Note:

(1) Cfr. N. Bourriaud, Esthétique relationelle, Les presses du réel, Digione 2001.
(2) L. Perelli, Public Art, Franco Angeli, Milano 2006, p. 13.
(3) Frase pronunciata in occasione del vernissage della mostra Levitazione tenutasi al Portico d’Ottavia a Roma. Il titolo dell’evento allude all’intervento musicale che apre la mostra in cui, il musicista Freddy Jellinek, sdraiato su un letto disegnato da Franz West, esegue i brani di Michael Mautner, in stretto contatto con le opere dell’artista.
(4) Cfr. Cat. Documenta X, Kassel 1997, p. 246.
(5) Cfr. Ken Johnson, Lovable and Funny, They Show Abstract Sculpture Can Be Friendly, in «The New York Times», 30 Luglio 2004. 
(6) Cfr. Bruno Corà, 10 Intensità in Europa, Maschietto & Musolino, Gli Ori, Prato 1998, p. 182.
(7) Ibidem.
(8) Tratto da Franz West, Phaidon Press Limited, London 1999, p. 91.

La storia dell’arte è stata per lungo tempo una storia di divieti: “Vietato toccare”, la proibizione con la quale il pubblico ha da sempre dovuto fare i conti. Arte come separazione dalla vita, sublimata e protetta attraverso cornici, teche, piedistalli che ne inibiscono il tocco escludendo fisicamente lo spettatore da un qualsiasi genere di contatto che non sia di tipo visuale. È soltanto in tempi più recenti, presumibilmente a partire dal XX secolo, che gli artisti hanno iniziato a cercare nuovi approcci visuali: si è tentato di mutare il ruolo del fruitore, che da spettatore passivo si è trasformato in collaboratore, coautore e attivatore attraverso il touch del manufatto artistico.

Anche Franz West, artista contemporaneo che vive e lavora a Vienna dove è nato nel 1947, crede nell’importanza dell’interazione dinamica in arte. Le sue opere si presentano estremamente originali ed in stretta interazione con il panorama dell’arte pubblica internazionale. 
È un filo sottile a tenere unita la sua produzione, quel legame tra arte e vita che non si risolve né in un rinnovato interesse per la figuratività, emulando forme tratte dalla realtà concreta, né solamente attraverso l’installazione di opere in spazi concreti e collettivi, ma cerca di andare oltre, attraverso modalità più intime e ricercate, che rinunciano all’autoreferenzialità, riconoscendo al fruitore una sorta di responsabilità creativa. È attraverso l’esistenza dell’osservatore che vediamo affermarsi la realtà dell’opera, in un percorso distinto che vede l’autore ai suoi esordi condurci per mano, attraverso testi e foto come accompagnamento all’opera, ed in un secondo momento concederci una libertà ed autonomia che come suoi fruitori sembriamo ormai esserci guadagnati.

Franz West lavora sia a contatto con lo spazio cittadino, sia a contatto con la natura. Le città, che divengono sede e luogo d’azione, hanno permesso alle sue opere di farsi parte integrante, garantendo ai cittadini quel senso di appartenenza sia con i luoghi della propria storia, sia funzionando come collante nei rapporti interpersonali, favoriti dall’esperienza sensoriale intrinseca nella suaoeuvre. Opere come momenti d’incontro dislocati in città, da intendere come arricchimento e introspezione personale, da gestire attraverso una reale e interattiva partecipazione. Anche la natura gli ha garantito una molteplicità di approcci, forse più liberi ed ermetici al contesto, nel momento in cui l’oggetto disseminato in prati e boschi riesce a suscitare nello spettatore associazioni non soggette a regole e talvolta lontane dalle intenzioni originali dell’artefice. West, avvicinatosi a questo tipo di arte in tempi abbastanza recenti, ha riconosciuto la difficoltà del lavorare nella natura che non può essere variata a proprio piacimento, ma obbliga ad un adattamento alla situazione iniziale che tende a tutelare e mantenere, piuttosto che stravolgere e violentare. È nel sovvertire l’ordine dei nostri abituali significati e nel nostro metterci in gioco che avvertiremo fino in fondo la potenza dell’espressione di West, le cui mani creano nella natura quasi un’altra natura, più sfacciata e impertinente. Valenza determinante nell’opera dell’artista austriaco sarà quella del “pubblico” inteso come spettatore e fruitore. L’arte pubblica genera relazione, offrendosi come “modello di socialità che crea coabitazione” (1) e che “coinvolge il pubblico dell’opera, nell’opera, attraverso l’opera” (2). Anche Franz West è alla ricerca di una comunicazione sociale e di una partecipazione attiva dello spettatore, forte dei furtivi sguardi al passato verso il Minimalismo ed il Concettuale che per primi hanno considerato la fase fruitiva come parte integrante dell’opera stessa. Franz West è un attivo sostenitore del “vietato contemplare passivamente”; nella determinazione di parametri artistici legati all’uso sociale, la sua è una “Kunst zum anfassen” (arte da toccare).

La produzione pubblica di West ruota attorno a tre grandi nuclei tematici: il suo mobilio pensato come arte pubblica, spesso sbilenco, spigoloso ed instabile, ricoperto con tappeti, coperte, gommapiuma o giornali, le sue Aluskulptur, singoli assemblaggi monumentali, veri e propri macigni pensati anch’essi come arte pubblica, ed infine i Lemurenköpfe (teste di lemuri), teste antropomorfe in gesso, papier mâché o alluminio. Dal 1983 West produsse i primi mobili per uso pubblico: le sue sedie e panchine, spesso collocate ai bordi delle strade di Vienna, sono fabbricate con fogli metallici e giacciono in modo complicato, esponendo angoli taglienti.

La percezione dell’arte si rappresenta attraverso i punti di pressione che si sviluppano quando ci stai sopra…”, “le sedie ed i divani diventano strumenti per percepire l’arte…” dirà Franz West (3).

Il suo mobilio è orientato principalmente ad una stretta relazione con l’individuo, che prendendo posto è spinto a sperimentare non solo il particolare stato mentale, ma anche la relazione di appartenenza che esiste tra il mobilio e gli esseri umani. 
West dirà no al letargico visitatore, al mobilio da contemplare e da ammirare, a favore di un suo impiego come indicatore di un modo di agire e di comportarsi in una determinata situazione. Queste sedie si estendono attorno al corpo e “vanno utilizzate per trasgredire i limiti dei sensi, esse sono state rimosse da qualsiasi atmosfera domestica e confortevole, e servono per esercitare le menti di chi li usa, per portarlo alla materializzazione di un pensiero” (4).

Quella di West è una “action or comunication sculpture”, impulsi sociali e associativi di spettatori accomunati dall’arduo compito di completare l’incompleta scultura, rendendola attiva.
Anche le Aluskulptur, assemblaggi monumentali in alluminio costruiti attraverso la saldatura di molti singoli pezzetti, viaggiano in questa direzione. Il loro aspetto principe è l’essere state pensate con l’intenzione di un loro utilizzo attivo, e risultano così simpatiche, nelle forme sinuose e i chiassosi colori, che lo spettatore non ha bisogno dell’invito per violare la regola comune nell’arte del “guardare ma non toccare”. Tali sculture non assomigliano nemmeno a reali opere d’arte, nel senso e modo in cui siamo abituati a vedere, ma potremmo definirle, attraverso una frase di West, come “installazioni giocose per intenditori” (5). Lungi dall’essere selettive ed elitarie, risultano comiche, amichevoli ed intriganti. Sono in modo viscerale legate ai sensi ed alla tattilità, ma anche all’intelletto: risultano misteriose e la mente si chiede quale sia il loro significato. È forse proprio la perplessità con la quale ci si approccia a renderle irresistibili.

Sotto il nome Lemurenköpfe West creerà sculture figurative antropomorfe, che andranno ad occupare un posto non trascurabile nella sua produzione di arte pubblica. Con tali opere West desidera accostarsi alla produzione di Giacometti e delle sue figure che si contraggono nello spazio dell’arte. Le sculture dell’austriaco, modellate per rilievi e depressioni, a differenza di quelle dello svizzero non perdono però il riferimento naturalistico, ma sono in grado di designare particolari anatomici lasciando agire sempre il segno della bocca, che catalizza l’attenzione.

Nella continua ricerca di sensazioni tattili, diverse secondo il tipo di materiale di volta in volta utilizzato, e nella ricerca di un’intimità con le creazioni, l’arte di West non è rassicurante, ma inquietante e sorprendente. Il fruitore vive una conoscenza dinamica, che coinvolge i sensi, mai noiosa, dilatando i contorni dell’esperienza e sfruttando la potenzialità comunicativa del mezzo artistico. Nell’incoraggiare la violazione l’artista ci invita a guardare, toccare, manipolare, esplorare: il tocco diviene contaminazione. Il critico Lynne Cooke parlerà di “infezione per contatto” (6) che viola l’integrità dell’osservatore “sacrificata all’interazione che distorce, contraddistingue, riconfigura, invade… e socializza, rivelando le fondamenta sociali di ogni incontro con l’arte dell’artista austriaco” (7).
Franz West chiede al suo pubblico “to drop its polite art-viewing behaviour”! (8)

 

Dalla tesi di laurea Franz West, la partecipazione attiva nell’arte pubblica, relatore Prof. ssa Daniela De Dominicis, correlatore Prof. ssa Elisabetta Cristallini, Università degli Studi della Tuscia, Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, Viterbo 13 Dicembre 2007.

 

Dall’alto:

Eo Ipso, 1987, ferro verniciato, 118 x 546 x 115 cm, 83 x 57 x 52 cm.
Installazione, Skulptur Projekte in Münster, Germany Collection, Museum für angewandte Kunst, Vienna. Fonte: Fleck, Curiger, Benezra 1999, p. 51.

Test, 1994, acciaio, metallo, tessuto, 28 pezzi, 100 x 240 x 85 cm.
Installazione, Museum of Contemporary Art, Los Angeles.
Fonte: Fleck, Curiger, Benezra 1999, p. 65.

Spettatrici alla Documenta che interagiscono con l’opera.
Fonte: Fleck, Curiger, Benezra 1999, p. 62.

Vier Larven, 2001, alluminio dipinto, 270 x 130 x 110 cm.
Stubentorbrücke, Vienna 2001. Fonte: Veit Loers 2006, p. 50.

Sexualitätssymbol, 1999, alluminio dipinto, 400 x 75 x 75 cm, 275 x 205 x 65 cm. Skulptur im Schlo?park Ambras, Innsbruck 2000.
Fonte: Cat. Eva Badura-Triska, Schlo?park Ambras 2000, p. 30.

Visione d’insieme di opere esposte allo Schlo?park Ambras di Innsbruck nel 2000. Fonte: Cat. Eva Badura-Triska, Schlo?park Ambras 2000, p. 68

Jäh, 2000, alluminio dipinto, 63 x 570 x 245 cm, Skulptur im Schlo?park Ambras, Innsbruck 2000. Fonte: Cat. Eva Badura-Triska, Schlo?park Ambras 2000, p. 50.