Sukran Moral, Ambiguitas, performance, Roma 1994
Al centro di una stanza uno sgabello, sul quale è posto un testo in turco. Scopo: raccontare l’impossibile comunicazione con il pubblico ed in generale con l’ambiente artistico, perché “quando ho esposto la prima volta, io con questo piccolo lavoro, ho messo la telecamera, che registrava le reazioni e i commenti; i quali erano spiazzati, come se la gente non stesse a guardare veramente. La gente non vuole essere protagonista ma voyeur, quindi per l’uomo moderno tutto è oggetto”.
Gli artisti oggi con il relazionismo diffuso cercano tale contatto con l’altro e mettono in scena certi comportamenti un po’ inaspettati. “Io sono tra le prime a fare in Italia lavoro sull’identità, sull’essere straniera , essere donna, essere turca, lavorare sui miei vissuti”. Ricordiamo che negli anni ottanta (dopo i magnifici anni sessanta e dopo il decennio freddo successivo) , si vedono scomparire tutti i segni della identità individuale.
“Negli anni novanta il benessere va via, i lavori sono più aggressivi, più apertamente problematici”.

 

Sukran Moral, Arte espulsa e artista espulsa, 1994, installazione studio Rosa Leonardi, Genova.
“Era un lavoro di installazione metaforicamente da me costruito, una specie di cimitero di espulsi. Sullo sfondo immagini stampigliate di macchine fotografiche. Muro della galleria tappezzato di immagini della macchina fotografica, perché usata in sé come un fucile”.

 

 

 

Sukran Moral , Artista, 1994, fotografia dell’artista stessa in croce come Gesù Cristo.
La prima donna artista che si rappresenta in croce, e si rappresenta come uomo, in nome dell’androginia dell’artista. “Adoro la forma della croce. Adoro Gesù. Ha sottratto la adultera alla lapidazione, gridando: Chi è senza peccato scagli la prima pietra! Disse Gesù ai Talebani di allora”!

 

 

 

 

 

 

 

Sukran Moral, Matrimonio a tre, 1994, Installazione. è con 3 , in quanto ironico in due sensi, matrimonio occidentale con mentalità orientale, tuttavia androginia e non la poligamia. Uno dei tre mariti era una donna travestita da uomo (qui Miriam Laplante), per rendere più più accattivante la performance stessa.

 

 

 

Sukran Moral, Storia dell’Occhio, 1996
Fotografia, dice l’artisrta, Psicologica”.
Il lavoro ci dà una posizione scelta da se’; ho studiatio le posizioni delle donne nella storia dell’arte: posano a “pittore” a “marito”, a “amante” a “specchio”, non posano al pittore ma si fanno dipingere mentre si guardano allo specchio. Si mettono sempre “in posa”. Per questo, nella posizione divaricata per la nascita, la donna non si può mettere “in posa”. Quindi cercavo una donna che non è in posa ed è quella che vediamo e che mette in imbarazzo chi la guarda: con questo colpisce anche il voyeurismo del pubblico.

Sukran Moral, Dolore, 1999, performance.
All’epoca c’era guerra ed io volevo trovare un modo di rappresentare il dolore con una performance. Mi sono messa una cuffia a rete di quelle che si indossano dopo le operazioni chirurgiche: un cuffia molto torturante, in tutti i sensi.
Dopo ci siamo piegate su noi stesse con un dondolo molto drammatico come quello dei malati di mente.
Questio malati di mente li ho sempre molto osservati, perché sono legati ai miei vissuti passati. Trovo questo dondolarsi come di qualcuno che vuole raccontare i suoi pensieri e le sue uidee sofferenti e no. Un gesto minimale, ma molto efficace.
Van Gogh, ti ricordo, nelle sua corrispondenza con il fratello, scrive di star dipingendo un quadro che ricordasse ai marinai il dondolio della culla.

 

 

 

Sukran Moral, Museo e obitorio, 1997, performance.
Ho tappezzato tutto l’ingresso di immagini di obitorio, con celle mortuarie, per far sentire il museo come obitorio stesso, come luogo morto (come dice Bourriaud, a proposito dell’arte degli annio 90).
Naturalmente il Museo labnopratorio , di per sé non entra nel messaggio, nel senso che fgurdo alla sua architettura e alle associazioni che dicevo sopra come “metafora”.

 

 

Sukran Moral, Bordello, 1997, performance, biennale di Istanbul.
La artista si traveste da puttana turca con una parrucca bionda (globalistica, diremmo adesso), e si colloca alla porta di ingersso di un vero bordello turco. Un cliente improvvisato, vero, si mette a cantare e lo “ho usato come voce e suono di fondo del video poi realizzato”. Una cosa bella che mai mi sarei aspettata! Nel mio paese c’è l’ipocrita e medievale problema della verginità, le ragazze devono esserlo per sposarsi.
Ci sono delle pene per la nudità, per il bacio, etc.

 

 

 

 

 

Sukran Moral, Manicomio, 1997, fotografia di S.K., 50×70, performance realizzata sempre per la biennale di Istanbul del 1997.
Questa è una foto: la artista è entrata nel manicomio ancora esistente nel 1997.
“Un tempo era meglio cadere in carcere, che in un manicomio, in Turchia! Era – forse oggi ancora? – un luogo spaventoso”. Luogo che noi in Italia abbiamo conosciuto e superato grazie a Franco Basaglia che nel 1968 pubblicò “L’istituzione negata”!
“Sono entrata nella mia città nei posti più invisibili! I peggiori della città! Quelli dove non ci porta mai nessuno e a cui nessuno mai pensa! Una mia amica turca artista mi ha detto: tu hai dato uno schiaffo alla borghesia turca!”
Ma in verità lo schiaffo – oggi abbiamo capito – è a noi tutti.

Sukran Moral, Tramnsinstanbul, 1998, performance.
“Ho unito “transex ” ed ” instanbul”: e Instanbul assomiglia come città ad un transessuale! Esagerata le sua trasformazione, ma affascinante con il suo Bosforo e affascinanti i transex con questo loro essere ambigui!”.

 

Sukran Moral, Hamam per Istanbul, 1997, performance
Sukran va in un famoso bagno turco maschile.Vuole mostrare una cosa con un lavoro: usato il vapore che nell’ambiente artistico non è mai stato usato tra le materie dell’arte “il vapore entra come elemento artistico nell’arte, usato come elemento estetico. Ho voluto anche far vedere quando l’addetto mi lavava: sotto il guanto di crine esce dal corpo la pelle morta.” Quale è stato il rapporto con l’uomo che ti strigliava? ” Freddo, naturalmente e distaccato. C’era una mia sfida in atto, ma c’era anche la macchina da ripresa, altrimenti mi avrebbero fatto chissà che cosa!”. D’altronde ricordiamo che l’arte è sempre simbolica, perché altrimenti si muore!

Sukran Moral è nata in Turchia a Terme, e vive in Italia a Roma (Pigneto) e ad Istanbul.