Ancora una volta le opere degli artisti di Forma 1 girano per l’Europa, ammaliano il pubblico, si affermano come modello di circolarità, di scambio, di internazionalità. Negli anni ’80 erano approdati in Francia, a Bourg-en-Bresse, in Germania, a Darmstadt, a Mosca e a San Pietroburgo. Dieci anni dopo, nel ’98, alle Scuderie del Castello di Praga, città che assieme a Parigi è stata meta prediletta dagli artisti di quel gruppo che lì andavano a conoscere l’avanguardia artistica europea. Nel 2003 a Liegi, nell’ambito del prestigioso Festival Europalia, quest’anno tutto dedicato all’Italia, in coincidenza con il semestre italiano di Presidenza dell’Unione Europea. Questa nuova edizione, inaugurata il 18 ottobre e pensata appositamente per gli spazi del MAMAC (Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain) di Liegi, è curata, come quella di Praga, da Simonetta Lux, Elisabetta Cristallini, Antonella Greco ed è nata dalla collaborazione tra il Ministero degli Esteri e le Università di Roma “La Sapienza” e della Tuscia (Viterbo), che lavorando in sinergia hanno contribuito a dar vita a questo evento.
Nel bellissimo edificio del secolo scorso, stile Petit Palais parigino, costruito nel 1905 per l’Esposizione Universale, è esposto un nucleo storico di piccole opere, relativo agli anni del sodalizio di Forma 1 (1947-51) che testimonia la libertà della ricerca artistica di quel gruppo, e una sessantina di opere inerenti agli sviluppi successivi della ricerca di quegli artisti (Carla Accardi, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo, Giulio Turcato) che, con coerenza, hanno negli anni continuato a sviluppare un discorso centrato sull’idea della libertà dell’immaginario artistico quale premessa per ogni altro tipo di liberazione.
Era il 1947 quando il gruppo scrive e pubblica, sul primo numero della rivista “Forma 1” che dà il nome al gruppo, un manifesto il cui incipit trasgressivo e clamoroso era: “Noi ci dichiariamo FORMALISTI e MARXISTI”. Tutti politicamente impegnati, chi nelle fila del Partito Comunista chi nei trotskisti chi nei socialisti, quegli artisti, allievi di Lionello Venturi, di Giuseppe Ungaretti e di Angelo Maria Ripellino, scelgono una comune linea di ricerca non iconica, sperimentale, aperta alle ricerche europee. Basandosi sul principio di indipendenza e autonomia dell’artista, il gruppo si pone come obiettivo a lunga distanza quello di una trasformazione intima e totale dell’individuo e della società, prendendo le distanze sia dall’arte ereditata dal Novecento, sia da qualsiasi ingerenza ideologica.
Negli stessi anni in cui, per un patto scellerato tra governo italiano e belga, la nostra mano d’opera emigrava in Belgio per lavorare in condizioni durissime nelle cupe miniere in cambio di carbone coke, i giovanissimi artisti di Forma 1 affermavano “il potere collettivo dell’immaginazione” (Lux), girando per l’Europa ed entrando in contatto in America con Hilla Rebay del Solomon Guggenheim Museum (all’epoca Museum of Non-Objective Painting) e con il gruppo argentino MADI “che operava nel solco dell’arte astratta e concreta” (Cristallini).
La bella mostra – che testimonia anche dei successivi percorsi autonomi di ricerca intrapresi dagli artisti, sempre fondati su un’autenticità centrata sulla riflessione sul mondo contemporaneo e sull’idea di una funzione critica e costruttiva dell’arte – rende visibile la complessità di quelle ricerche.
Bisognerebbe vederle dal vivo le ultime opere di questi artisti, anche di quelli scomparsi, per capirne tutta la loro vitalità e attualità: le inedite strutture di legno di Turcato, sorta di palette segnaletiche verde pistacchio, la doppia bifrontale di Consagra, di ferro dipinto di un bianco abbacinante, la lunghissima tela di Dorazio, articolata secondo incroci ritmici di strutture robuste e coloratissime – dai gialli agli arancioni ai rossi, una vera festa per gli occhi – le tempere di Sanfilippo, brulicanti di dinamici segni bianco/neri, l’albero-scultura di Perilli, “creatura” in legno naturale con inserti di “irrazionali” geometrie multicolori, il quadro “inguardabile” di Carla Accardi dove grandi segni-struttura argentati abbagliano sul bianco della tela.
In sintonia con la mostra è il vivace catalogo (Gangemi editore) con i saggi delle tre curatrici e un DVD allegato con un film documentario (di Giorgio Cappozzo) dove amici e artisti del gruppo Forma 1 raccontano i loro vent’anni in una Roma lacerata dalla guerra e desiderosa di rinnovamento.

                 

 Giulio Turcato, Deserto dei tartari, 1956, olio su tela