La mostra Gli Ambienti del Gruppo T: le origini dell’arte interattiva, che si sta svolgendo in questo periodo (15 dic. 2005 – 1 mag. 2006) alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, è un evento importante sul piano storico artistico. Essa infatti segna la compiuta sistematizzazione di un capitolo della storia dell’arte contemporanea, che è quello relativo all’arte interattiva, e celebra la ripresa delle acquisizioni da parte della GNAM di questo genere di produzione artistica.

Al 1968, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma aveva già acquisito alcune delle opere del Gruppo T e due ambienti, grazie all’opera di Palma Bucarelli. Questa ultima mostra nasce dal raggruppamento completo e inedito degli ambienti realizzati dagli artisti del Gruppo T tra il 1964 e il 1970, un’operazione che ha richiesto la ricostruzione totale di alcuni ambienti e il ripristino di altri che non erano più stati esposti dopo la loro prima presentazione, ma erano rimasti conservati nei magazzini.

I lavori esposti dunque sono quelli realizzati da Giovanni Anceschi (1939), Davide Boriani (1936), Gabriele de Vecchi (1938), Gianni Colombo (1937-1993) e Grazia Varisco (1937), che dal 1959 si costituirono a Milano come Gruppo T e perseguirono una ricerca artistica fondata sulle variabili del tempo e dello spazio, rinunciando all’immobilità della forma della luce e del colore.

La mostra curata da Mariastella Margozzi e Lucilla Meloni offre così l’occasione per individuare nei lavori del gruppo milanese le origini dell’arte interattiva, attraverso un’operazione inedita come la raccolta e l’esposizione delle opere, degli ambienti, dei documenti e delle testimonianze dell’epoca, che dà la possibilità di osservare per intero il lavoro portato avanti dal Gruppo T. La straordinarietà dell’evento dunque risiede nel suo carattere inedito, che consiste nel fatto che per la prima volta tali ambienti vengono ricostruiti per intero ed esposti simultaneamente nello stesso luogo, e nello sforzo di recupero che questa iniziativa ha comportato.

È opportuno precisare che un lavoro di sistematizzazione e analisi delle opere degli artisti era già stato fatto sugli oggetti dalla stessa Lucilla Meloni (Gli Ambienti del Gruppo T: Arte immersiva, arte interattiva, Milano, Silvana editoriale, 2004), la ricostruzione inedita degli ambienti offre a questo punto la possibilità di mettere a confronto i due momenti della produzione del gruppo milanese e di definire come gli ambienti siano stati l’evoluzione necessaria degli oggetti.

Rinunciando all’immobilità, per giocare sulle variabili possibili, per la prima volta gli artisti del Gruppo T realizzarono lavori che esistevano solo con la presenza o l’intervento diretto dello spettatore. Inizialmente lavorarono in piccola scala con oggetti, come lo Sferisterio (Grazia Varisco, 1960) o la Tavola di possibilità liquide (Giovanni Anceschi, 1959). Il primo si compone di una serie di semisfere bianche disposte su una superficie metallica posizionata in verticale. Le semisfere sono appoggiate alla superficie grazie all’applicazione di calamite retrostanti, in maniera tale da non avere mai una disposizione definitiva; anche il secondo oggetto non ha una stabilità di forme, visto che si costituisce di un liquido colorato chiuso in una busta trasparente, fissata all’interno di una cornice quadrata, come se fosse la tela di un quadro, un quadro astratto privo di forme stabili, che muta ad ogni spostamento o capovolgimento della cornice nel quale è inserito.

Successivamente la ricerca sull’interazione si è spostata su scala più ampia con gli ambienti, come la Camera Distorta Abitabile, di Davide Boriani e Gabriele de Vecchi, che fu esposta in occasione della mostra Vitalità del Negativo nell’Arte Italiana (Roma, 1970) e mai più riproposta fino ad oggi; oppure l’ Ambiente per un Test di Estetica Sperimentale di Giovanni Anceschi e Davide Boriani, presentato per la prima volta a Zagabria, nel 1965 per la mostra Nova Tendencija 3.

Di questi ambienti, il primo è un’operazione di un’anamorfosi condotta su un piano tridimensionale. Nella stanza sono riprodotti un divano, un tavolo ed altri mobili; un televisore, due porte, delle finestre, ed una copia dipinta ad olio della Venere di Dresda di Giorgione. Tutta la stanza, le pareti, il soffitto, il pavimento, le forniture, sono deformati in maniera tale da creare un’illusione di prospettiva, che può essere osservata da dentro l’ambiente, ponendo l’osservatore nella condizione necessaria di entrare fisicamente nell’opera. Lo stesso coinvolgimento si verifica per il secondo ambiente, caratterizzato da dodici programmi di variazioni luminose e cromatiche, che vengono gestiti da quattro proiettori luminosi posti agli angoli superiori della stanza. L’osservatore si ritrova in un ambiente chiuso e isolato dall’esterno, in cui l’intensità e il colore della luce sono in costante variazione e un computer calcola e registra il periodo di permanenza nell’ambiente, ponendolo in relazione con il programma luminoso in atto. La raccolta dei dati serve a calcolare l’indice di gradimento di ogni programma, che viene considerato come un indice di percezione estetica dato dal rapporto tra la complessità del messaggio visivo e l’informazione estetica. Anche in questo caso dunque l’osservatore contribuisce in maniera attiva al completamento dell’opera.

La caratteristica dei lavori del Gruppo T, dunque, non è solo la trasposizione del lavoro dal piano dell’oggetto al piano dell’ambiente, ma è principalmente l’interazione: il rapporto di continuità che essi creano con l’osservatore, che può fisicamente vivere le opere proprio come degli ambienti della vita reale, e senza il quale l’opera di fatto non esiste. Sono l’intervento o l’ingresso del visitatore che danno una ragione al lavoro artistico, ed è in questo senso che ci troviamo di fronte ad uno spostamento consapevole e compiuto dell’osservatore all’interno dell’opera, come fattore determinante.

Oltre a questo c’è un’intenzione di riproducibilità dell’opera in senso ampio, che va oltre le possibilità offerte dalle tecnologie di ripresa e stampa, le quali offrono un’immagine o una testimonianza dell’opera. Gli ambienti del Gruppo T sono riproducibili nel senso che possono essere realizzati ex-novo: l’opera stessa può essere riprodotta e cioè rifatta.

La novità vera negli ambienti del Gruppo T dunque non consistette nell’intervento su un spazio ambientale piuttosto che su un’opera in senso tradizionale: in Italia Lucio Fontana dai primi anni Cinquanta conduceva una sperimentazione sulle applicazioni ambientali dell’arte utilizzando il neon come per la IX Triennale di Milano (1951) o altri materiali.

Gli artisti del Gruppo T riconoscono nei loro risultati la attuazione concreta dello spirito futurista di voler porre lo spettatore al centro dell’opera (Boriani) portandolo alle sue estreme conseguenze con opere che esistono solo in virtù della presenza o dell’intervento dello spettatore. Il gruppo di Anceschi, Boriani, Colombo, De Vecchi e Varisco, inoltre godette della vicinanza di Lucio Fontana che li incoraggiava verso la programmazione degli ambienti interattivi, intesi come una fase successiva dei concetti spaziali, e di quella di Bruno Munari, che fondò il movimento Arte Concreta nel 1948 e portò avanti una ricerca artistica fondata sulla flessibilità dell’opera e sull’intervento dello spettatore.

L’importanza dello spettatore come fattore interno all’opera ha trovato in seguito artisti che l’hanno assorbita ed assunta come prerogativa, come ad esempio Paolo Rosa di Studio Azzurro che è stato allievo di Boriani, a Brera.

Dunque la mostra dedicata agli ambienti del Gruppo T risulta un importante momento di riflessione storica e di definizione dei processi storici che hanno dato origine all’arte interattiva, quel genere di arte che non esiste senza l’osservatore, in cui “se stacchi la spina”(Paolo Rosa, Studio Azurro) l’opera scompare.

BIBLIOGRAFIA
Eco, Umberto, Opera Aperta, forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee,                                      Milano, Bompiani ed., 1962.
Meloni, Lucilla, Gli Ambienti del Gruppo T: Arte immersiva, arte interattiva, Milano, Silvana editoriale, 2004.