arte” è una nozione che nessuno studioso ha la capacità di poter definire e l’arte non è suscettibile di definizioni, ma solo di atteggiamenti nei suoi confronti.
Secondo questo principio l’opera di Amorales non è un’opera d’arte semplicemente perché inserita all’interno di un ambito espositivo normalmente predisposto per ciò che comunemente chiamiamo “arte”: se l’arte non accetta definizioni non si può parlare di opere in quanto tali, ma solo di un insieme di atteggiamenti e di pensieri di chi fa arte, chi ne fruisce e chi riflette su di essa.
L’Archivio Liquido è un catalogo di forme che Amorales e il suo studio portano avanti da anni e che è alla base delle opere d’arte che Amorales realizza, quindi, più che un’opera d’arte, è uno strumento a disposizione degli altri lavori, un semplice mezzo. Ma la coerenza interna del lavoro dell’artista non si riduce semplicemente all’utilizzo delle forme che egli ha raccolto e catalogato: ne è, semmai, una condizione preliminare. The Skeleton Image Constellation (Liquid Archive) è un’opera d’arte in base al concetto che precede l’opera e si mostra nell’opera. Infatti, l’aspetto determinante di questo lavoro consiste nella possibilità per gli spettatori di poter prendere le cartoline e portarle con sé, fuori dal mondo dell’arte. Come ha affermato lo stesso Amorales, perché l’opera d’arte si metta in azione è necessario che gli spettatori prendano le cartoline e le inseriscano all’interno di un ambito esterno a quello istituzionale. Un elemento costante nella carriera di Amorales è il desiderio di uscire fuori da tale contesto istituzionale. Tuttavia, permane una questione aperta, ovvero: additando l’artisticità dell’opera a questa partecipazione degli spettatori non si può ancora distinguere il gesto compiuto dallo spettatore che porta con sé alcune cartoline di Amorales dal gesto che ci fa scegliere una qualsiasi cartolina del bookshop.
Probabilmente la partecipazione per Amorales non è vista come un semplice gesto: l’elemento discriminante è il valore in potenza nel gesto. Tuttavia, questa presunta interattività – che sembra l’elemento fondante di molte pratiche artistiche attuali – spesso si traduce più in una interpassività, come l’ha curiosamente definita Slavoj Zizek. La partecipazione e il coinvolgimento di molti spettatori a opere che si limitano a far girare alcune manopole, per sentire qualche suono indistinto e vedere qualche macchia di colore, sembra essere indice solo di proposte poco stimolanti votate a una forma di coinvolgimento più passivo che attivo. Di fatto, The Skeleton Image Constellation (Liquid Archive) non ha a che fare con la partecipazione intesa in questo senso riduttivo: portando a casa una cartolina non si può dire di aver partecipato all’opera. La partecipazione che Amorales richiede è una partecipazione più ideale che reale, nonostante si manifesti attraverso un gesto reale. Si possiede un’opera non possedendola materialmente, ma partecipandone attivamente.
Come ha affermato lo stesso Amorales, l’arte diventa significativa quando non la si può controllare, ovvero quando un’opera è un’esperienza collettiva e molteplice che richiede il coinvolgimento degli altri. Ma l’esperienza artistica che Amorales propone non è il coinvolgimento attraverso la scelta di una cartolina, ma l’idea stessa del coinvolgimento: prestare attenzione criticamente al fatto che un’opera d’arte non lo è mai in quanto tale, ma solo in virtù di un nostro atteggiamento.
Amorales è un’artista che si pone fuori dalle sicurezze dell’arte, al di fuori di ogni sapere dogmatico e ortodosso, oltre gli slogan sull’arte che comunemente chiamiamo in questo modo. Il suo lavoro, in maniera paradigmatica nell’Archivio Liquido, sembra affermare che le cartoline possono non avere alcun valore, dipende da un nostro atteggiamento critico nei confronti di ciò che vediamo. Allora se l’Archivio Liquido è un invito a un atteggiamento critico nei confronti di ciò che comunemente chiamiamo arte e lo stesso archivio ne è alla base, come catalogo di forme, ciò indica che tutte le opere di Amorales, pur muovendosi all’interno di un territorio già noto della storia dell’arte (installazioni ambientali, performance, graphic design) hanno come nocciolo duro questo concetto di critica interna al mondo dell’arte e a ciò che negli ultimi venti, trenta anni si definisce “arte”. Il lavoro di Carlo Amorales è particolarmente interessante per questa implicita volontà di mettersi in discussione.

Opere della mostra “Carlos Amorales. Remix” nelle sale di Palazzo delle Esposizioni di Roma
Foto 1-6: Claudio Abate

1. Drifting Star, 2010
751 elementi di plexiglass
cm 1500×1450
Courtesy dell’artista e di Yvon Lambert, Parigi – New York

2. Drifting Star, sullo sfondo El estudio por la ventana, 2010
Matita su muro
Dimensioni ambientali
Courtesy dell’artista e di Kurimanzutto, Città del Messico

3. – 4. Drifting Star e Spider Galaxy , 2007
Costume di plastica, stoffa e metallo
Performance
Courtesy dell’artista e di Kurimanzutto, Città del Messico

5. Drifting Star, sullo sfondo Why Fear the Future?, 2005
Poster su muro (ciascuno cm 100×70)
Dimensioni ambientali
Courtesy dell’artista e di Kurimanzutto, Città del Messico

6. Why Fear the Future?, 2005
Poster su muro (ciascuno cm 100×70)
Dimensioni ambientali
Courtesy dell’artista e di Kurimanzutto, Città del Messico

7. The Skeleton Image Constellation (Liquid Archive), 2009
13 espositori e cartoline (ciascuna cm 15×10) con 1.040 differenti immagini
Dimensioni ambientali
Courtesy dell’artista e di Yvon Lambert, Parigi – New York.
Foto: Angela Matarise