Giunta alla quarta edizione l’iniziativa Arte in memoria possiede lo straordinario fascino di interrogare il passato attraverso la testimonianza del presente. Per la cura di Adachiara Zevi si possono quest’anno ammirare gli interventi in situ – negli spazi archeologici della più antica sinagoga romana che ha sede ad Ostia antica – di Lawrence Weiner, Massimo Bartolini, Giovanni Anselmo, Jan Dibbets, Christiane Löhr, Remo Salvadori. Le tracce di un presente che non vuole disperdere la memoria del passato, di un passato che non si vuole dimenticare e che la mostra celebra nell’ambito delle iniziative correlate all’annuale giornata della memoria. Memoria della Shoah così pregnante in un momento storico che anela da parte di alcuni alla rimozione, alla cancellazione, come se niente fosse mai avvenuto. Per Anselmo, che ha per l’occasione riesumato una delle costanti del suo lavoro, l’invisibile che d’improvviso si fa visibile, l’invisibile è ancora di più la scomparsa della visibilità della storia che accompagna l’oblio necessario affinché la vita possa procedere nel suo corso, del quale vale il reciproco in quanto perché si possa dimenticare occorre aver ricordato. Allora la sua incisione sul granito nero non lascia spazio a vie di fuga possibili. Assoluta nella sua solidità geometrica si contrappone discretamente ai muri sbrecciati dei frammenti edilizi con cui convive. Forte metafora dell’apertura – chiusura implicita nella porta, l’intervento di Massimo Bartolini sembra svanire le sue potenzialità nell’efficacia della propria visibilità. Sottile diagramma che ridisegna nel presente l’impronta del passato è nell’opera di Jan Dibbets. E il gioco di interscambio tra natura ed architettura prende un deciso sopravvento all’interno della teca di vetro di Christiane Löhr dove i semi di edera costruiscono un’architettura tipologicamente riconducibile all’edificio di culto con il quale instaurano un dialogo di sostanza – architettura sopravissuta al tempo entrata in simbiosi con la natura e da essa stessa rigeneratasi -. Ad imporsi invece sulla stessa è la grande “corona” di acciaio “Continuo Infinito Presente” di Remo Salvadori a “vegliare”, come è nelle intenzioni dell’artista sul presente e sulle rovine passate. Piace pensare che queste opere possano rimanere lì a rinnovare quotidianamente il loro rapporto con il luogo d’adozione. Impossibile non sottolineare, a questo proposito, quanto suggestiva resti l’installazione, risalente alla seconda edizione della manifestazione, di Pedro Cabrita Reis, con il suo discreto intercettare lo spazio antistante i resti della sinagoga e volerne propagare gli echi nel paesaggio. In tal senso, ignara di quali e se alcuni di questi interventi siano destinati a rimanere qui, gratifica il desiderio di continuità dell’evento installativo a cui ha dato vita Lawrence Weiner disponendo con il suo “Ignoti Nulla Cupido” 4000 monete in alluminio con conio sparse un pò ovunque perché lo spettatore le incontri casualmente e nel rinvenirle abbia il senso di aver davvero conosciuto il luogo, di averne fatto esperienza fisica e “patrimoniale”.

Dall’alto:

Lawrence Weiner, Ignoti Nulla Cupido, 2007-01-28

Christiane Löhr, Kleines Gebirge, 2006 2007.

Giovanni Anselmo, Invisibile, 2007

Remo Salvadori, Continuo Infinito Presente, 2007

Pedro Cabrita Reis