La riflessione teorica (più precisamente semiotico-estetica) sulla fotografia, a partire dagli anni Settanta ha attribuito – attraverso i lavori di Krauss, Van Lier, Dubois, Schaeffer all’estero, e di Eco, Marra, Sini, Vaccari in Italia – una crescente importanza, quale strumento di analisi della complessa realtà costituita dalla fotografia e dal fotografico come logica operativa dell’arte contemporanea, alla nozione di Indice, che, insieme con quelle di Icona e di Simbolo, è centrale nella semiotica filosofica di Charles S. Peirce (Stati Uniti, 1839-1914).
Non di rado, però, questa tripartizione dei segni è stata assunta come riferimento in modo piuttosto sommario, a volte anche con rischi di fraintendimenti o di approcci riduttivi. A ciò ha contribuito anche il fatto che l’opera di Peirce non è di facile accesso, perché tuttora la fonte principale sono i Collected Papers, vasta compilazione (pubblicata fra il 1931 e il 1958) che smembra e ricompone i suoi scritti secondo criteri tematici, e così rende più difficile sia la conoscenza dei singoli testi nella loro integrità sia la percezione dell’evoluzione del pensiero dell’autore attraverso decenni di lavoro.
Ma, soprattutto, spesso non si tengono nella dovuta considerazione gli stretti legami che la teoria dell’indicalità ha con l’intera riflessione di Peirce, tesa dall’inizio alla fine a costruire non una semiotica in quanto disciplina specialistica bensì un complesso (e mai compiuto) “sistema” filosofico dal forte nucleo metafisico. Questo può lasciare perplessi in tempi, come i nostri, in cui per lo più si considerano tramontate definitivamente le ambizioni alla conoscenza della “realtà”, ma il riferimento a Peirce comporta anche la necessità di confrontarsi con questa posizione inattuale.
Nel mio libro Arte del fotografico (Pistoia, CRT, 2001) ho cercato di accennare a questi problemi (“Intermezzo 1”, p. 73-82), ma esigenze di brevità mi hanno costretto ad essere molto stringato al riguardo. Ora alcuni interventi recenti sulla fotografia dovuti a Franco Vaccari, Claudio Marra e Augusto Pieroni, nonché la “scoperta” (del cui ritardo mi confesso colpevole, anche se involontariamente) di un impegnativo saggio di Armando Fumagalli pubblicato già nel 1995 , mi spingono a propormi e a proporre un tentativo di approfondimento dell’indicalità fotografica alla luce del pensiero di Peirce e in dialogo con questi interventi e contributi.
Ciò che mi prefiggo è sia una ripresa e un approfondimento di quanto scrissi in Arte del fotografico sul complesso contesto filosofico entro cui Peirce delinea la sua teoria dell’indicalità, sia una schedatura (in ordine cronologico per le ragioni accennate sopra), di passi significativi dei suoi scritti concernenti l’Indice e in particolare l’indicalità fotografica. Ovviamente è esclusa ogni pretesa di completezza, dati i limiti attuali della mia conoscenza dell’opera peirceana; piuttosto, intendo avvalermi dei riferimenti testuali suggeriti da studiosi quali Krauss, Dubois, Schaeffer, Sini, Fabbrichesi Leo, Bonfantini, Proni, Fumagalli).
Da questa sommaria ricognizione sui testi vorrei trarre gli elementi per potere, da un lato, individuare con maggior precisione che cosa Peirce intenda o lasci intendere per indicalità della fotografia, e dall’altro tentare delle riflessioni sugli interventi di Vaccari, Marra e Pieroni a cui ho fatto riferimento sopra.
Naturalmente tutto ciò vorrebbe innescare una discussione sia con questi studiosi sia con altri interessati all’argomento, allo scopo non tanto – credo – di fare vere e proprie scoperte quanto – spero – di mettere meglio a fuoco (mi si passi lo scontato gioco di parole) concetti che sono tuttora centrali nella riflessione teorica sulla fotografia.