Nel Palazzo/Castello di Bomarzo si è aperto di nuovo l’annuale Festival “Incantesimi – scene di arte e poesia a Bomarzo”. Nelle edizioni precedenti (1995,1996,1997) erano stati invitati artisti e poeti contemporanei a realizzare e leggere le loro opere per le strade, i vicoli, le cantine, i boschi, il Palazzo. Lo scopo lontano di quell’azione concentrata sulla città e sui cittadini era, come scriveva allora Simonetta Lux ideatrice del progetto, “di creare la necessità culturale della riunificazione” tra città e Bosco Sacro, quale luogo dell’arte e dell’identità. Poiché quel Bosco e la città/Castello, nati più di quattrocento anni fa per volontà di Vicino Orsini come fatto unitario per l’ autocostruzione psicologica e culturale di una complessa personalità, con la sua scomparsa avevano disunito la loro storia.
Oggi quel progetto riprende: nuovo mecenate di Bomarzo e del suo territorio è l’amministrazione pubblica con il supporto scientifico dell’Università (“La Sapienza” di Roma e La Tuscia di Viterbo), con una nuova modalità di collaborazione tra istituzioni pubbliche che insieme intendono recuperare il desiderio di memoria, restituire il senso unitario tra città/Castello e territorio, coinvolgere artisti e pubblico resi più vicini dai luoghi non deputati.
Quest’anno, per la cura di Simonetta Lux e Elisabetta Cristallini e la collaborazione di Maria Giovanna Tumino, gli artisti sono stati chiamati ad allestire le loro opere nelle sale del Castello/Palazzo, in quelle più antiche affrescate dei primi due piani e in quelle dei piani superiori riadattate a foresteria. Artisti più o meno giovani e che usano i più diversi media: dalla pittura programmata di Lucia Di Luciano e Giovanni Pizzo, alle ascendenze Fluxus delle installazioni di Uemon Ikeda, alle performances filosofiche dell’artista montenegrino Ilija Soskic, alle ricerche eventualiste di Piero Mottola, alla scienza che diventa superficie plastica per Attilio Pierelli, alle variazioni minime “cristiane” delle foto di Laura Palmieri, all’astrazione povera di Antonio Capaccio, alla pittura emozionale di Maddalena Mauri e Stéphanie Morin, alla complessità tecnico- semantica delle ricerche “in valigia” di Luca Patella, agli ingannevoli “volumi” lievi/pesanti di Paul Wiedmer, alle immagini “instabili” di Cloti Ricciardi, alla geografia dell’anima di Erzsebet Palasti, ai simboli della contemporaneità per gli stendardi di Alberto Vannetti, alla pittura colta permeata della tradizione astratta di Tommaso Cascella, alle visioni rivelatrici di realtà dei video di Serafino Amato. Il Castello si è aperto ad azioni di rottura dei codici linguistici, indagando i legami tra musica, poesia e arti visive. Il grande compositore Mauro Bortolotti (tra i fondatori dell’associazione musicale sperimentale d’avanguardia Nuova Consonanza) si misura con Antonio Capaccio in un’opera video-musicale È questa umidità, l’acqua calcarea ispirata al racconto di Thomas Bernhard Ungenach. E ancora Bortolotti interviene nel percorso emozionale di Piero Mottola con logiche compositive non convenzionali realizzando il concerto per solo nastro magnetico Variazioni sul Grido.
Un gruppo nutrito di poeti contemporanei scelti da Carlo Bordini tra giovanissimi e più anziani sono stati chiamati a dire le loro poesie nel grande salone del piano nobile, riscaldati dal fuoco di un immenso camino antico. Poesie che testimoniano la complessità della ricerca contemporanea e che sconfinano anche nella performance, come nel caso di “Auto” tratto da “Warhol: lungo addio” della straordinaria Rossella Or.
Anche questa volta a Bomarzo, tutte le opere, viste e udite come “presenze” in un contenitore antico, portatore di tracce e segni del passato, hanno svelato le infinite possibilità dell’immaginario.