Frammenti di un discorso amoroso. Traduzioni, interpretazioni, adattamenti ed oltre…

13 giugno – 6 luglio 2013

A cura di Maddalena Rinaldi

Opere di: Alba Kia, Alessandra Baldoni, Alessia Demarco, Alessio Paolone, Andrea Natale, Elena Rondini, Monticelli&Pagone, Serena Scionti, Sergio Baldassini, Yo Akao.

Patrocinio: Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale, Università Sapienza, Roma

Sede: Centro Documentazione Ricerca Artistica Contemporanea Luigi Di Sarro, Via Paolo Emilio 28, Roma.

Orari: martedì-sabato 16:00-19:00

La mostra Frammenti di un discorso amoroso, curata da Maddalena Rinaldi presso il Centro Luigi Di Sarro a Roma, mette in luce due questioni importanti: la prima riguarda la giovane creatività artistica ed i suoi mezzi espressivi; la seconda, la loro modalità espositiva.

Il riferimento all’opera di Roland Barthes del 1977, infatti, può essere letto sia come tematica comune e collante delle varie opere, sia come modalità espositiva. Il concetto di frammentazione richiama due criteri fondamentali dell’arte che vuole essere contemporanea, quali quello del network e quello del Pale of history, ovvero il confine/limite della storia citato da Arthur C. Danto nel suo ben noto testo Dopo la fine dell’arte. Il frammento, per sua natura, richiama i concetti di network e rete con i quali, tanto l’artista quanto l’operatore culturale-curatore, devono confrontarsi. L’impossibilità dell’univocità, della monoliticità, sia essa tematica, ideologica o verbale, ormai è un dato di fatto dal quale bisogna partire. I Frammenti qui presentati, attraverso le opere di Alba Kia, Alessandra Baldoni, Alessia Demarco, Alessio Paolone, Andrea Natale, Elena Rondini, Monticelli&Pagone, Serena Scionti, Sergio Baldassini e Yo Akao, mettono in luce il concetto stesso di rete e network, andandosi a definire come una moltitudine di link te(le)matici soggetti ai più disparati collegamenti. La mostra, infatti, vuole essere un grande ipertesto, un ipertesto rizomatico e spontaneo, nel quale lo spettatore decide di costruirsi da solo il proprio percorso. Dall’altra parte, come detto, abbiamo il concetto di Pale of History. Il filosofo americano Danto, analizzando l’arte contemporanea nel suo farsi, individua in un dato momento storico, l’esposizione delle Brillo Boxes di Warhol nel 1964, la fine di quel lungo discorso storico-artistico iniziato da Vasari e concluso da Greenberg. L’opera d’arte, sostiene, non ha più bisogno di un concetto di stampo storico-artistico-giustificatorio per legittimare la sua presenza ed il suo valore, l’unica cosa di cui un’opera ha bisogno per definirsi tale è l’Aboutness, ovvero la sua irriducibile specificità, il suo non poter essere nient’altro che se stessa. Così facendo, Danto manda in frantumi la grande narrazione lineare e verticistica che aveva alimentato i manuali di storia dell’arte e, soprattutto, crea una sorta di frammentazione critica. L’operazione dantiana, più che essere un’operazione artistica o filosofica, rappresenta un’operazione verbale. Infatti, più che un’arte post-storica, quella delineata dallo studioso sembra essere un’arte post-critica e quello che, dunque, si rende assolutamente necessario per comprendere l’arte contemporanea diventa la creazione di un nuovo linguaggio. In questo contesto, la scelta di partire da un semiologo come Roland Barthes, per poter descrivere e delineare l’atteggiamento dell’arte contemporanea, acquista un valore fondante e la mostra in sé riesce poi a districarsi in maniera più che egregia tra le difficoltà presenti in un’operazione collettiva così eterogenea. L’aspetto più interessante sta proprio nella scelta delle opere, e logicamente nelle opere stesse, foriere di una forte connotazione estetica indipendente, cioè lontana da un sistema galleristico che giustifichi la loro validità, ed allo stesso indipendenti, nel senso di una positiva incuranza, da quel giudizio. In particolare quattro opere/operazioni mostrano una forte consapevolezza critica e stilistica; si tratta di quelle del duo Monticelli&Pagone, di Sergio Baldassini, Yo Akao e di Elena Rondini. Chiamati dalla curatrice Maddalena Rinaldi a muovere la loro ricerca da un capitolo del testo di Barthes, gli artisti hanno legato ed ampliato le loro poetiche in rapporto ai concetti espressi dal semiologo francese.

Nel caso di Monticelli&Pagone lo spunto è partito dal Languor d’amore. La loro opera  Fragments sur l’herbe, risulta essere un complesso gioco di collegamenti tra lo scandalo del corpo e lo scandalo dell’arte, un continuo rimando di provocazioni giocato tra Manet, Saffo, Ovidio e lo stesso Barthes. La colazione sull’erba di Manet, viene riletta tramite le parole della poetessa di Lesbo citate dal semiologo francese e le note di Flower Duet, interpretazione di Natalie Dessay dell’Opera Lakmé di Léo Delibe del 1883. Il tutto si gioca tra allegoria e provocazione diretta, alla quale del resto Monticelli&Pagone sono avvezzi, come dimostra l’opera Bollettino d’Arte, presentata ad Artverona nel 2012 dal collettivo VR_art curator, di cui Maddalena Rinaldi fa parte. Su questo filone si trova anche l’opera di Baldassini, I Want You-Presentami, interessante esempio ibrido tra mail art, new media ed indagine sociale, senza perdere di vista il portato/valore estetico dell’operazione, suscitata in questo caso dal capitolo L’induzione. L’amare attraverso qualcun altro, l’amare su indicazione, qui si realizza in un interessante scambio epistolare con le maggiori testate artistiche sul tema della pubblicità e visibilità. Le risposte, consistenti per lo più in brochure e prezzari, sono state rielaborate dall’artista in una sorta di progressivo collage che porta ad un annullamento in stile Malevich. L’opera di Yo Akao presenta una connotazione onirico/surrealista molto forte, che ben si addice, infatti, al tema dell’Albata-Risveglio. La scultura dell’artista giapponese, un tonno con una flebo, accompagnata da un serie di piccoli disegni, rappresenta la materializzazione di un sogno e richiama alla mente, oltre alle parole di Barthes, quelle di Mario Luzi e della sua Carovana «alba ti aspettiamo/sapendo e non sapendo/quel che porterai con te/nella tua ripetizione antica/e nel tuo immancabile/antico mutamento». L’opera di Elena Rondini dal titolo Occasio Preaceps, prende spunto dal frammento Impressione di catastrofe imminente; sovrabbondanza; asservimento. L’interpretazione dell’artista si realizza attraverso una grande scacchiera in terracotta sovrastata e distrutta da un alfiere monumentale. In questo caso oltre alla ricerca ed al messaggio che l’opera trasmette, bisogna sottolinearne la tecnica e la bellezza, termine caduto ormai in disuso, quali elementi fondamentali ed indissolubili dal contenuto. Nel complesso, l’esposizione dimostra doti “museabili” nel senso che va oltre l’immediatezza della presentazione da galleria, presentando una maturità critica degna di ampio respiro.

 

Intervista a Maddalena Rinaldi, curatrice della mostra

Emanuele Rinaldo Meschini: In questa mostra, fin dal titolo, emerge in maniera evidente la tua formazione da semiologa e la tua attenzione per una ricerca di tipo interdisciplinare basata molto sul continuo gioco di richiami tra visuale e verbale. Rispetto a questa pratica, come intendi dunque il tuo ruolo di curatrice?

Maddalena Rinaldi: Curare una mostra, scrivere un libro o montare un film sono per me alternative equivalenti. Mettere il senso nelle condizioni di significare è ciò che soggiace infatti a ciascuna di queste azioni ed ognuno dei prodotti che da esse derivano non è altro che un messaggio rivolto ad un preciso destinatario. Una mostra non è che un prodotto dell’industria culturale, con le sue specificità ed il suo linguaggio sincretico, capace di veicolare un contenuto a più livelli della significazione, per accumulazione di senso e stratificazioni semantiche. Il lavoro del curatore, a differenza del critico, dello storico dell’arte o dell’organizzatore (figure con le quali spesso è confuso) è quello di veicolare un messaggio valorizzando le opere (ideazione e stesura del progetto), costruendo insieme agli artisti un concreto prodotto culturale (scelta della sede e allestimento) capace di offrire al pubblico gli strumenti per riceverlo e comprenderlo (editoria, grafica e comunicazione).

 

E.R.M.: Come sei passata dal “frammento amoroso” di Barthes alla realizzazione della mostra?

M.R.: Appassionata di Roland Barthes, questo è senz’altro un libro cardine della mia carriera professionale foriero di intuizioni e prezioso spunto di stimoli e riflessioni. Rileggere in chiave visiva un’opera letteraria è come donarle una seconda vita (nel caso della mostra moltiplicata per dieci e anche di più), aprirla a nuove possibili interpretazioni. In un primo momento ho coinvolto così alcuni artisti a confrontarsi con l’opera di Barthes ed a parlarne con me. In seguito ho invitato alcuni di loro ad interpretare il testo letterario o parte di esso, liberamente. Nell’arco di un anno ho selezionato i progetti, ne ho seguito l’evoluzione accanto ad ogni artista, dalla teoria, al bozzetto, alla finitura dell’opera, attraverso incontri, email e dibattiti con ciascuno di loro,  giungendo così alla costruzione di quel messaggio di cui parlavo prima. Lo scorso 24 maggio abbiamo presentato la mostra durante una lezione di semiotica della professoressa Isabella Pezzini, alla Sapienza ed il 13 giugno siamo giunti all’inaugurazione del nostro evento presso il Centro Luigi Di Sarro, patrocinato dal Co.Ri.S. Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale de La Sapienza. Le opere esposte in mostra (di Alba Kia, Alessandra Baldoni, Alessia Demarco, Alessio Paolone, Andrea Natale, Elena Rondini, Monticelli&Pagone, Serena Scionti, Sergio Baldassini, Yo Akao) sono dipinti, sculture, fotografie, video e installazioni: delle interpretazioni, degli adattamenti, delle vere trasmutazioni, per dirla con Roman Jakobson, che trasformano il testo letterario esplicitando il non-detto e lo aprono a nuove possibili contaminazioni. In ciascuna di esse sono inscritte differenti strategie interpretative tese ad una precisa intenzione comunicativa sempre coerente con la ricerca estetica di ciascun artista. Come degli autentici processi creativi, i lavori attivano un insieme di relazioni possibili con l’opera di partenza facendo dell’esposizione stessa una possibile sovrainterpretazione, quel prodotto culturale di cui dicevo prima. Come remake, adattamenti e parodie, ogni opera in mostra va sempre oltre la mera traduzione dell’opera letteraria e lo fa con precisa consapevolezza intellettuale ed artistica, nonché con sublime sensibilità ed abilità estetica, suggerendo la possibilità di un’interpretazione ancora aperta. All’interno di quella tensione proposta tra interpretazione e sovrainterpretazione, la mostra stessa si pone dunque come una possibile strate­gia interpretativa con l’intento di offrire riletture e trasposizioni visive di un’opera ampiamente studiata, ma ancora oggi foriera di aperture verso nuove prospettive. Lo spettatore si trova così coinvolto in uno spazio espositivo che lo costringe a riflettere ma anche a decidere di agire, proprio come suggerisce Barthes nel testo.

 

E.R.M.: In questa mostra sono presenti artisti con i quali hai già lavorato. Com’è il vostro rapporto?

M.R.: Uno scambio di reciproche suggestioni ed influenze. Quasi alla stregua di un gruppo di lavoro, porto avanti con ciascuno di loro una ricerca orientata alla contaminazione disciplinare, non solo nei contenuti, ma anche nella pratica. L’intento è quello di infrangere le barriere che separano l’arte contemporanea dalla vita reale e dal pubblico di massa. Intento che cerchiamo di mettere in pratica attraverso i temi, le azioni, e gli spazi in cui realizziamo i nostri interventi. Per questo, ad opere di denucia (I Want You – Project di Sergio Baldassini), provocazione (Bollettino d’Arte di Monticelli & Pagone) o relazionali (Yume di Yo Akao) si legano spesso contesti espositivi estranei alla galleria e al museo, come aziende, fiere, spazi privati e luoghi pubblici.

 

E.R.M.: Insieme ad Alessia Vergari, Chiara Ferrara, Lorenzo Rossi ed Andrea Natale, hai creato la piattaforma VR_media lab. Puoi parlarmi di questa esperienza?

M.R.: VR_media lab (www.vrmedialab.it) è un progetto editoriale  di natura sperimentale nato da pochi mesi, ma già con un ampio numero di consensi. Si pone come una art-zine di approfondimento multimediale, unica per come strutturata, nell’attuale panorama mediatico dell’arte contemporanea. L’idea è quella di informare divertendo, attraverso brevi filmati (dai 2 ai 5 minuti) accompagnati da brevi note testuali, che raccontano di eventi, personaggi e opere del mondo contemporaneo partendo dal  basso. La nostra mission è quella di parlare di ciò che gli altri media (tematici e generalisti) non parlano: dell’arte che facciamo, dei personaggi con i quali entriamo in contatto, degli eventi che viviamo. Al momento abbiamo strutturato i contenuti in quattro rubriche: “Architettando tra moda e design”, (dove parliamo del rapporto tra spazio ed opere, ma anche di moda e di design), “A cura di…” (eventi e mostre raccontate attraverso il lavoro curatoriale), “Conversazioni” (interviste ai protagonisti dell’arte) e “Punto di Fuga” (libri), alle quali se ne aggiungeranno presto delle altre.

Dall’alto:

Elena Rondini, Occasio Praeceps, 2012. Installazione di dimensioni varibili, 8 elementi in terracotta invetriata realizzati a mano con il tutoring dei terracottai di Samminiatello, 48 elementi in legno di tiglio, Centro Luigi Di Sarro. Courtesy Maddalena Rinaldi.

Monticelli & Pagone, Fragments sur l’herbe, 2013. Installazione, materiali differenti, dimensioni variabili, musica di Natalie Dessay – Flower Duet. Centro Luigi Di Sarro. Courtesy Maddalena Rinaldi.

Sergio Baldassini, I Want You – Presentami, 2013. Installazione, dimensioni variabili, cartoncino bristol, stampa a getto di inchiostro, collage, penna, vernice acrilica, Centro Luigi Di Sarro. Courtesy Maddalena Rinaldi.

Yo Akao, Tra devĕnire e òntos, 2013. Scultura in marmo, dimensioni variabili, Centro Luigi Di Sarro. Courtesy Maddalena Rinaldi.

Alessandra Baldoni, Un tempo per noi, 2009. Stampe colore montate su deco, cornice in legno / Senza titolo #1Senza titolo #2, 100×150 cm / L’amore generaL’inizio di molti alfabetiIl sentiero dei petali di pietra, 40x50cm / L’ingresso del sonnoTu nelle mie tascheBatti tre volte i tacchi , 40x50cm. Centro Luigi Di Sarro. Courtesy Maddalena Rinaldi.