Se gli anni Ottanta e Novanta “hanno rilanciato, attraverso la cultura digitale, utopie, esperimenti e previsioni con un’energia non uguagliata nel campo delle arti plastiche, oggi si presenta la necessità di analizzare, valutare, classificare, storicizzare e produrre strumenti d’uso per integrare i linguaggi digitali nella griglia linguistica che chiamiamo multimedialità”. Questo l’intento di Lorenzo Taiuti, artista e docente di Mass Media e Storia dell’arte contemporanea, giunto alla sua terza pubblicazione sul tema dell’intreccio tra arte e nuove tecnologie.
Multimediale è già di per sé la proposta dell’autore: al libro, paginoso e cartaceo relitto d’altri tempi, è allegato un dvd, con possibilità di creare “una struttura a network che permetta collegamenti e usi inediti”. Frammenti video, filmati di performance, schede biografiche e critiche sugli artisti e sui loro lavori, ampia selezione di siti web e glossario ne costituiscono il contenuto, di volta in volta complementare o integrativo rispetto al testo.
Taiuti si impegna dunque in un tentativo di sistematizzare ed elaborare a livello teorico il percorso di sviluppo della multimedialità negli ultimi concitatissimi anni. La riflessione si appunta sui diversi aspetti del fenomeno: da una parte l’evoluzione estetica e comunicativa, dall’altra l’espansione dell’area didattica e museale. Riprendendo il discorso affrontato nel precedente saggio, Corpi sognanti. L’Arte nell’epoca delle tecnologie digitali, Taiuti affronta il tema del “cross over linguistico”, che, in conseguenza di una progressiva “perdita dei contorni” dei mezzi comunicativi, contribuisce all’attuale confusione ideologica e culturale.
“Suono e immagine statica, segno e foto, immagine cinetica e immagine manipolata, testo letterario e segni comunicativi s’incontrano su un supporto non più materialmente differenziato ma adatto a infinite relazioni” (Taiuti, Corpi sognanti, 2001). In Multimedia Lorenzo Taiuti indaga lo specifico dei diversi media e il modo in cui gli stessi interagiscono, modificandosi e acquisendo nuovi requisiti. La rivoluzione digitale, filo rosso che guida l’evoluzione del fenomeno multimediale, è il nuovo codice generatore del concetto di multimedia. Coinvolgendo tutti i linguaggi – arti figurative, video, musica, sound art, spettacolo, danza, cinema – il digitale favorisce fenomeni di ibridazione e rende possibili incroci linguistici inediti.
L’autore dimostra competenze tecniche che supportano la sua riflessione critico-teorica, ancorando sempre l’aspetto speculativo al dato concreto, presentando i problemi senza offrire facili conclusioni o giudizi categorici. L’uso dei nuovi linguaggi è tuttora in mutevole sviluppo e la discussione teorica in merito è necessariamente aperta, passibile di revisioni e di nuovi apporti.
Un interessante capitolo è dedicato alla Public art. Nell’indagare le applicazioni dei nuovi media allo spazio urbano si individuano le potenzialità della tecnologia digitale nei progetti di trasformazione architettonica e, più in generale, nelle proposte di nuovi modi di vivere la città. Taiuti afferma con il critico Roy Ascott: “le problematiche della struttura fisica degli edifici saranno messi in ombra dalle ambizioni per il loro dinamismo e la loro intelligenza, la loro abilità d’interagire fra di loro, con noi. E l’abilità di comunicare, imparare ed evolversi all’interno di una più ampia ecologia”. L’edificio senziente è il nuovo traguardo dell’urbanistica del futuro: la multimedialità partecipa alla costruzione di spazi relazionali in cui la comunicazione sia potenziata; uno spazio pubblico concepito come spazio sensibile, arricchito di interfacce urbane che ne modificano la percezione.
Soluzioni che si rivelano determinanti anche nel ridisegnare la presenza del museo nello spazio urbano: proponendone una nuova immagine, talvolta funzionale a strategie pubblicitarie. Il museo digitale si prospetta come un organismo polifunzionale in grado di stabilire una comunicazione diretta col pubblico, di percepire gli input e trasmettere un feed-back immediatamente visualizzabile. L’uso del multimediale si presta a diversi scopi: migliorare l’informazione, potenziare la funzione didattica del museo. Nascono i media lab, laboratori attrezzati per ricerche informatiche, dove sempre più spesso si dà spazio a progetti di applicazione multimediale ideati dagli artisti. Un museo sempre meno conservativo e sempre più centro produttore di cultura, rivolto a categorie di utenti diversificate – bambini e persone diversamente abili – aperto a nuove concezioni di fruizione artistica, che corrispondono a nuove concezioni dell’arte: “il concetto modernista di arte richiede un ribaltamento dell’idea d’uso dell’arte stessa. Percezioni corporee, sentire multiplo, devianze espressive e altro creano un quadro dove le marginalità della comunicazione espressiva diventano centrali all’idea moderna di arte”.
Altre ipotesi di coinvolgimento spaziale e sensoriale sono affrontate a proposito dei cosiddetti ambienti immersivi, alla cui realizzazione contribuiscono gli incroci linguistici fra media, con proiezioni multischermo di audiovisivi. Un intento di attivazione dell’opera-ambiente che nasce con le rappresentazioni spettacolari del barocco e attraversa il tema dell’opera totale lungo l’intera epoca contemporanea.
L’autore sottolinea più volte le conseguenze connesse alla diffusione del linguaggio multimediale: esse coinvolgono lo statuto e la definizione dei linguaggi artistici, rilevando nuove prospettive. Fra le principali, un ampliamento dell’interattività, con la possibilità che il pubblico diventi co-autore del processo creativo, e una diffusione della tecnologia che permetterebbe di allargare la fruizione e l’auto-produzione di arte. Ci troviamo di fronte a un’esigenza seguita e maturata dall’arte contemporanea già da tempo, come asserisce anche Taiuti ponendo a monte le sperimentazioni delle prime e delle nuove avanguardie. Trapela forse un eccesso di entusiasmo positivistico, nell’affermazione che la rivoluzione digitale abbia fornito la possibilità di realizzare e completare quei primi fermenti di rinnovamento artistico. Occorrerebbe allora chiedersi quale sia la reale natura del media digitale: semplice innovazione tecnica o profonda trasformazione strutturale in grado di stravolgere la natura del pensiero umano? Nel qual caso le analogie con le esperienze del primo novecento andrebbero ricalibrate considerandone il carattere altro. Altre riflessioni che il libro suscita e lascia aperte: il possesso della tecnica basta a fare di un semplice fruitore un artista? In un’epoca di facili fascinazioni nei confronti di tutto ciò che ha l’etichetta del “nuovo”, forse l’artista può e deve dimostrare quale grado di consapevolezza sia necessario, insieme alla capacità di dirigere la tecnologia, per non esserne diretti.