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          www.kimsooja.com

Il PAC di Milano ospita, fino al prossimo 19 settembre, la prima importante personale italiana dell’artista coreana Kimsooja, mostra fortemente voluta dal curatore del museo milanese Jean Hubert Martin. Si tratta della terza tappa della mostra, precedentemente presentata al Kunst Museum Palast di Düsseldorf ed al Musée d’Art Contemporain di Lione, il cui direttore, Thierry Raspail, è co-ideatore del progetto insieme all’artista stessa. Il titolo, Conditions of humanity, apparentemente distante dalle opere in mostra, è in realtà la chiave di lettura non solo dell’intera esposizione, ma anche di buona parte della ricerca di Kimsooja, così come spiega l’artista stessa: “mi sono messa nelle posizioni più basse (fino al mendicante) in cui l’uomo può trovarsi, per capire meglio la sofferenza. Ho cercato di essere un barometro delle condizioni dell’umanità. Sono diventata un medium, per mostrare i drammi esistenti nella società. Ho cercato di incontrare ogni singola persona del mondo, di abbracciarla. Conditions of humanity in un certo senso vorrebbe essere un gesto d’amore verso l’umanità”.
È in quest’ottica che vanno visti i numerosi video in mostra, nei quali è sempre presente l’artista stessa, ripresa di spalle, immobile in diverse posizioni: il corpo stesso dell’artista diviene come l’ago di un barometro che misuri le condizioni umane, un centro di gravità e attrazione intorno al quale ruotano i diversi destini dell’uomo. L’immobilità del corpo dell’artista rispetto al contesto che la circonda, la sua assenza totale di reazioni alle sollecitazioni che provengono dall’esterno, sottolineano e fanno risaltare, per contrasto, le emozioni e le reazioni altrui. Kimsooja si lascia attraversare, in una neutralità che annulla la realtà individuale dell’artista per farla assorbire dalla realtà circostante, sia essa umana o naturale. Non a caso, il titolo della video istallazione principale della mostra, 8 video esposti frontalmente a 4 a 4 in due sale, è proprio Needle woman (1999-2001), la donna ago, un medium che connette diverse parti del tessuto di società, cultura e paesaggio: in essi l’artista è immobile, di spalle, al centro dell’immagine, in modo che il punto di vista dello spettatore coincida con quello dell’artista, in parte, e completamente con quello della videocamera, circondata e a tratti sommersa dal passaggio incessante della folla nelle vie principali di 8 grandi città del mondo, da New York a Tokyo, Londra, Città del Messico, Il Cairo, Delhi, Shanghai e Lagos. Mentre l’abbigliamento e l’acconciatura di Kimsooja rimangono identici in tutti gli 8 video, sottolineandone l’origine coreana (i lunghi capelli neri raccolti in una coda) e l’estraneità al contesto che la circonda, abbigliamento e tratti somatici dei passanti variano in ciascun video, così come variano, e risaltano contrastando con l’immobilità di lei, atteggiamenti e reazioni: se a New York o Londra i passanti la superano senza sfiorarla e senza guardarla, la folla di Città del Messico, del Cairo o di Lagos le si assiepa intorno, incuriosita o divertita, cercando in qualche modo di attrarre la sua attenzione, di ottenere una reazione. La stessa idea è ripresa in un altro video in mostra, Needle Woman/Kitakyushu (1999), ma in questo caso l’artista, distesa immobile sopra una roccia, è ripresa all’interno di un ambiente naturale, nel quale, come dice lei stessa – “divide e unisce quattro diversi elementi del mondo, terra e cielo, elemento umano e elemento naturale”.
In Laundry Woman Yamuna River, Delhi (2000), altro video, l’artista, sempre immobile e di spalle, osserva il fiume lungo cui scorrono fiori ed altri oggetti celebrative, gettati in acqua in onore dei defunti. Anche in questo caso elemento umano e elemento naturale si fondono attraverso lo sguardo dell’artista, che rimane immobile di fronte allo scorrere delle cose.
In altre due serie di video, A Beggar Woman e A Homeless Woman (2001), l’artista si immedesima, sempre con le stesse modalità (ripresa di spalle, immobile, nel primo con la mano tesa a chiedere l’elemosina, nel secondo sdraiata per terra), con le condizioni più difficili dell’umanità, per le strade del Cairo e di Delhi.
Diverso è invece il linguaggio utilizzato nella grande installazione nel PAC, intitolata pure A Laundry Woman (2000), nella quale una serie di tessuti coreani, utilizzati come copriletti e tradizionalmente regalati dalla madre alla figlia al momento del matrimonio, sono stesi come ad asciugare su diverse file, mossi appena dall’aria dei ventilatori appesi al soffitto e immersi nella musica. Come spiega l’artista, “ho scelto il copriletto perché accompagna l’esistenza di ciascuno, l’amore, il sesso, i sogni e gli incubi, le nascite e la morte, perché è nel proprio letto che si muore, perché il letto è in qualche modo la cornice della nostra vita”.
L’apparente distanza fra i due medium utilizzati più frequentemente dall’artista coreana, il video e il cucito/tessuti, si riduce se si pensa che per Kimsooja “il video è in realtà un modo immateriale di cucire, di unire la gente e la vita reale”: l’atto di cucire è dunque il filo conduttore di un sottile progetto di ricerca che ha dato vita a un linguaggio personale, che trova i principali riferimenti nella cultura d’origine, ma che assume una prospettiva universale. L’artista stessa diventa ago, elemento di giunzione fra diverse realtà, diverse “condizioni dell’umanità”.
L’esposizione si chiude con Mandala (2002), un’installazione sonora in cui sembrano fondersi le due anime del mondo, quella occidentale e quella orientale. Dall’altoparlante di un jukebox emanano i canti dei monaci tibetani: per un attimo, il miracolo di un incontro perfetto tra oriente e occidente sembra possibile.

24 giugno – 19 settembre 2004
PAC – Padiglione d’arte Contemporanea
Via Palestro 14, Milano
INfo. 02-76009085/02-76020400
Orario estivo: 9:30-17:30, gio 9:30-21, lunedì chiuso
Ingresso gratuito

Dall’alto:

A Laundry Woman, 2000-2003, installazione, copriletto coreani,                  canti di monaci tibetani, ventilatori

A Needle Woman – Shanghai, 1999-2001
8 videoproiezioni, particolare dell’installazione, 6’33” loop

Needle Woman/Kitakyushu, video, 1999

A Beggar Woman, video, 2001

Mandala, 2002,
installazione: juke box, canti di monaci tibetani