Il 6 febbraio 2003, alle ore 18:30, il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università “La Sapienza” di Roma presenta una personale di Adalberto Mecarelli, artista impegnato nell’indagine dei rapporti che intercorrono tra la scultura e lo specifico spaziale da essa determinato, fra luce ed ambiente. Formatosi in Italia negli anni Sessanta nell’area artistica romana, Adalberto Mecarelli si è stabilito a Parigi sin dal 1968, dove vive e lavora.

Nella sua ricerca, lo spazio riveste la funzione di un campo reattivo ai diversi accadimenti che lo attraversano e ne determinano la fisionomia. La chiara visibilità dei rapporti fra luci e proiezioni visive, fra ombre e volumi sarà il tema predominante dell’installazione, realizzata all’interno delle due sale espositive del Museo Laboratorio. La luce, indagata nelle sue proprietà fisiche e materiche, svela l’inedita possibilità di oscurare ed annerire progressivamente quelle sostanze sensibili alla sua azione erosiva come, ad esempio, la lastra fotografica. L’ombra, al contrario, emerge dall’indistinto e si chiarisce alla luce del fenomeno. Mecarelli sottolinea come la luce possa, non soltanto manifestare il visibile, ma anche offuscarlo; dietro l’abbacinante scintillio del reale si celano, infatti, universi ancora inesplorati. Come scrive Alberto Olivetti. “La meditazione sui fondamenti della scultura e la coerente messa a punto di opere che stanno tra loro nella medesima stringente connessione che lega i termini di una definizione, fanno il carattere teoretico che distingue il lavoro di Mecarelli e il suo rigore”.

La mostra è realizzata nella programmazione del Museo, in coordinamento con i Nuovi Corsi di Storia dell’Arte Contemporanea e di Curatore d’Eventi Culturali, nell’ambito del Dottorato di Ricerca “Arte di Confine”, e dei relativi corsi sperimentali di Stage/Master in Cura Critica ed Installazione Museale, voluti dal direttore del Museo Simonetta Lux e realizzati del curatore del MLAC Domenico Scudero.

La mostra è realizzata in collaborazione con la Scuola di Belle Arti di Rennes, France e con l’Ambasciata di Francia in Italia.

Inaugurazione 6 febbraio 2003, ore 18,30.
La mostra resterà aperta dal 6 al 27 febbraio 2003. Dalle 10 alle 20.

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“Ambasciata di Francia in Italia”
“AFAA” (Association Française d’Action Artistique )

ERBAR (Ecole Regionale des Beaux Arts de Rennes)

 

Il Sensibile in Adalberto Mecarelli
Pietro D’Oriano

“Qu’est-ce que c’est cette peinture dont le modèle n’existe nulle part ?” La frase di Pascal si rivolge all’artista ed è una frase da artista, che l’artista può far sua e pronunciare come propria. Essa, dunque, si rivolge a un’entità specifica o speciale.
Essa mette al suo centro la vicenda, che Kant sopratutto svilupperà, del genio. L’artista non può imitare : non ha un modello di riferimento e di copia. L’artista non ha nulla a che fare con il dato-con la datità o predatità che contradistingue qualsiasi tipo di preesistenza-fosse pure l’idealità (un modello, appunto).

Pascal, così dicendo, lega non meno di Platone l’arte alla dimensione della mimesi. Lo fa differentemente: egli sostiene che l’artista non imita-ma allora lo situa, solo in maniera negativa, nell’unica dimensione della mimesi. Il cui modo di essere è evidentemente quello della datità o predatità.

Noi conosciamo un solo tipo di conscenza che sia intergralmente anti-dativo. È quello della matematica: ‘matematica’ significa ciò-che-è-sempre-già-conosciuto. Il matematico è il genio, diremmo, o la facoltà o il potere di star-dentro il pre-sapere : un pre-sapere che non si pone neppure il problema dell’essere dei propri oggetti. Il conoscere non è per forza un essere o legabile a un essere : tanto meno all’essere dato o predato.

L’esser dato è invece l’essere della mimesi, in positivo o in negativo che sia poco importa. L’aporia di un artista come Mecarelli sta dunque nel porsi da matematico – si direbbe : dato il suo fondarsi decisivamente, come chiunque sa delle sue opere precedenti, su quantità o su figure comunque quantificabili (la matematica di quantità si occupa: su esse versa il proprio conoscere: ma sono queste quantità frammenti di essere ? pur viene da chiederselo… del tutto en passant) – quando invece, da artista, dovrebbe avere a che fare con forme di essere, ed anzi con la più vieta di tutte: la preesistenza, la datità.

Mimetico pur nel genio (ché legato al destino della mimesi: l’essere come datità), l’artista che voglia soltanto sapere penderà, fatalmente, sul lato del matematico, che presapendo, non finisce di sapere soltanto. La genialità che resta in proprio a un tale artista – appunto, un artista come Mecarelli – coinciderà e farà tutt’uno allora con la sensibilità : con la ‘veste’ di cose che se devono esser di tipo matematico, si sono spogliate del loro contenuto : dell’essere (dicevamo che il matematico non sa che farsi dell’essere, per es. dei ‘contenuti’).
Questa è la fascinazione dell’ultima opera, qui presentata, di Mecarelli: pure vicende sensibili, ma matemizzate. Di qui il loro carattere inequivocabilmente inquietante.

Roma, 5 febbraio 2003

 

Adalberto Mecarelli
Domenico Scudero

Basilare, distante e geometrico è il netto tracciato del percorso produttivo di Adalberto Mecarelli. Vicino senz’altro alle ricerche neoplastiche del costruttivismo geometrico e razionale, il suo lavoro ha tuttavia una dimensione lucidamente distaccata dalle tensioni retroattive del formalismo geometrico e dalla sua filiazione plastica minimale. La sostanza del lavoro di Mecarelli è per sua naturale matrice visivamente “scultoreo” sebbene di questa identità l’artista abbia privilegiato la leggerezza percettiva. Le sue “steli” di luci sono emblematiche di quanta consapevolezza tecnica vi sia inserita. In 2001: odissea nello spazio (1968), Stanley Kubrick riassume in una sintesi mirabile tutto il percorso evolutivo dell’uomo sino alla soglia della sua cattività nel mondo “nuovo” delle macchine. Il passaggio dal mondo da primate a quello dell’uomo futuribile avviene attraverso la metafora di una stele “minimal”, quasi un miracolo primordiale concretizzatosi improvvisamente al cospetto di quei nostri parenti ancestrali: allo stesso modo mi sembra concepito il lavoro in forma concreta di Adalberto Mecarelli in cui la luce riassume il divino concettualizzato e la sua funzione materiale è divinatoria, trascendente la storia cronologica. La sovrastrutturazione concettuale non offre soltanto il preciso legame transitorio fra passato e presente; essa si ripropone al presente sotto forma di tecnologia “pulita” che scava lentamente la forma e ne descrive un suo colore. La galleria viene allora inglobata nel contesto dell’oggettualità dell’arte, non più supporto neutro; la superficie fotografica si fa pellicola della camera oscura/galleria, dove un quadro viene de-lineato della proiezione naturale della luce. La luce rappresenta se stessa, nella sua apparenza opposta al vuoto del nulla, richiamo di appartenenza e di esistenza in vita. La luce corrode una forma lasciandone la sua traccia nel contorno netto del progetto; un’arte che ha quindi una sua ragione, un suo calcolo e probabilmente anche un suo esistere in quei paradigmi di una ricerca maturata a ridosso di Pop e Op art alla fine degli anni Sessanta e si è poi realizzata attraverso una processualità di matrice concettuale.


Adalberto Mecarelli
Installazione nelle sale espositive del MLAC, febbraio 2003.