Il testo si divide in tre sezioni: nella prima Simonetta Lux, Stella Santacatterina e Domenico Scudero analizzano criticamente l’opera dell’artista inglese. Nel saggio Punto e a capo Lux inserisce Cowan tra i maggiori esponenti della New British Sculpture degli anni ’80, in quella linea che ha come i suoi massimi esponenti Stephen Cox, Tony Cragg e Anish Kapoor. Nel suo lavoro l’artista trova, reinterpretandole, le filosofie dei maestri degli anni Sessanta Settanta, dal minimalismo di Morris, all’arte povera di Merz, fino a Beuys e Boltanski.
In Judith Cowan, l’altro luogo Santacatterina, partendo da un testo di Roger Caillois, analizza la personalità artistica di Cowan. Il suo adottare mezzi disparati e il combinare materiali insoliti non sono dettati da un’ansia di sperimentazione tecnica, ma dalla volontà di rivelare l’esperienza dell’arte, che ha come scopo finale quello di fornire un altro modo di vedere e non la pretesa di trasformare il reale. L’opera della Cowan, pur partendo dalla Nuova Scultura Britannica, se ne discosta per una particolare poetica del sublime, intesa come superamento della contingenza fisica in direzione di un assoluto spazio-temporale. Domenico Scudero in Dentro e fuori lo spazio parla della sua visita presso lo studio dell’artista situato in un edificio di archeologia industriale, nel quartiere di Camden, zona vitale e piena di giovani. L’ambiente emana una calma rarefatta e fredda, paradigma della sua opera. L’ambiente appare distaccato e lontano da tutto ciò che accade all’esterno, è un porsi a distanza dallo spazio e dal tempo presente.
La seconda sezione è dedicata alle schede critiche che prendono in esame opere che vanno dal 1978, come ad esempio #1- Hospital Tent, al 2005 come #21- from life ed offre un’ampia panoramica del percorso artistico di Cowan.
Nella terza parte sono inserite due interviste: la prima è la trascrizione di una conversazione con Wentworth in occasione della mostra Passages& Incidents a Kettle’s Yard nel 1996, mentre la seconda è un’intervista di Susan Butle in relazione alla mostra Water Rises al Camden Arts Centre.
Raffaella Perna