Il 4 ottobre 2001 inaugura presso il MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, la mostra di Giuliana Cuneaz Officine pastello, a cura di Antonio Arevalo.

Tre i lavori presenti nelle sale del Museo Laboratorio: l’installazione Biodanza, composta da una rossa e gigantesca boule dell’acqua, dalla quale si può assistere ad un video inerente i corsi avanzati di quella disciplina; Discoteca, un gruppo di fotografie lambda scattate all’interno di alcuni locali notturni; la videoinstallazione Riti Sciamanici, una proiezione multipla e sincronica di immagini di alcune cerimonie sciamaniche.
In considerazione dell’importanza di questa presentazione, all’inaugurazione sarà presente la sciamana siberiana Ai-tchourek, protagonista della videoinstallazione Riti Sciamanici. Ai-tchourek darà vita ad una performance che è da considerare un momento di contatto – irripetibile – tra l’accadimento reale e la sua trasposizione artistica.
Giuliana Cunéaz è rappresentata in Italia dalla Galleria B&D di Milano (www.bnd.it) ed è attualmente presente nella rassegna Corpi & Corpi – tendenze e contaminazioni nella fotografia femminile, a cura di Roberto Roda, manifestazione promossa dal Comune di Ferrara, Assessorato alle Politiche e alle Istruzioni Culturali e dall’Osservatorio sulla Fotografia – Centro etnografico ferrarese.
In occasione di questa mostra e dell’evento ad essa correlato, il Museo Laboratorio intende pubblicare un volume della collana Documenti.

La mostra resterà aperta dal 4 al 31 ottobre 2001.

 
Giuliana Cunéaz
di Simonetta Lux

Che fuoco brucia?

Il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università di Roma “La Sapienza” è il primo luogo creato in una università a fare da ponte tra interno ed esterno, tra mondo attuale e mondo storico, tra razionalità presunta rigida della scienza ed immaginario dell’arte, presunto – erroneamente- spazio dell’irrazionalità.
I professori professano la libertà della ricerca e del sapere, gli artisti vi professano l’unità del soggetto e la identità di arte e vita.
Le scelte e i procedimenti, le opere e il loro sistema di sconfinamento interdisciplinare, il protocollo di comunicazione e di trasmissione allargata al fruitore di questa artista Giuliana Cuneaz sembra realizzare ad hoc il piano scientifico, formativo ed immaginativo che il Museo Laboratorio persegue dal 1985.
I filosofi della scienza e dell’arte e gli scienziati e storici stessi hanno al centro della attuale riflessione proprio la questione dell’intricato processo interrelazionale tra l’immaginario irrazionale e la razionalità scientifica , nella produzione delle ipotesi scientifiche e di ogni progetto o protocollo sia esso legato al mondo fisico sia esso rivolto al mondo dell’uomo, cioè al mondo della psiche e della emotività.
Gli artisti hanno da sempre esplorato, in primo luogo il proprio stato ed ascoltato le proprie emozioni e poi esteso tale esplorazione ed ascolto al mondo esterno e quindi al cosmo: solo da qui, noi crediamo, nasce la decisione dell’uomo (dell’artista) di allora, nelle epoche preistoriche , della “rappresentazione”, della pittura, un modo per imprimere nella materia segni o costruire con la materia segni ed anche immagini, fissando e comunicando stati del corpo, della psiche , dell’esperienza, insomma fissando il sapere nel suo farsi.
Ma è nel secolo appena trascorso, il 900, che si affaccia con definitiva attenzione nel mondo dell’arte costituendo l’ identità stessa dell’artista, la questione dell’unità di emozione e sapere nonché la consapevolezza della tremenda scissione del soggetto e la decisa proclamazione in vari modi e forme di uno stato ormai insopportabile non solo per l’individuo stesso, ma anche -diremmo oggi- per il mantenimento della coesività delle società e culture diverse, nonché per il fine di far trionfare nell’attuale sistema globale delle comunicazioni e dell’economia il lato positivo della comunicazione allargata e del sapere.
L’espressionismo “gridava” l’insofferenza di tali stati, il Surrealismo cercava la via della unità nuova del soggetto.
Più di uno di questi punti è sullo sfondo delle scelte e delle opere di Giuliana Cuneaz: quale è e può essere la tensione tra livello emotivo e livello intellettuale, tra mente e corpo? Come funziona il cervello, come il nostro, in grado di progettare (in automatico? In un condizionamento ancestrale? In un un condizionamento magari ideologico e religioso?) – di “organizzare, e gestire ” ogni minima cellula del nostro organismo?
D’altronde – come da statuto dell’arte – è come chiedersi che cos’è l’arte, cioè che cosa è la vita?
Come ci comunica tutto questo ?
Giustamente la Cuneaz sottolinea , nell’intervista di Antonella Crippa (qui, ultra), la unità nella sua opera dei processi di elaborazione dell’opera (studio, ricerca, anali9si, cattura delle immagini videocam) e, al di là dell’opera poi realizzata, il rapporto con i giovani e con il pubblico.
Non solo attraverso fotografie e videoinstallazioni sonore, non solo cioè attraverso un’opera finita, ma attraverso un processo di sperimentazione didattica ed educativa
Essi sono sottratti al passivo, vecchio ruolo fruitivo, vengono invece portati dentro., accompagnati, e talvolta anche fatti anche partecipare al processo ideativo.
Mente, Individuo, Coomunità , Persistenze storiche (lo sciamanesimo ad esempio) sono gli ambiti nodali nei quali l’esplorazione della Cuneaz si svolge.
Certo ci colpisce oggi, in questo momento, la attualità e la precognizione dell’arte nei confronti della vita, emotiva sociale politica che viviamo in tempo reale, e dove sembra che realtà e virtualità, spettacolo e storia si confonda e si rincorrano in una sorta di gioco perverso di “anticipazioni”.
I fatti di New York dell’11 settembre 2001 alle ore 9 , un terrorismo planetario senza rivendicazioni, con uomini che si sono fatti proiettile, incorporandosi a un mezzo meccanico e sofisticato( aerei, di linea, pieni di altri uomini), uomini che sono stati costruiti e condizionati per scegliere quello che noi chiameremmo sacrificio di sé, del proprio corpo/mente e psiche, che sotto questo condizionamento hanno deliberato di annullarsi (non potrebbe esserci infatti successo di una impresa terroristica senza un consenso profondamente introiettato ), ci fanno interrogare dunque sullo stato della loro corporea / emotiva mente.
Chi sono , che cosa provano, quanto fragile è – in generale- il processo di educazione/formazione ? quanto fragile è questa nostra corporea/emotiva mente? quanto grande la responsabilità della nostra professione formativa?
Quanto questa professione educativa/formativa deve essere laica!
Cosa sappiamo, da che punto comincia tale processo formativo, e quanti strati cerebro corticali abbiamo cui fare riferimento nella sottile efficace azione formativa , di cui qui siamo solo un livello avanzato?
Vogliamo sapere e discutere lo stato di quelle menti educate da folli lucidi, noi pensiamo: dedicheremo a questo sapere e alla necessità di questo sapere ulteriori spazi. Poiché questo è un problema dell’arte e della storia.

 
Congetture a più (u)mani 
di Antonio Arévalo

Vediamo uomini e donne; vecchi e bambini, santi e criminali, bianchi e gialli, oppressori e vittime, diavoli e sciamani che sembrano evocare l’eco catalizzatore, l’ideale delle cose:
la simbiosi dello spirito.
Immagini strappate all’ incontro con l’altro, con gli altri
Realtà individuale messa in gioco per diventare identità collettiva Si evoca il rispetto rituale
Si travolgono gli animi di questi vortici di tensione emotiva Sollecitazioni dall’ individuo a un’ altro individuo
Scambio di energia che tende ad una trasformazione dell’energia stessa
L’estasi: un trascurato bisogno umano che rende capaci di un salto mentale per introdurci in dimensioni differenti dell’esistenza, della creatività: una sensazione di connessione con tutto ciò che vive. Transitano stati emozionali sollecitando sensazioni e sentimenti; modulando consapevolmente gli assi della vita; così:
si fabbricano sogni
si saziano aspettative
si esorcizzano ansie
si intrecciano energie
Un trapasso – Un mutamento – Un transito – Uno stato di trance – Uno stato di confine – Una condizione di passaggio:
il fuoco che li brucia dentro alla gente
-l’artista?
” l’identità, intesa sia come realtà individuale, sia come realtà colletiva”, dice.
-Autore e contemplatore capace di costruire una propria architettura temporale che contamina arte & vita
-sguardo pubblico & collettivo-
-Sguardo che perfora la contingenza dell’avvenimento per piegarlo ad una partecipe riflessione.
-L’immagine che ci appare come una specie di scandalo logico
-quale percorso ? per Pitagora lo Zero è la forma perfetta :
scoprire l’armonia e l’equilibrio significa controllare la paura vincere i propri demoni
Guliana Cunèas ci presenta le sue immagini e proiezioni da video a modo di documentario, in grado di prelevare stati di alterazione che poi ci proietta in primi piani scarni quasi da sentirli appiccicati al viso
“Vedere le persone, le une e le altre. In primo luogo, coloro che sono sulla faccia della terra, in tutte le loro varietà di costumi e di attitudini: alcuni bianchi; alcuni neri; chi in pace, chi in guerra; gli uni in lacrime, gli altri allegri; alcuni prestanti, altri malati; alcuni che nascono, altri che muoiono” (Ignacio De Loyola)

Nella prima situazione ci presenta differenti stati emozionali effettuati durante alcuni laboratori di pratiche di New & Next Age e di Biodanza
Nella seconda una videoproiezione di immagini roteanti su tre pareti della sala, raffiguranti lo svolgersi di una danza sciamanica. Nella terza immagini fotografiche che illustrano situazioni di tipo emotivo e relazionale (discoteca).

Atti comportamentali /contemplazione puramente emozionale

tutto in lei vorrebbe parlare
le nostalgie
le finestre che non vogliono morire
le pietre che sanno farsi notare

La spirale che si avvita verso l’essenziale
Lo sconfinamento di un mondo sempre più omogeneo:
più che ad una rappresentazione ci troviamo davanti a uno stato d’animo
una lente sugli stati di alterazione
umana interpretazione della realtà
una pagina del mondo sempre in trasformazione
-L’Arte?:
Medium comunicativo ed estetico in grado di prelevare verità
Il terreno sul quale si giocano le complesse partite del sapere e del potere
Il terreno sul quale i confini tra reale, l’immaginario e il sogno si fanno sempre più labili
Un’arte che oltre ad essere rivolta alla percezione visiva è indirizzata anche agli altri sensi
Come regno della contemplazione di verità eterne e di emozioni sublimi

Come se, forzati i limiti dell’orizzonte, e attraversato il vuoto, lo sguardo non avesse altro scampo se non un ritorno all’evidenza inmediata:
il qui dove tutto ricomincia…

Antonio Arévalo
roma 5 giugno 2000

 
Officine Pastello
di Emilia Jacobacci

Il quattro ottobre si è inaugurata negli spazi del MLAC Officine pastello, la personale dell’artista aostana Giuliana Cunéaz.
Sorta di “officine dell’emozione” come lei stessa le ha definite, Officine pastello offre allo spettatore il risultato di una ricerca sui rapporti tra mente e corpo, realtà e illusione, cosciente e incosciente, iniziata dalla Cunéaz già con Il Silenzio delle fate nel 1990, lavoro sull’immaginario e sulle forme che tale immaginario assume in ambito sociale, nel mito, nella credenza, nella leggenda .
Da più di dieci anni dunque – passando attraverso In Corporea Mente (1993), Grey Zone (1994), Corpus in fabula (1996), Sub Rosa (1996), Il cervello nella vasca (2000) e numerose collettive in Italia e all’estero – la Cunéaz segue un unico filo conduttore: alla luce della contemporaneità e delle nuove tecnologie ripropone l’antica riflessione dell’arte sul rapporto tra materia e spirito, visibile e invisibile, che considera sotto tutti i suoi aspetti, da quello psicologico, a quello emotivo, onirico, immaginativo, incosciente, trascendente o spirituale.
In Officine pastello si articola questa riflessione intorno a tre lavori, dalla discoteca, alla biodanza, al rito sciamanico: tre momenti nell’ambito di dinamiche di gruppo differenti, capaci tuttavia di suscitare analoghi stati percettivo/emozionali di alterazioni di coscienza.
Nella video-installazione Biodanza un’enorme, ironica, boule d’acqua – riferimento all’intimità e alla tenerezza del calore dell’acqua sul corpo come metafora di un più ampio bisogno di affetto e di calore umano – è associata alle immagini di primi e primissimi piani fortemente espressivi, in cui gli stessi stati emotivi sono ricreati e vissuti artificialmente attraverso pratiche indotte durante alcuni laboratori di biodanza new e next-age.
Nelle immagini fotografiche di Discoteca, l’idea di uno stato percettivo alterato, non convenzionale, è resa attraverso le dissolvenze, la sovrapposizione, l’uso di colori artificiali e complementari su fondo nero.
In Riti Sciamanici, una video-proiezione simultanea, è l’osservatore stesso, al centro delle sequenze roteanti e avvolgenti di un rito sciamanico, ad essere coinvolto dal ritmo, dal suono dei tamburi e dal canto ed esposto a perdere le normali coordinate dello spazio e del tempo. Con quest’installazione la Cunéaz spinge la sua indagine tra cosciente e incosciente, individuo e collettività, tornando alle origini del rito sociale e religioso: lo sciamanesimo, l’antica arte di trascendere la propria coscienza per poter vedere mondi invisibili nascosti dietro la realtà ordinaria e per avventurarsi in essi, le offre da questo punto di vista una feconda terra di confine.
La perdita di coscienza ottenuta attraverso la reiterazione di meccanismi sensoriali precisi, è l’indagine centrale di tutti questi lavori: uno stato alterato che permette di annullare le categorie kantiane per accedere ad una dimensione sinestetica altra.
L’opera della Cunéaz, indaga così percorsi incoscienti ed universi dell’ignoto, ma facendolo nel mondo attuale, segnato dal dominio della tecnica, affronta implicitamente un altro problema: l’inevitabile dissidio tra anima e corpo cela l’irrisolvibile dualismo antropologico tra psiche e tecnica come agire produttivo strutturato oggi nella forma di apparato scientifico-tecnologico, tra dimensione spirituale ed ipertecnologia artificiale.
L’indagine sull’inconscio, l’estasi mistica, la perdita della personalità, l’alterazione percettiva non è condotta in queste opere fuori dalla prospettiva tecnologica, non propone il ritorno al mitico uomo di natura vagheggiato da Rousseau – e della tecnologia del resto la Cunéaz si serve per realizzare le sue installazioni che frazionano e velocizzano il tempo nel dinamismo e nella simultaneità – ma rivela come il contrasto tra tecnologia e spiritualità, tra razionale e trascendentale, sia un’opposizione solo apparente poiché entrambe mirano a superare i limiti delle potenzialità umana racchiusa nell”hic et nunc, estendendo le possibilità sensoriali al di là di ogni ragionevole prevedibilità.
Così, nell’eco dell’identità di Mc Luhan tra medium e messaggio, si apre un’analogia gravida di senso, tra forme della percezione psichica, e forme della percezione tecnologica. Percezione in entrambi i casi alterata e alterabile nella grandezza, colore, luminosità, messa a fuoco, distanza, contrasto, movimento, velocità e forma.
A ben guardare infatti gli stati sensoriali alterati del rito della sciamana siberiana Ai-tchourek (protagonista della videoinstallazione Riti Sciamanici e presente all’inaugurazione della mostra) consistono nell’annullamento dello spazio-tempo e nell’amplificazione delle ordinarie possibilità percettive, annullamento ed amplificazione non lontani da quelle offerte dalle tecnologie informatiche e dalla simulazione virtuale.
Il ponte gettato tra spiritualità mistica e contemporaneità scientifica cade quindi interno alla sfera dell’arte: se l’opera d’arte è il prodotto e insieme la prospettiva del nostro orizzonte di senso, la Cunéaz, nella sua veste di “tramite”, di “interprete” capace di offrire “(…) uno sguardo perforatore tale da aprire la via a nuovi punti di vista”, unisce nell’opera superstizione e scienza, spiritualità e razionalità e immette lo spettatore in uno spazio-tempo spirituale e tecnologico sintetico e sinestestico, preconizzando forse un io ipertecnologico e metafisico capace di espandersi oltre lo spazio-tempo indagando l’irrisolto che da sempre è terreno dell’arte: la domanda senza risposta sull’ignoto e l’inconoscibile, sulla realtà dietro l’apparenza, sul noumeno oltre il fenomeno.

1. La sciamana prepara il rito

2-7. Azione Sciamanica presso il MLAC

8-13. Giuliana Cunéaz, Officine Pastello, installazione MLAC, Università di Roma “La Sapienza”, 2001.