Il 21 giugno 2001 inaugura presso il MLAC la mostra Utilità di sistema, a cura di Domenico Scudero. La mostra, realizzata in occasione della presentazione del catalogo Change 1999/2000, che raccoglie la documentazione di due anni di attività di questo spazio indipendente, propone il lavoro di sei artiste provenienti da differenti paesi. Si tratta di artiste che hanno collaborato negli anni precedenti alla realizzazione di mostre ed eventi curati dallo studio Change di Roma. Il percorso della mostra si snoda attraverso le pratiche più attuali dell’ installazione e dell’azione propositiva. Il titolo, sottratto ad un generico funzionalismo della cultura telematica, sottolinea lo stretto rapporto esistente fra la forma d’azione artistica e la società contemporanea. Le labbra, nella video installazione di Regina Hübner dal titolo Risposte avvolgono il visitatore nel loro silenzio e nell’incomprensibilità testuale senza tuttavia dare alcuna risposta. La mostra infatti non offre risposte alla richiesta di una possibile funzione utilitaria dell’arte anche sottolineando la volontà di farlo: tuttavia le sollecitazioni visive indirizzano il possibile fruitore alla comprensione di un’arte che abbia un suo pratico ruolo nell’ambito del significare e della comunicazione. La scritta che si snoda come un ricamo cartaceo, realizzata da Kate Davis, ci parla infatti di una volontà alla comunicazione di cui peraltro non conosciamo i significati; esistono dei segni che probabilmente rimarranno inestricabili alla lettura. Queste lettere rimangono estranee al comunicare, come espressione artificiosa, ma percepiamo che nella loro forma si manifesta una comunicazione che identifica con maggior rigore l’essenza del messaggio. L’utilità di quest’arte nei confronti del sistema, evidente anche nel lavoro di Nathalie Grenzhaeuser, è che spesso confondiamo la capacità di descrivere l’oggetto con la sua artificiosità; Liberty, la diaproiezione che qui ci propone l’artista, traslittera e sincronizza il termine di una condizione ideale cui la cultura aspira, ovvero il concetto di libertà, nella terminologia artificiosa della storia dell’arte e del design. La Libertà qui riportata si trasforma così in una panoramica estetica su cui domina un senso di morte, di fallimento. Abbiamo bisogno di creare nuovi significati, contesti; in Anne Willieme, questa esigenza si concretizza nell’operare tangibili raccordi fra il sogno e la realtà. Se la nostra realtà opprimente, si identifica nell’ipotesi continuativa dell’epoca “critica”, in cui non si ravvede né origine né fine, allora l’opera d’arte può inscenare e rendere oggettiva l’aspirazione comunicativa; ma rimane muta e oscura, poiché appunto racconta di una crisi e di un fallimento del “sistema”. Le pagine di un libro gigantesco, esposte dalla statunitense Anne Willlieme, le pagine di un libro di cui vediamo soltanto alcuni frammenti, raccontano di una possibile soluzione dell’epoca della “crisi”, ovvero il raccordo fra le più recondite aspirazioni del sogno e della realtà. Che la cultura dei nostri giorni attraversi l’ìdentità dell’essere, che non sia soltanto una identità individuale ma collettiva, è anche il messaggio dell’angoscioso ambiente video di Mathilde ter Heijne. Qui la cultura della crisi investe le relazioni fra individui e l’avvilente facoltà di giudizio di una cultura fondata sull’immagine tale da non poter individuare contenuti alti nell’ipotesi estetica dell’arte. Qui “arte” è per elezione stessa l’artista, e la sua finzione biografica, in quanto arte, racconta il dramma di una condizione irrisolvibile, appunto in quanto minoranza, declinazione parossistica dell’estetica, cui si contrappone il “suicidio” dell’etica, quell’altro da “sé” che precipita silenziosamente nelle acque di un grande fiume. Non diversamente l’attività di Christiana Protto, artista e curatrice, ci consente di soffermarci sulle possibili alternative ad una soluzione di consenso definitivo nei confronti del potere e delle strutture sociali organizzate perentoriamente come funzioni di controllo. La sua recitazione compressa ed ossessiva, fondata sulla ricerca di una solida “verità” che possa incontrare nel discorso della narrazione la “storia” manifestano lo sgomento del singolo individuo quando aggirato dai vortici e dalle volute della cronaca, del tempo. La sua azione “promozionale” per una cultura che trascenda le richieste di nazionalità e di individualismo esasperato concludono allusivamente l’ambito specifico di questa “utilità di sistema”; che è in realtà la conferma di quanto l’arte possa rivelarsi ancora il territorio privilegiato per scardinare il “luogo comune” e le vacue aspirazioni dell’individuo contemporaneo.

Deframmentazione

Unitamente alla mostra Utilità di Sistema, in occasione della Lettura Attiva n.6 sono stati realizzati altri incontri. Un dibattito, cui hanno partecipato gli artisti presenti, ed un evento correlato dal titolo Deframmentazione. Deframmentazione si propone di identificare quell’esigenza da molte parti manifestata di interpretare l’opera d’arte del singolo individuo con il concetto di frammento. L’estetica contemporanea è di fatto un’estetica del frammento, della disarticolazione, della molteplicità. Nel corso di questo evento sono programmati tre lavori video. Il primo, opera di Josef Dabernig e Markus Scherer, è un racconto sulle dinamiche comunicative, ambientato in un percorso tortuoso, in cui la video camera accompagna una squadra di tecnici al lavoro per sistemare una cabina telefonica sperduta in una remota località alpina. Un racconto privo di parole ma denso di senso. Il secondo lavoro è Radiceditre realizzato da Roberto Annecchini, Domenico Scudero e Alberto Zanazzo e si precisa come azione collettiva in cui vengono smascherati e denigrati con una visione sarcastica le follie comuni di questi anni incredibilmente fondati sul vuoto e sull’ipocrisia. Un lavoro che vuole essere di raccordo e fortemente politicizzato ma anche sornione ed ironico. Il terzo lavoro presentato è Anticipo per un abbraccio sano di Luca Patella, il quale ha deframmentato suoi diversi filmati, sottraendoli all’oblio, per costruire una nuova versione inedita. In questa occasione il lavoro si precisa come anticipo di un più complesso filmato che vedrà la luce nei mesi successivi. Deframmentazione prevede infine due interventi critici; il primo sull’identità concettuale dell’arte e della deframmentazione del suo insieme, grazie al contributo di Carla Subrizi; il secondo intervento critico si deve a Silvia Bordini che darà una lettura complessiva delle tematiche affrontate nei differenti lavori proposti.


Dall’alto:
Anne Willieme, installazione per Utilità di Sistema, 2001

Nathalie Grenzhaeuser, Liberty, 2001

Mathilde ter Heijne, Mathilde Mathilde, 2000.

Mathilde ter Heijne, Mathilde Mathilde, video proiezione 2000

Catalogo Change 1999/2000. Installazione di Roberto Annecchini e Domenico Scudero

Regina Hübner, Risposte, 2001

Kate Davis, Pasquinate, 2001

Mathilde ter Heijne, Mathilde Mathilde, 2000

Pubblico durante Opel Omega, conferenza/azione di Christiana Protto.