Scritto e curato da Giorgia Calò, con contributi critici di Adriano Aprà, Simonetta Lux, Domenico Scudero e Piero Spila, il libro mira a ripercorrere agilmente l’iter cinematografico di Mario Schifano. In qualità di pittore e di film-maker, Mario Schifano racconta le proprie storie, traducendole non solo su tela ma anche su pellicola. Dopo le prime sperimentazioni Schifano realizza nel 1967 il cortometraggio Anna Carini in agosto vista dalle farfalle. L’anno seguente comincia le riprese di Satellite che insieme a Umano non umano e Trapianto, consunzione e morte di Franco Brocani, daranno vita alla Trilogia.
Attraverso una panoramica sulle ricerche sperimentali del cinema negli anni Sessanta, l’autrice introduce l’opera filmica di Schifano nella categoria cinema d’artista, distinta secondo precisi parametri espressivi: esaltazione delle caratteristiche dell’immagine fotografica, assenza di trama o di un tempo narrativo, produzione e distribuzione indipendenti. Attuando quello che Domenico Scudero definisce uno “snodo teorico”, come significativa proiezione nella nuova realtà elettronica e digitale, Schifano compie il passaggio dalla pittura al cinema traducendo i propri segni nel linguaggio della macchina da presa, invertendo l’azione, già consueta per l’artista, di prelievo dai linguaggi della comunicazione di massa alla tela.
La costante ricerca di sempre nuove immagini è accompagnata in Schifano dall’esigenza di riprendere obiettivamente la realtà attraverso l’occhio della cinepresa, mentre in un secondo tempo il montaggio contribuisce a una trasfigurazione della stessa realtà, conferendo alle immagini quel valore aggiunto che dà forma a uno sguardo instabile, fatto di sovrapposizioni visive e deformazioni ottiche, di rumori e silenzi, di innumerevoli frammenti e lunghe dissolvenze. Quello cinematografico appare come il mezzo più adatto, per l’artista, a un’indagine sulla dinamica del moto futurista, ben presente nell’opera pittorica di Schifano. È su questo legame che si appunta il contributo di Simonetta Lux, inteso a rimarcare l’indipendenza del linguaggio artistico di Schifano dalla Pop Art, inquadrandone piuttosto l’appartenenza a una linea o scuola italiana, che risale alla metafisica e al futurismo, distinta quindi dalla cultura americana contemporanea. Segue una pubblicazione integrale delle lettere spedite da Schifano a Calvesi, durante il suo soggiorno a New York, tra il dicembre 1963 e il luglio 1964.
Nell’ambito della produzione filmica dell’artista, Giorgia Calò assegna un posto di primo piano alla Trilogia, caratterizzata da una “visione a cannocchiale” che si dispiega nei tre cortometraggi: “In Satellite muore la cultura occidentale, risucchiata nel caos del vivere moderno; in Umano non umano assistiamo alla morte del cinema attraverso la recisione dello schermo televisivo per mano di un bambino apparentemente ingenuo; in Trapianto [...] lo spettatore è di fronte alla morte dell’uomo”. Come suggeriscono Adriano Aprà e Piero Spila, il confronto di Schifano con lo strumento cinematografico sembra trovare nella Trilogia risposte divergenti: impossibilità di realizzare una nuova espressione o necessità di superare gli attuali limiti del cinema?

Emanuela Termine

macchinari17. Giorgia Calò, Trilogia d’artista. Il cinema di Mario Schifano.
Collana Artisticamente. Documenti, Lithos 2004
89 p., XV tav. ill. b/n e colori; 21 cm
ISBN 88-86584-90-3