Il 14 maggio 2002 presso il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università di Roma “La Sapienza”, alle ore 18,30 si inaugura la mostra di Luca Turco dal titolo interior.active.performart, a cura di Agnese Malatesti. La mostra si aprirà con un’evento performance a sorpresa di tipo multimediale interattivo e si rende visibile attraverso la programmazione di nuovi format audiovisivi che utilizzano la tecnologia e il virtuale per generare una fruizione emotiva nel pubblico presente. Verranno presentati vari progetti: video.trip, immagini digitali di eventi reali “vissuti” attraverso una regia estemporanea; flash.movie, animazioni di immagini, parole e musica realizzate con il programma Macromedia Flash 5.0 che vengono tele.trasmesse direttamente da un pc; virtualive.game, siti web di trasmissione progettati per coinvolgere il fruitore in un gioco di ruolo reale/virtuale finalizzato all’interazione tra gli individui. Tutto ciò rientra nel più vasto progetto nomad.tv advertising.heart.network secondo il quale l’arte è, per l’appunto, “nomade” e si muove attraverso i diversi mezzi di comunicazione (video.web.script.performance) per trasmettere in maniera trasversale le sue opere, creando così un network virtuale, opera d’arte in se, viva e mutevole. Il lavoro di Luca Turco indaga l’era contemporanea dominata dall’incomunicabilità generata dai mezzi di comunicazione sempre più tecnologici che vengono utilizzati dall’uomo quasi esclusivamente per veicolare informazioni pubblicitarie a scopo commerciale. L’azione artistica, in questo caso è quella di confrontarsi con le strategie di marketing facendo dell’opera d’arte un mezzo di comunicazione pubblicitario e utilizzando le stesse tecnologie e gli stessi linguaggi strategici del sistema produttivo del post industrialismo avanzato. La tecnologia viene così costretta ad essere funzionale ai mezzi di comunicazione che vengono utilizzati dall’artista come canali autonomi e immediati che hanno il compito di “trasmettere” pubblicità sotto forma di arte e arte sotto forma di pubblicità.

Partecipano alla community di nomadtv: Desset, Manuel Musilli, Francesco Pandolfi, Juri Eugeni, Manuela Attardi, Krista Grambow, Davide Colica, Matteo Mazzocchi, Raoul Barsanti, Domenico Schiano, Cecilia De Paolis, Alessandra Fiori, Sava Bisazza, Marco Piroli, Diego Labonia, Jane Alexander, Tania Oggero.
La mostra, curata da Agnese Malatesti, è proposta nell’ambito del Dottorato di Ricerca “Arte di Confine” e dei relativi corsi sperimentali di Stage/Master in Cura Critica ed Installazione Museale, voluti dal direttore del Museo Simonetta Lux, e realizzati del curatore del MLAC Domenico Scudero.

 

La mostra resterà aperta dal 14 al 30 maggio 2002.

 

Le cyber-fatiche di Luca Turco
testo di Maria Egizia Fiaschetti

 

La nuance che domina le mie emozioni, prima di esperire l’evento multimediale – interattivo ideato dal romano Luca Turco per la sala inferiore del MLAC (Università “La Sapienza” di Roma, dal 14 al 30 Maggio 2002), ha i toni caldi e speranzosi dell’attesa, miscelati a quelli squillanti della curiosità e cupi dell’incertezza. Un crogiolo di tinte, suoni, luci, tessuti in una fitta trama di sensazioni, che forniscono in anteprima un assaggio dell’opera, sconfinante al di qua dei sui margini spaziali: una stanza chiusa e oscurata, resa impermeabile all’esterno. Sulla soglia, simile a un sipario, è possibile cedere all’immaginazione, tempestati dal groviglio di voci, rumori, flash improvvisi, che alimentano l’impazienza di azzerare la distanza tra sé e lo spettacolo. La percezione di nuotare in un fluido, di essere sospesi in un limbo, enfatizza la valenza simbolica della porta, oltre la quale balena lo spiraglio di una rinascita. Questa la sfida lanciata al fruitore: per accedere all’opera, deve abbandonare le pseudo – certezze del suo qui – ora e affrontare l’ignoto. Ebbene, varcato il labile confine tra il reale e il virtuale, egli è posto, subito, di fronte a una scelta radicale: lo schermo di un computer proietta sulla parete un interrogativo inquietante, che si presenta come un aut – aut. La domanda è: “…Sei disposto a morire per amore”? L’impatto è tale, che la ragione finisce per arenarsi nel dubbio amletico! Dalla risposta dipende la possibilità di continuare il gioco e affrontare la prova successiva: soltanto l’opzione affermativa consente, infatti, di conquistare un ulteriore traguardo. Il format comunicativo scelto da Luca Turco utilizza un linguaggio familiare al pubblico giovanile, abile a misurarsi con videogiochi sempre più complessi, in cui la morte, per quanto simulata, è uno degli esiti possibili. La padronanza del codice tecnologico è indispensabile alla fruizione stessa dell’opera. Al contempo, l’artista rifiuta drasticamente l’omologazione del naturale all’artificiale, a causa della quale l’essere umano rischia di trasformarsi in un veicolo passivo d’informazioni tecnologiche. Egli ritiene, piuttosto, che l’interfaccia informatica possa ridestare nell’individuo la sua, sopita, facoltà di autodeterminazione; che possa sostenerlo, con la saggezza di un oracolo, nel suo percorso iniziatico! Tuttavia, l’attestazione della propria volontà, in antitesi all’irrefrenabile avanzamento tecnologico, si accompagna alla consapevolezza di non poter gestire, completamente, la propria vita. Il cyber eroe dei tempi moderni si distingue, dunque, per una particolare forma di virtù: egli riconosce, infatti, l’esistenza di un ordine trascendente, al quale decide di affidarsi. Questo “atto di fede” consente di conquistare la seconda tappa del viaggio. Si tratta di un videotrip, che registra immagini digitali di eventi realmente vissuti. L’incipit ha uno stile da videoclip e si sviluppa come una fiction, ambientata nel piazzale antistante la Stazione Tiburtina di Roma. Nell’atmosfera notturna, umida e bituminosa, di un Martedì Grasso, una giovane coppia, di ritorno da una festa, s’imbatte in due personaggi dall’aspetto inquietante (un pittore dandy e una donna di strada). L’incontro suscita negli adolescenti uno stato di paranoia, provocato dalla loro indisponibilità ad accettare il diverso. Il finale vede l’intera situazione capovolgersi radicalmente: durante la corsa in metropolitana, la coppia intuisce che l’altro, dapprima rifiutato, rappresenta, invece, una via d’uscita dalla paranoia quotidiana. Da questa premessa trae spunto la migrazione attraverso popoli e culture: dal carnevale brasiliano, al tango argentino, ai sorrisi dei bambini africani, che forniscono una sorta d’immagine “globale”, di sguardo sul mondo a 360°. Non a caso, il video s’intitola “Rom”, sinonimo di nomadismo, ma anche di viaggio e ricerca incessante di sé; al tempo stesso, il termine allude alla città di Roma, stazione di partenza di un viaggio reale – virtuale. A tale proposito, l’artista intende mostrare come, restando nel proprio luogo di appartenenza, sia comunque possibile viaggiare, non soltanto con l’immaginazione, ma, soprattutto, aprendosi al dialogo con lo “straniero” che è, insieme, l’altro da sé, nonché il portavoce di una cultura differente. Il terzo appuntamento si svolge all’aperto, sulla terrazza del Museo Laboratorio e sigla, in un certo senso, la chiusura del cerchio: l’esordio, fortemente connotato dalla tecnologia digitale e informatica, trova la sua catarsi nell’atmosfera, umana e naturale, della festa collettiva. Il pubblico assiste, inaspettatamente, alla performance di una danzatrice zingara: al linguaggio artificiale della cibernetica si sostituisce quello, universale, del corpo, capace di avvicinare gli individui e risvegliare, in essi, la memoria collettiva di gesti antichi e riti ancestrali.