Simonetta Lux: Siamo a New York nell’abitazione-studio di Marcello Aldega. Siamo in febbraio e dopo una giornata strepitosa di sole oggi nevica.
M. A.: New York è curiosa, da un giorno all’altro il tempo muta passando dalla primavera all’inverno.
Dunque , sì pur essendo un conoscitore e mercante di disegni del Rinascimento (qui, a Londra e a Roma) amo altre arti e ho amici tra i maggiori artisti contemporanei , dalla Nevelson (ormai scomparsa), alla Marina Abramovich, a Paolo Canevari (andiamo insieme a trovarlo?) .
Ecco inizio a farti vedere una parte della mia collezione, degli oggetti d’oro mongoli. Venivano cuciti sugli abiti e sono stati ritrovati nelle tombe imperiali. Sono delle sottili sfoglie d’oro incise. Giusto in questo periodo l’istituto di cultura cinese ha presentato una mostra di oggetti d’oro simili provenienti da Pechino.

S.L.: Dunque mi raccontavi di essere arrivato qui a Nerw York nel 1980. Sono 24 anni dunque. Che bello questo bronzo di Louise Nevelson, così alla “Henry Moore” e nello stesso tempo così etrusco!
Hai conosciuto Louise Nevelson , dicevi?
M.A.: Si, l’ho conosciuta e sono stata spesso a casa sua Springfield. Aveva queste tre costruzioni: nella più grande, una specie di garage, lavorava. Era una specie di officina dove tagliava il legno, segava e costruiva le sue famose “scatole”.
Ha avuto diversi periodi, ha fatto una serie di strutture/scatole bianche, e di seguito ha avuto il periodo della pittura d’oro, negli anni Settanta, ed infine ha avuto un periodo in cui costruiva queste scatole nere che sono quelle che più mi piacciono. La Nevelson faceva arte “povera ante litteram” (si può dire?): usava questi legni tagliati ma usava anche materiali diversi. Girava sempre alla ricerca di oggetti. Qui è costume buttare le cose vecchie ogni mercoledì lasciandole per strada. Dopo infatti passano i camion municipali che ripuliscono tutto. A Park Avenue c’è gente che si è arredata casa raccogliendo i materiali di scarto delle case lussuose del quartiere; lì buttano frigoriferi, poltrone, divani. La Nevelson ogni mercoledì era alla ricerca di questi materiali.

S.L.: Dopo la sua morte hai potuto poi seguire le sue vicende.
M.A.: Dopo la sua morte c’è stato una specie di allontanamento dalla sua assistente Diana Mac Cow. Ci sono stati problemi di eredità, i figli!
La Nevelson è morta nel 1988 e negli anni immediatamente successivi la sua figura è rimasta in ombra proprio a causa delle questioni legate all’eredità. Negli ultimi anni i suoi lavori sono stati finalmente riconosciuti e sono nuovamente molto quotati.

S.L.: Parlaci di questa bella scultura che è in tuo possesso e che la Nevelson ha realizzato la fusione prima della sua morte.
M.A.: Trovo molto interessante la matrice etrusca della forma di questa figura. La Nevelson sembra aver riletto questa tradizione attraverso Henri Moore.
Henri Moore lo aveva conosciuto, come aveva conosciuto Matisse. I più grandi sono stati suoi amici.
La statua è stata fatta nel 1936 e stampata nel 1985, tre anni prima della sua morte. È bollata dalla fonderia di New York? ed è l’unico pezzo realizzato. In origine era un gesso.

S.L.: Una scultura post cubista                                                                                                                                               M.A.: Risente molto sicuramente del clima culturale degli anni Trenta.

S.L.: Mi fa pensare all’Uomo Nero, o al Nudo sdraiato di Lucio Fontana. Ci vedo una matrice comune che viene dal secondo futurismo e dalla scultura cubista.                                                                                                                                                                                       M.A.: Ci vedo molto di Mario Sironi.

S.L.: Qualcosa secondo me. Nel 1917 già aveva iniziato i suoi piccoli quadri, delle periferie, che si rifanno alle Piazze d’Italia De Chirico. Forse si può dire che De Chirico è stato fondamentale per tutti.
M.A.: Mi ha spinto a comprarla l’idea che fosse un pezzo unico, perché è questo che cerco nella scultura. Se fosse stata tirata a multiplo non l’avrei nemmeno considerata.
Di Louise Nevelson ho anche una serie di terrecotte degli anni trenta che ho recentemente prestato per una mostra a Faenza, in cui però non sono voluto apparire come collezionista. La mia raccolta di opere della Nevelson comprende anche dei disegni che preferisco però tenere nella mia collezione romana.

S.L.: Salta subito all’occhio questa tua passione incrociata per l’antico e per il contemporaneo.
M.A.: Per il contemporaneo devo dire la verità che sono stato quasi forzato. Avevo offerto a mio figlio una parte della mia collezione d’arte antica. Lui l’ha rifiutata rispondendomi: “Ma che ci faccio con tutti questi fogli vecchi?” e dicendomi di vendere i miei Bernini e Borromini. A lui piacciono le cose astratte ed ho iniziato a comprare opere d’arte dal 1975 in su.
Ho iniziato con i disegni di Sandro Chia ed Enzo Cucchi, che iniziavano giusto in quegli anni.

S.L.: Proprio agli inizi degli anni Settanta Clemente iniziava a lavorare con i suoi disegni!
M.A.: Mi piace tenere a New York artisti romani, e questo che ti faccio vedere è uno strepitoso Domenico Bianchi degli anni 1975-1977.
Questi invece sono degli olii degli anni Ottanta di Gianni Dessì, e questi due disegni così modernisti sono entrambi del 1930 e sono di Rubin Nakien, il famoso artista che lavorava insieme a Matisse e che è presente anche nella collezione del Metropolitan con alcune sculture ospitate nei terrazzi del museo. Si tratta purtroppo di un artista un po’ dimenticato che è stato solo scultore.

S.L.: Tra le cose che questo viaggio a New York più mi ha dato modo di approfondire è la figura del collezionista.
Abbiamo parlato di mercato “primario” e mercato “secondario” e mi interrogavo sul doppio livello del sistema dell’arte. L’opera viene fatta prigioniera del mercato ma vive anche del rapporto con i collezionisti.
Chi sono secondo te i collezionisti dell’arte?
M.A.: I collezionisti dell’arte antica amano le cose belle e soprattutto le cose che hanno un rapporto diretto con la rappresentazione di altre opere. Ad esempio del rapporto del disegno con la scultura.
Nello stesso tempo comprare opere antiche conferisce uno status symbol diverso. Conosco collezionisti newyorchesi che comprano solo opere antiche che valgono almeno mezzo miliardo di dollari perché questa scelta permette loro di annoverarsi tra i ricchi.

S.L.: E tu come conoscitore come ti poni in questo contesto? Che rapporto hai con i collezionisti? È vero che i più grandi, amano simultaneamente antico e contemporaneo?
M.A.: Io vendo al collezionista le cose che riesco a trovare specialmente nelle collezioni private. Questi oggetti spesso non hanno avuto visibilità precedentemente e sono oggetti “vergini”. Certo è anche una scelta difficile perché si sa che alle aste puoi fare anche ottimi affari, in caso ad esempio di aste in cui non si presentano concorrenti. Rivolgendosi a un privato invece è quasi certo che il margine di contrattazione sul prezzo imposto dai collezionisti è meno favorevole.
Io ho avuto un vantaggio: conoscendo l’arte e la storia dell’arte, essendo un conoscitore, ho acquistato oggetti di errata attribuzione, che spesso si riveleranno opere di gran valore, confermando le mie intuizioni critiche. La conoscenza garantisce possibilità di guadagno maggiore.
Mi è successo molte volte a Roma. Una volta a Parigi ho trovato un quadro quotato come copia della Crocifissione di Lanfranco, mentre di fatto ho scoperto che si trattava della seconda versione del Lanfranco stesso. Un quadro pagato pochi milioni di Lire, all’epoca, si è rivelato molto prezioso.
Una ricerca di archivio accurata mi ha dato modo di scoprire che si trattava di una copia di un quadro che Papa Matteo Barberini aveva fatto fare per regalarla al fratello. Il Papa si accorse che Valguarnera non solo gli rubava gioielli e monete d’oro, ma con questi soldi si faceva anche fare le copie delle opere commissionate dal Papa ai più grandi artisti dell’epoca. Ne seguì una vicenda giudiziaria in cui Lanfranco stesso fu costretto a testimoniare, dichiarando di aver fatto una copia della sua Crocifissione per Valguarnera per settanta monete d’oro. Sono molto diverse le due copie, e la mia ovviamente è la più bella. Pensa che volevano metterli entrambi alla mostra sulla pittura Barocca, ed il mio quadro che era più bello e restaurato, sembrava molto meglio rispetto a quell’altro. Per questo il curatore della mostra decise di non esporre la mia copia.
Sono cose che succedono spesso in questo mondo.
Durante un’asta, che ha avuto luogo qualche giorno fa a New York, sono riuscito a comprare dei disegni “di attribuzione italiana”, così dicevano gli organizzatori.
Di fatto si trattava di alcuni disegni di Stefano Pozzi che chiudono una serie incompleta che già avevo. Con quest’acquisto, fatto con poche migliaia di dollari, sono riuscito ad assicurarmi una collezione il cui valore, così completa com’è ora, è decuplicato.

S.L.: A proposito di disegni, vorrei che mi parlassi del rapporto, se esiste, tra il disegno antico e contemporaneo per il collezionista.
M.A.: Il rapporto c’è ed è indubitabile. Ad esempio una collezionista newyorchese, Dora Rossi Lennon, colleziona disegni antichi molto belli ed anche contemporanei. E suo marito, il collezionista Lennon, ha una strepitosa collezione in cui si coglie l’intelligenza delle avanguardie in connessione col primitivo.
Andiamo a trovarli.

Marcello Aldega

Marcello Aldega è un collezionista, connaiseur e mercante della più difficile delle arti, i disegni del Rinascimento, con una dichiarata passione per l’arte contemporanea.
Vive e lavora tra Londra, New York e Roma.

Louise Nevelson

Nata a Kiev nel 1900, ma naturalizzata statunitense sin dall’infanzia, morta a New York nel 1988, Louise Nevelson è considerata negli Stati Uniti una delle più grandi scultrici contemporanee. Louise Nevelson si forma come scultrice negli anni Trenta e Quaranta, sulla base dei linguaggi provenienti dalle avanguardie europee che arricchisce con la conoscenza della civiltà precolombiana, del totemismo della scultura azteca. Dagli anni Cinquanta inizia a realizzare gli assemblaggi in legno arricchiti di oggetti trovati e pratica il monocromo in funzione simbolica, passando dal nero (anni ’53 – ’60), al bianco (anni ’59 – ’60) e all’oro (anni ’60 – ’61). Dal 1964 utilizza anche materiali trasparenti e luminosi come lo specchio, l’alluminio, il plexiglass.

 

L’abitazione di New York di Marcello Aldega,

con Bernini, la scultura cinese del Vi secolo d.C.

e Louise Nevelson