È appena uscito per i tipi della Silvana Editoriale il volume Gli ambienti del Gruppo T – arte immersiva e interattiva a firma di Lucilla Meloni. Una consistente ricostruzione del percorso del Gruppo T, nome di uno dei più importanti gruppi di arte cosiddetta cinetica e programmata italiani, capitolo quest’ultimo che non ha goduto a oggi di una vasta letteratura e che pur tuttavia ha avuto estensioni ragguardevoli sia attraverso l’attività dei gruppi che quelle di singole individualità d’artisti.
Di per sé la generica classificazione del Gruppo T all’interno dell’arte cinetica e programmata risulta restrittiva e riduttiva rispetto all’effettiva ampiezza e significatività delle opere e delle azioni ad esso connesse ed infatti più specificamente l’autrice individua la loro arte, che pur all’inizio corrispose esattamente a quelle istanze, come “immersiva e interattiva” cioè appunto un’arte tesa alla realizzazione di ambienti interattivi potenzialmente in grado di sollecitare risposte diverse e non prevedibili nello spettatore. L’opera d’arte da aperta si fa interattiva scrive Meloni. Costituito da cinque componenti: Giovanni Anceschi, Davide Boriani, Gianni Colombo, Gabriele De Vecchi, Grazia Varisco, il Gruppo T pur basandosi su un’idea collettivista dell’operare artistico che portò a proporre delle opere con la firma “Gruppo T” non disgiunse mai completamente la produzione dalle singole personalità come invece accadde altrove per altri gruppi che scelsero di firmare le proprie opere solo ed esclusivamente dietro una sigla. Scorrendo sulle pagine del libro mi sono chiesta se non sia stato anche questo un deterrente alle furiose e rissose polemiche scatenatesi per altri gruppi su questioni proprio concernenti paternità e priorità e che forse hanno finito per indebolirne la sostanza stessa e che per quel che concerne la realtà di questo gruppo non hanno invece avuto spazio.
Quel che comunque interessa maggiormente è che per più di un decennio le opere e le azioni del Gruppo T hanno posto il problema dell’abitabilità dell’opera (opera-ambiente) e della sua interazione con lo spettatore in ciò facendosi pionieri di modalità operative invalse poi nel decennio successivo. In anticipo sui tempi e troppo radicalmente riottosi, per scelte ideologiche e culturali, a dar seguito alle strategie del mercato la realtà del gruppo è rimasta parzialmente sommersa per qualche decennio e il libro ne ricalibra senz’altro la portata.
Gli anni presi in considerazione sono quelli corrispondenti all’effettiva attività del Gruppo dal 1959 ai tardi anni Settanta e l’analisi è distribuita nella sequenza cronologica dei fatti e delle questioni anche teoriche che via via si succedettero e diedero differenti spinte all’operare del gruppo. Dagli “effetti” che collocano la ricerca in ambito più segnatamente ed esplicitamente cinetico programmato, alla successiva realizzazione degli “ambienti” per finire con la loro esplicita interattività, il libro ripercorre con uno stile asciutto, quasi l’autrice si sia imposta di condividere di quella prassi artistica anche il metodo, ogni fase restituendoci di questo Gruppo un’immagine identitaria complessa e differenziata nelle singole personalità dei componenti a tal punto che è, nei diversi momenti in cui si articola, più libri in uno stesso libro. L’immagine che alla fine se ne ricompone è ampia e conferisce un giusto peso a questa realtà quasi sommersa, venendo a colmare il vuoto di studi sistematizzanti sull’argomento e saldando così un debito con la storia che della vitalità di questo capitolo ha fatto finora in alcuni manuali addirittura a meno.