Tra il 26 ed il 28 gennaio si è tenuta a Bologna l’edizione 2006 del Netmage (www.netmage.it), festival di arte e musica elettroniche, che fa confluire annualmente nella città gruppi di artisti, sperimentatori internazionali di commistioni audiovisive, offrendo allo stesso tempo un’ampia finestra sulle realtà italiane più innovative. Organizzato da Xing (www.xing.it), il Netmage è divenuto, nei suoi sei anni di vita, un appuntamento importante per video e sound artists, esperti di arte e new-media, vj, dj e “smanettoni”. L’incontro di quest’anno si è tenuto presso Palazzo Re Enzo, nuova location dell’evento, palazzotto medievale costituito di numerosi e modulati spazi, tra i quali un’ampia sala affrescata, sede degli eventi serali di live media; denominata per l’occasione Live media floor che è stata un affascinante teatro di combinazioni ottiche fra volte a croce, vetrate aperte sulle costruzioni rosso mattone della piazza e composizioni video digitali, proiettate su due ampi schermi centrali. La nuova location corrispondeva, inoltre, ad un restyling nell’ “architettura” della programmazione del festival che comprendeva, oltre ai momenti di live e mixing-media, fulcro delle precedenti edizioni, anche percorsi installativi, performance, happening e forum tra pubblico ed organizzatori di festival nazionali. L’inclusione negli spazi del festival dell’area Performative Environment con opere e modi di espressione differenti dal live a/v, come ad esempio installazioni video e ambienti sonori, segnala l’intenzione da parte degli organizzatori di sviluppare l’esperienza percettiva proposta durante il Netmage. Questa sezione avrebbe dovuto costituire un momento di coinvolgimento individuale nello spazio audio visivo, rappresentando per lo spettatore un contrappunto alla partecipazione collettiva dei live media. In realtà in molti dei lavori proposti il rapporto tra suono ed immagine era risolto in un mero accostamento di linguaggi, a scapito di una reale compenetrazione che generasse un percorso unico nel quale immergersi e farsi guidare. L’installazione video “Live Through This”, di Carola Spadoni e musica degli Zu (www.zuism.com), ad esempio, tentava di riprodurre l’atmosfera di coinvolgimento psicofisico-corale indotta dalla musica durante i concerti dal vivo, attraverso sequenze di folle, onde di corpi vicini mossi all’unisono dalle note, accompagnata da un sottofondo musicale degli Zu, Il lavoro non riusciva però ad innescare un contatto tra la dimensione reale dell’ambiente installativo ed il magma di corpi delle proiezioni, una partecipazione solo mostrata, documentazione sterile che lasciava allo spettatore la pura osservazione voyeuristica della “magia” provocata dalla musica…sinergia innescata, sicuramente, non lì e non in quel momento. Il progetto del collettivo ZimmerFrei, “Study for a Portrait”, riusciva invece a trasportare in punta di piedi lo spettatore lungo percorsi della memoria: tessuti di patine visive sovrapposte e velature sonore sospese. L’opera era strutturata come un work in progress: persone scelte tra gli ospiti del festival venivano filmate in pose quasi statiche, a creare una dimensione di tempo immobile durante la quale far sedimentare la presenza del soggetto. In contemporanea avveniva la registrazione di una jam sassion improvvisata sulle immagini, colonna sonora in presa diretta, ritratto acustico amalgamato a quello visivo in forma di combinazione soffusa e pulviscolare di vinili graffiati, sinth analogici, chitarra e composizioni digitali. Dal successivo montaggio e manipolazione del materiale a/v gli ZimmerFrei hanno creato una serie di ritratti, proiettati in momenti successivi del Netmage, nei quali la figura del soggetto viene moltiplicata in strati sovrapposti: la registrazione della sua presenza reale resa un ricordo che si dissolve in echi, nella dimensione temporale dilata del video e del suo tema sonoro. Nella sezione Live Media Floor, numerose partecipazioni, tra le quali Ministry of Defiance, Carsten Nicolai (aka Alva Noto) ed alcune inedite collaborazioni tra artisti provenienti da esperienze ed ambiti differenti, come quelle tra Arto Lindsay e Dominque Gonzalez-Foerster, Pierpaolo Leo e Claudio Sinatti, Andrea Dojmi e Port-Royal, Cineplexx e Alex Beltran (aka aBe). L’incontro creativo tra il musicista brasiliano Arto Lindsay (www.artolindsay.com), leggendario protagonista della scena no wave newyorkese, e l’artista Dominque Gonzalez-Foerster (www.dgf5.com), connubio nato proprio in occasione di questa edizione del festival, ha dato vita ad un live acustico, ispirato alla proiezione di un precedente lavoro dell’artista francese, il videofilm “Ipanema Théories”. Il film, costituito da esplorazioni visive di città tropicali, in una dialettica tra strade animate e immobili interni di edifici modernisti, pur essendo dotato di una sua traccia sonora originale, è stato concepito come sfondo visivo da reinterpretare dal vivo. In questo caso la descrizione visiva delle metropoli sudamericane della Gonzalez-Foerster ha cercato la comunione con le melodie tradizionali brasiliane decostruite dagli stridori noise della chitarra di Lindsay, in una performance -più vicina alla sonorizzazione di immagini che non al live media audiovisivo- durante la quale l’attenzione del pubblico si è trovata in molti momenti a rincorrere invano un filo conduttore che ne permettesse una lettura unitaria. Molti dei contributi video presentati durante i live media sono stati contrassegnati da un’estetica vintage, da immagini stilisticamente derivate da cinema, televisione e fotografia; per la maggior parte, opere costituite dal montaggio estemporaneo o dal trattamento di frammenti video recuperati attraverso pratiche di found footage. Gli artisti presenti hanno “riciclato” i materiali secondo procedure molto differenti: il duo formato dal musicista e graphic designer argentino Cineplexx ed il regista Alex Beltran ha utilizzato, ad esempio, immagini televisive anni ’50, ed interviste su un improbabile magnetismo delle noccioline, montate dal vivo in accordo col ritmo musicale, a creare una narrazione ironica e paradossale intitolata “La danza sincronizada de los Cacahuetes Magnéticos(www.cacahutes.net), a metà tra documentario surreale e vj’ing; il dj inglese Ministry of Defiance (postofficerecords.com) ha accompagnato i suoni low-fi del suo set elettronico con proiezioni corrose e liquide di paesaggi in super8, percorsi da graffi e drop. Il lavoro “Education and protection of our children #2”, del gruppo musicale Port-Royal (www.port-royal.com) e del giovane artista Andrea Dojmi (wwww.aimready.com), curatore tra l’altro l’immagine del sito Netmage 06, è stato anch’esso caratterizzato dal ritorno ad immagini di bassa definizione, composizioni ottiche caratterizzate da granulosità e sfocature, a richiamare filmini amatoriali e diapositive dell’infanzia, evocativi di percorsi nel ricordo, flash mnemonici stimolati dal fluire del post rock languido dei Port-Royal. La session di Claudio Sinatti (http.www.claudiosinatti.com) e del musicista Pierpaolo Leo (www.pierpaololeo.it) è stata invece incentrata sull’evidenza del trattamento digitale delle forme e da un collegamento immediato tra la creazione video ed il suono; un live set, tratto dal recente lavoro discografico di Leo, incentrato su un’unica immagine bidimensionale che, attraverso l’uso del software Isadora, veniva gradualmente smaterializzata in molecole di luce secondo gli sviluppi del suono, formando quaranta strati di particelle luminose percosse da vibranti aritmie acustiche. Semplicemente impeccabile nel suo minimalismo assoluto la performance del sound e video artist e produttore Carsten Nicolai, conosciuto anche con il nome di Alva Noto (www.noton.raster-noton.de), da anni impegnato in una ricca sperimentazione delle relazioni tra il suono e la sua resa visiva. Nicolai porta avanti uno studio su suono ed immagine che oscilla tra l’arte e la fisica, la composizione elettronica ed il rigore scientifico; i teoremi risultanti da queste analisi sono live set come quello che abbiamo potuto godere durante la serata di chiusura del Netmage 06: orchestrazioni audiovisive essenziali durante le quali il dato visivo e sonoro sono ridotti a strutture primarie che interagiscono estemporaneamente. Attraverso un minuzioso lavoro di sottrazione da effetti e fascinazioni, Nicolai svela al pubblico la struttura essenziale dei due linguaggi, nella quale percepire nettamente le fitte intersezioni tra il dinamismo lineare delle geometrie ed il movimento della partitura sonora. Due forum i forum pomeridiani: Italian Festivals: Live Media Meeting 2006 e Domus Forum: Multi-Image projection. Dall’ Utopia effimera dell’età d’oro del commitment Olivetti al Live Media. Il primo in particolare è stato un incontro aperto tra pubblico ed addetti ai lavori: erano presenti responsabili organizzativi dei principali festivals nazionali dedicati al live media, tra i quali Dissonanze (Roma, www.dissonanze.it), Audiovisiva (Milano, www.audiovisiva.com), Sintesi (Napoli, www.sintesi.na.it) e Vjcentral (www.vjcentral.it), sito internet e forum on line dedicato al vj’ing. La discussione ha fotografato una situazione, quella appunto della promozione di pratiche di live media a/v in Italia, che negli ultimi dieci anni si è sdoganata dai territori della controcultura -rave party, spazi occupati, locali- per affacciarsi verso un pubblico più ampio, attraverso rassegne e festivals che si muovo in modo liminale tra approcci curatoriali “ortodossi” ed una spinta più edonistica derivata dalla clubbing-culture. Tra gli appuntamenti, anche la presentazione del cd-rom “Baover tit”, opera del collettivo francese Qubogas (www.qubogas.com). Si tratta di un lavoro di animazione interattiva in Flash derivata principalmente dalla pittura, da un repertorio figurativo quasi artigianale: “Utilizziamo Flash anche per il live, ma non siamo vj, non abbiamo un interesse esclusivo per la tecnologia, il video è un modo di mostrare il nostro lavoro, ma non è fondamentale. Ci interessa il segno. Non siamo artisti digitali: dipingiamo, disegnamo… il digitale è solo un modo per esprimere, per ampliare con altri mezzi il nostro interesse primario, la pittura”. Nel cd-rom troviamo una serie di fili immaginativi, mondi popolati di colori, segni e suoni elementari, sogni di bambini nati dal semplice movimento del mouse. Si è avvertita purtroppo la carenza di altri momenti di workshop, presenti invece numerosi nelle precedenti edizioni; essi costituiscono essenziali occasioni di feedback, nodi importanti nella comunicazione artisti-studiosi, opere-pubblico. In particolare, all’interno di festival di sperimentazione, dovrebbe costituire la chiave di volta, l’elemento attraverso il quale non perdere la matrice laboratoriale e collaborativa degli albori underground di questi eventi: una forza da contrapporre alle fin troppo numerose manifestazioni-vetrina.