Iván Navarro – Nacht und Nebel                 A cura di Antonio Arévalo

Dal 2 marzo al 5 maggio 2012

Fondazione Volume!                                 Via S. Francesco di Sales 86/88 00165 Roma tel/fax 066892431

info@fondazionevolume.com

Shock can wear off – lo shock può sbiadire – è la frase di Susan Sontag, scrittrice statunitense, di cui si appropria Iván Navarro per rispondere alla domanda di Carolina Castro nell’intervista realizzata in occasione della mostra Nacht und Nebel, presentata il 2 marzo 2012 alla Fondazione Volume! a Roma, sul valore del tempo nella sua installazione. Per capire il perché della pertinenza di questa frase della Sontag, è necessario entrare in relazione direttamente con l’opera di Navarro, far entrare in dialettica il proprio corpo con lo spazio circostante. Andiamo con ordine.

L’artista ha realizzato per gli spazi della Fondazione Volume! sette pozzi di struttura diversa, realizzati con mattoni e cemento, contenenti sette parole, scritte col neon: ODIO, OCCHIO, ECCO, ECO, EX, BECCO ed ECCIDIO. Ciò che rende tutto estremamente interessante è l’illusorietà che queste parole nascondono ad un occhio non avvezzo a tale inganno visivo: ad un primo sguardo sembra che le parole scritte nei pozzi siano riflesse ad infinitum, fino ad affievolirsi a tal punto da scomparire nel buio della profondità dei pozzi ma, ad un secondo sguardo, ci si accorge che le parole sono scritte a metà e che è il riflesso della specchio a completarle creando per chi le osserva una realtà che diventa mixage fra illusione e certezza.

L’atmosfera è suggestiva; infatti, finché non ci si avvicina e ci si affaccia ai pozzi per vedere il riflesso, a dominare lo spazio sono fonti che sprigionano nell’ambiente una luminosità quasi mistica. Una luce soffusa si diffonde intorno ad ogni pozzo che, nell’immaginario comune, è il luogo dell’oscurità, della profondità misteriosa, e che invece qui sprigiona una luminosità che può essere presa come metafora dell’attività dell’artista, da sempre interessato a “fare luce” sulle nebulose e nefaste correnti sotterranee delle società contemporanee, democratiche e non. Quando ci si affaccia e si leggono le parole, la sensazione è di trovarsi quasi in un circuito, in cui ogni pozzo, con la relativa parola, diventa un point. Le parole ripetute all’infinito sono segno su cui l’artista riflette non solo esteticamente ma anche dal punto di vista di un significato legato a diverse contingenze.

Le sculture di luce – come spesso vengono chiamate le opere di Iván Navarro – riflettono evidentemente gli interessi socio-politici di un artista impegnato che proviene da un ambiente che lo ha, per cause di forza maggiore, reso sensibile a tutti i tipi di restrizioni e limitazioni della libertà umana. Ecco spiegato il titolo della mostra Nacht und Nebel, ovvero, Notte e Nebbia; questo è infatti un chiaro riferimento non solo al decreto emanato da Hitler nel 1941, che prevedeva la condanna a morte e la sparizione nella notte e nella nebbia di chi avesse commesso atti contro il Terzo Reich, ma – come sottolinea lo stesso Navarro nell’intervista realizzata da Antonio Arévalo –NN può anche significare No Name, ovvero il folto gruppo di persone che sotto le dittature dell’America Latina venivano eliminate con sparizioni in gran segreto, i desaparecidos. Per Navarro è molto importante questo riferimento alla sparizione forzata che non è solo un mezzo repressivo del Nazismo e di come questo ha agito in Italia, ma è principalmente uno dei metodi usati dal dittatore cileno Augusto Pinochet, sotto la cui dittatura Navarro ha vissuto per molti anni. Ed è proprio a questi contesti politici che Navarro si ispira per realizzare le opere, fatte spesso di materiali poveri e di luci, come il neon utilizzato nell’installazione dei pozzi e anche in quella realizzata nel 2009 per il Padiglione del Cile della Biennale di Venezia, che è per lui un rimando alla diffusione delle tecnologie, ma anche alla vita; infatti, in un circuito chiuso, il neon non ha alimentazione ma è un gas che si estingue da solo e, un po’ come l’uomo, si spegne. Durante l’apertura straordinaria avvenuta il 24 Marzo in occasione dell’Anniversario dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, la Fondazione Volume! ha riproposto, garantendo a tutti di poter godere una seconda volta pienamente del messaggio dell’artista, la performance da lui stesso concepita e interpretata dall’attrice Patricia Rivadeneira con la colonna sonora realizzata da Pedro Pulido. Non è forse trascurabile il fatto che tutti e tre siano cileni. Lo straordinario connubio tra installazione e performance risulta ancora, se è possibile, più evocativo nella sua complessità. L’attrice Rivadeneira agisce sulle note della trionfante solennità dell’Oro del Reno di Wagner, reinterpretate però da Pulido, in una rielaborazione che assomiglia più ad una distorsione dovuta alle moderne tecniche elettroniche. Nulla è casuale. La scelta di Wagner, il musicista tedesco per eccellenza sulla cui vicinanza ad un antisemitismo nascente alla metà dell’800 si discute ancora oggi, risulta in linea con il tema dell’installazione. La performance della Rivandeneira è molto complessa da un punto di vista interpretativo. L’attrice si avvicina ad ognuno dei pozzi ed entra in dialettica spaziale con loro, assumendo una posizione statica, molto rigida e plastica; nel frattempo viene illuminata da Navarro che ha in mano una torcia. Se ne possono trarre varie conclusioni: da una parte è ovvio che questa fermezza delle pose voglia richiamare una costrizione fisica, come se l’attrice, nonostante lo spazio intorno a sé sia libero, non possa muoversi. Il richiamo è a coloro che vivono sotto il regime e la dittatura, persone che sono libere spesso di girare per la propria città, stare nella propria casa o andare ad un qualsiasi caffè, ma che poi sono costrette con la forza a rispettare un’ideologia. Come accennato precedentemente, è la stessa biografia dell’artista ad essere fonte di ispirazione per tali riflessioni. Dall’altra parte, le pose così dure e quasi autoritarie nella loro statica perfezione, richiamano quelle immagini legate ai totalitarismi che spesso fanno di se stessi immagine di inamovibilità, di fierezza e compattezza. La musica, originariamente tanto fiera, si tramuta, nel rimodellamento messo in atto da Pulido, in una serie di suoni indistinti, capaci di solleticare la nostra memoria e di prendere la forme di voci, grida e molto altro.

Nell’ospitare questa mostra la Fondazione Volume! ha fatto sfoggio di una grande sensibilità artistica, dando la possibilità ad un artista come Iván Navarro di far conoscere il suo lavoro anche a Roma, e facendoci riflettere su quanto – anche se così geograficamente lontani – Italia e Cile possano aver vissuto situazioni parallele, arrivando alla conclusione, forse già ovvia, che non esistono barriere tra popoli ma solo possibilità di scoprirsi e di capire, come in questo caso, che il dolore non ha bandiera.

Voglio dedicare queste ultime righe ad una considerazione del tutto personale, per poter dar spazio a quello che nella maggior parte dei casi si dimentica di fare, guardando un’opera d’arte. Il momento più emozionante, nella mostra di Navarro, sta nel pronunciare le parole lette nei pozzi. Io l’ho fatto spontaneamente, come quando si legge un volantino o il titolo di un libro, una specie di recondito bisogno psicologico di elevare a reale ciò che solo i nostri occhi percepiscono come realtà esperibile. Quando ho pronunciato le prime parole, non ho potuto fare a meno di notare che nell’ambiente si diffondeva una lieve eco della voce, allora ho pensato imago vocis. Il tipico caso in cui il bagaglio culturale di chi guarda completa l’opera. Il riflesso visivo nei pozzi e quello uditivo nell’ambiente mi hanno riportato indietro fino al III libro delle Metamorfosi di Ovidio, il libro, potremmo dire, dell’illusione. Qui i due tipi di riflessi, quello visivo con Narciso e quello sonoro con Eco, si incontrano generando un mondo spesso più illusorio che reale, in cui tutto deve essere osservato da vicino, come se ci si affacciasse per vedere il fondo di un pozzo.

 

 

Dall’alto:

Iván Navarro, Nacht und Nebel, 2012; particolare dell’istallazione alla Fondazione VOLUME!, Roma.                     Ph: Federico Ridolfi. Courtesy: Fondazione VOLUME!, Roma

Iván Navarro, Nacht und Nebel, 2012; particolare dell’istallazione alla Fondazione VOLUME!, Roma.                     Ph: Federico Ridolfi. Courtesy: Fondazione VOLUME!, Roma

Iván Navarro, Nacht und Nebel, 2012; particolare dell’istallazione alla Fondazione VOLUME!, Roma.                     Ph: Rodolfo Fiorenza. Courtesy: Fondazione VOLUME!, Roma

Iván Navarro Nacht und Nebel, 2012; particolare dell’istallazione alla Fondazione VOLUME!, Roma.                     Ph: Federico Ridolfi. Courtesy: Fondazione VOLUME!, Roma

Iván Navarro, Nacht und Nebel, 2012. Veduta dell’istallazione.                               Ph: Federico Ridolfi. Courtesy: Fondazione VOLUME!, Roma