Il 23 giugno scorso si è inaugurata a Roma, nelle sale di Palazzo Braschi, la mostra dedicata ai fotomontaggi sovietici, nell’ambito della terza edizione del Festival della fotografia 2004. Promossa e organizzata dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali di Roma e dalla Casa della Fotografia di Mosca, la nostra mostra è frutto di un connubio che sta cementandosi tra gli Istituti di cultura italiani e dell’ex Unione Sovietica: in esposizione un centinaio di fotomontaggi realizzati tra il 1917 ed il 1950, da artisti russi. Il percorso mostra si articola all’interno del percorso museale stesso: su uno sfondo immancabilmente rosso si snoda questo racconto per immagini che si articola in tre sale espositive: i fotomontaggi rappresentano una forma di comunicazione di tipo politico e propagandistico, ma anche l’espressione delle arti visive. All’interno del settecentesco palazzo Braschi, sede del Museo di Roma di recente aperto (maggio 2002) dopo il consistente restauro, che ospita al suo interno le collezioni tra il Seicento e l’Ottocento 800 di manufatti provenienti dalle importanti famiglie romane, collezioni d’arte, arredi, abiti. Questa è la cornice in cui si visita la nostra mostra, a volte distraendosi dallo scopo originario ma mai in modo invasivo. L’allestimento, che si articola in tre sale del piano nobile, inizia nella prima sala con ambiente fortemente connotato dalla decorazione musiva della volta e risulta appesantito dall’illuminazione esclusivamente artificiale e locale, effetto che si attenua nelle sale successive in cui l’illuminazione si combina alla luce naturale. Ho trovato stimolante la compresenza delle collezioni del Museo, gli abiti da sera ottocenteschi insieme alle austere immagini di propaganda, ed è stata una piacevole sorpresa trovarmi davanti, nel passaggio tra le sale della mostra, al grande disegno a carboncino e lumeggiature a gessetto “Apollo e le ore” di Gagliardi del 1844. L’esposizione ha un forte significato storico, ed è forse questo l’aspetto più caratteristico dell’evento, che ci sottopone queste opere, questi fotomontaggi, nati vicino al Cubismo, alla tecnica del collage, inizialmente come modulo artistico sperimentale che guarda alla pittura Costruttivista e Formalista. Il fotomontaggio, nato come mezzo sperimentale, dopo breve mostrò le sue potenzialità comunicative immediate, per immagini chiare e con brevi e significativi slogan in grado di parlare ad un grande e variegato pubblico: si sviluppa sia con mezzi e sensibilità artistiche che come esclusivo mezzo di propaganda. Le opere in mostra ricostruiscono da una parte la valenza in ambito politico del mezzo espressivo, come veicolo immediato degli ideali rivoluzionari dell’ex URSS, indirizzate ad un popolo multietnico e plurilingue, dall’altra costituiscono un mezzo espressivo tout court nelle copertine delle riviste, dei libri, delle locandine dei film, pubblicità, e forse questo è l’aspetto che ho trovato più interessante nella mostra. Una cospicua parte dell’ esposizione è dedicata ai lavori di Aleksander Rodcenko, Varvara Stepanova, El Lissitsky, forse tra i più significativi interpreti, ma possiamo anche vedere opere anonime di tenore minore che fioriscono a quella data (i ricordi per gli eroi caduti, fotomontaggi anonimi). La comunicazione attraverso il fotomontaggio servì a tramandare la memoria degli eroi, a fare conoscere le grandi imprese, a ricordare ai cittadini dell’URSS quale fosse la loro ideologia. In questo senso interessanti i montaggi dei Soldati del I Cavalleria del 1935 di Aleksander Rodcenko e Varvara Stepanova, Impara l’uso del fucile di Rodcenko del 1931, ma anche le opere di Dmitriev del 1935, di piccole dimensioni, sovraffollate di immagini forti e significative combinate insieme. Come dicevo la parte più interessante, a mio avviso, è rappresentata dalle opere meno legate alla propaganda: mi riferisco alle composizioni di El Lissitsky, in cui la visione di fotomontaggio come mezzo espressivo sperimentale appare più evidente nella Illustrazione per la copertina del libro di Ilia Erembur, La mia Parigi del 1923. Da osservare con estrema attenzione è anche la locandina de “L’uomo con la macchina da presa”, di autore anonimo degli anni ’20-’30, immagine nota, ma che vista nell’originale è sorprendente.

Dall’alto:

Aleksander Rodcenko e Varvara Stepanova, “Soldati del I Cavalleria, la I Armata di Cavalleria“, foglio album, foto, 1935

Particolare della I sala

Aleksander Rodcenko, “Impara l’uso del fucile” 1931, Illustrazione per la rivista, “All’Estero”

Aleksander Rodcenko e Varvara Stepanova, Copertina rivista “URSS in costruzione” n.7 dedicata a Majakovsky, 1940

Semenov- Mounes, copertina della “rivista femminile“, 1929

Autore ignoto, inquadratura dal film di Dziga Vertov, “L’uomo con la macchina da presa“, anni 20\30